2024-09-19
I costruttori di auto in allarme: a rischio 8 stabilimenti in Europa
Senza un rinvio sulle restrizioni green le case dovrebbero tagliare la produzione. Ora che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen ha definito la sua squadra con nomine e deleghe, c’è attesa per le prossime mosse relative all’agenda della transizione ecologica. La cautela sul tema della crisi dell’automotive e sulle responsabilità delle scadenze ravvicinate del Green Deal che l’ha contraddistinta in questi giorni, probabilmente condizionata dal tatticismo di non voler urtare i Verdi e il gruppo socialista, nonostante le notizie allarmanti provenienti dal quartier generale della Volkswagen, ora dovrebbero venire meno. Almeno è quanto si attendono le case automobilistiche e gli operatori del settore. Insomma Bruxelles, se ci sei batti un colpo. Ieri è stata diramata una nota del ministro del Commercio cinese, Wang Wentao, a seguito del colloquio avuto con il vice cancelliere e ministro dell’Economia tedesco, Robert Habeck, nel quale ha messo in guardia Berlino dalle ricadute, a seguito dei dazi dell’Unione europea sulle auto elettriche cinesi, nella cooperazione commerciale e d’investimento tra la Cina e la Germania. «Interferiranno seriamente» nei rapporti tra i due Paesi, ha detto il rappresentante del governo di Pechino che prossimamente sarà anche in Italia e a Bruxelles e ha auspicato una soluzione nel rispetto delle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc), per evitare un’escalation delle frizioni economiche Cina-Ue. La Commissione europea è sul punto di proporre dazi definitivi fino al 35,3% sui veicoli elettrici fabbricati nel Paese asiatico, in aggiunta all’imposta doganale standard del 10% sulle importazioni di auto. La von der Leyen ha sul tavolo la richiesta dell’Acea, l’associazione dei costruttori europei di auto, di spostare al 2027 le norme sul taglio delle emissioni di Co2 previste per il prossimo anno. Senza una deroga di Bruxelles, la quota di mercato delle auto elettriche nella Ue dovrebbe aumentare nei prossimi mesi al 20-22% del totale di veicoli venduti. Un obiettivo utopistico dal momento che attualmente è al di sotto del 15%. L’associazione ha messo nero su bianco i rischi che corre il settore. Di questo documento, mantenuto più o meno riservato, stanno emergendo altri dettagli. Si legge che per essere conformi al regolamento, qualora la quota di mercato rimanesse anche nel 2025 a meno del 15%, le case automobilistiche dovrebbero fermare la produzione e la vendita di oltre 2 milioni di autovetture endotermiche e più di 700.000 furgoni (in modo che i veicoli elettrici rappresentino il 20-22% della quota di mercato). E ciò equivale a fermare più di 8 fabbriche dell’UE. Quindi la possibile chiusura di 2-3 stabilimenti annunciata dalla Volkswagen sarebbe solo l’antipasto di quello che potrebbe succedere di qui a breve. L’alternativa allo stop delle produzione sarebbero le sanzioni. Multe salate che potrebbero raggiungere i 13 miliardi di euro per le autovetture e i 3 miliardi di euro per i furgoni. Oppure, altra alternativa, è abbassare drasticamente i prezzi dell’elettrico. Praticamente svendere, azzerando i margini. Per rientrare nelle percentuali folli indicate dall’agenda green, le case dovrebbero impoverirsi. «La Commissione ha dimostrato chiaramente l’assenza di redditività dell’industria europea dei veicoli elettrici. Ciò avrebbe anche un effetto disastroso sui valori residui dei veicoli a spina, mettendo a repentaglio l’intero valore di mercato». Acea sottolinea anche che gli obiettivi sulle emissioni di Co2 per il 2025 «sono stati fissati nel 2019, sulla base dei dati del 2016 e di ipotesi ottimistiche riguardanti lo sviluppo del mercato dei veicoli a batteria. Ma il mercato non è quello che ci si aspettava e i produttori non possono essere gli unici sottoposti a sanzioni». Per il momento, però, la Commissione non sembra intenzionata ad accogliere le richieste dell’Acea. Il portavoce dell’esecutivo Ue, Tim McPhie, ha dichiarato che «il target per il 2025 richiede e consente ai produttori di sviluppare una strategia di conformità completa». Con queste premesse, i cinesi giocano facile.
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Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)