2025-03-03
Cresce la tensione tra Gerusalemme e Damasco
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Un carro armato israeliano entra nella zona cuscinetto tra Israele e Siria, vicino a Quneitra, nelle alture del Golan (Ansa)
Israele continua a non fidarsi del regime di Mohammed al Jolani. Secondo Reuters, lo Stato ebraico sta chiedendo agli Usa di mantenere la Siria «debole e decentralizzata» e di consentire alla Russia di mantenere le proprie basi militari nel Paese. Una mossa con cui Gerusalemme punta a contrastare la crescente influenza di Ankara nell'area. È sempre in questo quadro che, appena sabato scorso, Benjamin Netanyahu ha incaricato l’Idf di difendere la popolazione drusa nella città siriana di Jaramana. Secondo quanto riferito dal ministero della Difesa israeliano, l’area sarebbe infatti «sotto attacco da parte delle forze del regime siriano». «Non permetteremo al regime islamico estremista in Siria di colpire i drusi. Se il regime colpisce i drusi, verrà colpito da noi», ha aggiunto il ministero. Non è un mistero che l’offensiva di Jolani contro Bashar al Assad sia stata in gran parte spalleggiata dalla Turchia. Ragion per cui, il crollo del regime baathista ha rappresentato una vittoria geopolitica significativa per Recep Tayyip Erdogan. D’altronde, che Israele non si fidasse di Jolani era diventato chiaro molto presto. Lo Stato ebraico aveva infatti bombardato i depositi di armi appartenuti ad Assad, onde evitare che finissero nelle mani del nuovo regime siriano. Tutto questo, senza trascurare che Jolani è collegato a quella Fratellanza musulmana di cui la Turchia è una storica finanziatrice. Quella Fratellanza musulmana che, per intenderci, è temuta tanto da Israele quanto dal Partito repubblicano statunitense. Un elemento, questo, assai significativo. Lo stesso Donald Trump non vede infatti troppo di buon occhio il rafforzamento di Erdogan in Siria. Un fattore che spinge l'inquilino della Casa Bianca a convergere tanto con gli israeliani quanto con i sauditi. E che gli offre una potenziale leva negoziale anche con i russi. Mosca ha necessità di recuperare influenza sulla Siria. Trump potrebbe garantirle una sponda in tal senso, chiedendo in cambio delle concessioni sul dossier ucraino. Tutto questo, senza dimenticare il rilancio degli Accordi di Abramo: una questione che il presidente americano sta cercando di legare a doppio filo alla risoluzione della crisi di Gaza. Ricordiamo che, nel 2020, la Turchia criticò quelle intese. Ebbene, l’idea odierna di Trump sarebbe quella di spostare la Striscia sotto l’influenza saudita dopo una fase di controllo americano: Riad otterrebbe così un accesso diretto al mare e, al contempo, la sua presenza rassicurerebbe gli israeliani. E’ chiaro che Riad sta cercando di convincere anche Mosca da questo punto di vista. Ecco perché i sauditi hanno ospitato il primo cruciale colloquio russo-americano un paio di settimane fa nella loro capitale.