2025-05-31
Sui Cpr in Albania la Cassazione smentisce sé stessa
Siamo alla farsa: tre settimane dopo aver dato l’ok, gli ermellini si fanno venire nuovi dubbi e rimandano tutto alle toghe europee.Il protocollo Italia-Albania, definito in Parlamento, siglato tra governi democraticamente eletti e convertito in legge, rischia un nuovo stop per l’ennesima giravolta della Corte di Cassazione. Dopo aver promosso il piano del governo solo poche settimane fa, ora gli ermellini si smentiscono da soli e lo impacchettano per spedirlo alla Corte di giustizia europea. Il decreto Albania, trasformato nella legge 14/2024, prevede che chi entra illegalmente in Italia possa essere trasferito nel centro di Gjader, un’area controllata dal personale italiano, sotto giurisdizione italiana e con le stesse garanzie previste nei Centri per il rimpatrio nazionali. La Cassazione aveva già stabilito (con la sentenza 17150 dell’8 maggio) che questa equiparazione è giuridicamente fondata. E invece no. A distanza di 20 giorni la stessa Corte si contraddice e affida due casi alla Corte di giustizia europea. Due rinvii identici. Con due domande dal sapore retorico. È davvero compatibile con il diritto europeo una norma che consente il trattenimento dei migranti senza una prospettiva concreta e definita di rimpatrio (per la Cassazione potrebbe violare la direttiva Ue 2008/115.)? Chi presenta domanda d’asilo ha diritto a restare sul territorio dello Stato fino alla decisione? Questioni che la Cassazione aveva già affrontato e chiuso. Ma che, come in una sceneggiata, si riaprono. Il Viminale aveva fatto ricorso contro due sentenze della Corte d’appello di Roma, che aveva annullato i trasferiti nel centro di Gjader, in Albania: quello di un migrante in situazione di irregolarità amministrativa e quello di un richiedente asilo che ha fatto domanda di protezione internazionale una volta arrivato nel centro. Per il primo caso il dubbio è che il trasferimento dall’Italia all’Albania contrasti con la direttiva rimpatri. Per il secondo un analogo sospetto riguarda la direttiva accoglienza. E, secondo i giudici d’appello (che hanno criticato la sentenza 17150 della Cassazione definendola «unica e isolata»), la detenzione, a quel punto, non reggeva più, anche per l’incompatibilità con la direttiva Ue sull’accoglienza, che ai richiedenti riconosce il diritto di restare nel territorio dello Stato membro fino alla decisione. I giudici della Prima sezione penale (presidente Giuseppe De Marzo - nel 2013 faceva parte del collegio che condannò Silvio Berlusconi per frode fiscale nel processo Mediaset - relatori Daniele Cappuccio di Magistratura democratica e Carmine Russo) hanno quindi riunito i due procedimenti per «identità di questioni giuridiche» e spedito il siluro politico alla Corte di giustizia europea, ma non hanno ancora depositato le loro motivazioni. Il decreto 37 del 2025 ha solo ampliato l’ambito di applicazione del Protocollo, estendendolo anche ai detenuti amministrativi. Le garanzie sono le stesse. I tempi di permanenza sono vigilati da giudici italiani. I trasferimenti sono controllati. Se c’è un cortocircuito, non è nel decreto. E se poi la stampa militante, come il Manifesto, anticipa i dispositivi dei rinvii e preannuncia comunicati ufficiali, allora sembra prendere forma una matrice. Lo dice chiaro il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Galeazzo Bignami: «Serve chiarezza su come siano trapelate quelle informazioni riservate. E soprattutto è sconcertante che la stessa Cassazione contraddica se stessa su un punto già definito». Sembra di non essere più di fronte a divergenze giuridiche, ma a fratture ideologiche all’interno dell’apparato giudiziario. Nel frattempo il piano rischia lo stallo. La nave partita da Brindisi il 27 maggio potrebbe essere l’ultima. I giudici di pace e le Corti d’appello potrebbero congelare le convalide. E il centro di Gjader rischia di diventare un monumento all’inerzia giudiziaria. Eppure ha funzionato: oltre cento trasferimenti in meno di due mesi, 30 rimpatri già effettuati, decine di posizioni esaminate con tutte le garanzie del diritto. Un percorso che evita il sovraffollamento nei Cpr italiani e alleggerisce il sistema di accoglienza. L’opposizione brinda. Angelo Bonelli, leader di Alleanza dei verdi e sinistra ripete la solita solfa sul «vergognoso spreco di denaro pubblico». Seguito dal collega Nicola Fratoianni: «Altro che esempio per l’Europa, siamo di fronte all’ennesima figuraccia. I costi li pagano i cittadini italiani, le conseguenze umane i naufraghi». Anche i dem vanno alla carica: «La destra ha provato a forzare le regole per un progetto che era sbagliato fin dall’inizio», commenta il responsabile Sicurezza del Partito democratico Matteo Mauri. Il copione è sempre lo stesso: criminalizzare ogni misura di contenimento dei flussi irregolari e difendere un’idea di accoglienza indefinita. Ora però non resta che attendere i tempi della giustizia. E se si pensa che per i rinvii sui «Paesi d’origine sicuri», dello scorso novembre, la decisione non è prevista prima del prossimo ottobre, anche in questo caso, nonostante la richiesta di procedura d’urgenza, si prospetta un lungo periodo di limbo.