
Ieri il tavolo sulla sicurezza del governo per smantellare i decreti Sicurezza voluti dalla Lega e riaprire i porti. Luciana Lamorgese realizza così l'auspicio di Repubblica e del Colle, anche se M5s e Pd già iniziano a litigare.L' «operazione cancellare Salvini» scatta alle 17.30 di ieri pomeriggio, quando a Palazzo Chigi si riunisce il tavolo sul dossier sicurezza e immigrazione, primo passo verso lo smantellamento dei decreti Sicurezza voluti dall'ex ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Il governo giallorosso, pressato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella da un lato e dalle sardine dall'altro (pensate a che livello di inconsistenza politica è arrivata questa sbrindellata pseudo maggioranza) si prepara a spalancare le nostre frontiere agli immigrati, ad accogliere Ong di ogni risma, a distruggere quella barriera legislativa costruita con tanta fatica dal governo Lega-M5s, a riaprire il rubinetto di denaro pubblico destinato ad ingrassare cooperative, associazioni, enti religiosi che con la scusa dell'accoglienza e della solidarietà prosciugano le casse dello Stato per favorire amici e amici degli amici.Venghino, signori, venghino: il governo giallorosso si cala le braghe. L'ombrello politico e istituzionale per questa scellerata operazione? I rilievi di Mattarella al decreto Sicurezza bis.Alle 17.30 di ieri, dicevamo, si riunisce il tavolo delle porte aperte all'invasione: alla riunione, presieduta dal premier Giuseppe Conte, sono presenti i ministri dell'Interno e della Difesa, Luciana Lamorgese e Lorenzo Guerini, i viceministri dell'Interno Vito Crimi e Matteo Mauri, il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro. I partiti di maggioranza sono rappresentati dai parlamentari Alessandra Riccardi (M5s), Roberta Pinotti (Pd) Gennaro Migliore e Laura Garavini (Iv), Loredana De Petris e Nicola Fratoianni (Leu). Indiscrezioni rilanciate dall'agenzia Adnkronos, tuttavia, fanno intravedere un cammino non facile per la riforma. «Siamo ancora nella fase istruttoria», avrebbero confermato fonti di governo. Ci sarebbero infatti «diverse sfumature». In particolare, Pd, Leu e Iv sarebbero per una rottura radicale con i due decreti salviniani, mentre i 5 stelle tenderebbero a frenare, seppur con delle posizioni articolate al loro interno.La posizione di Giuseppe Conte è descritta come «prudente». In mattinata, Repubblica aveva anticipato i contenuti delle proposte del ministro dell'Insicurezza, Luciana Lamorgese. Un campionario di assurdità da far venire i brividi. Si parte con l'abolizione delle pesanti sanzioni introdotte da Salvini per le navi delle Ong che dovessero violare i divieti di ingresso nelle acque territoriali italiane: il leader del Carroccio le aveva portate a un milione di euro, la Lamorgese vuole abbassarle a poche decina di migliaia; spazzata via anche la confisca delle navi alla prima violazione dell'alt intimato dalle autorità italiane: per procedere alla confisca stessa, il reato dovrà essere reiterato; i giallorossi intendono inoltre ampliare a dismisura le protezioni speciali per gli immigrati che non avrebbero diritto a restare sul suolo italiano: questi permessi verranno distribuiti non più solo a chi si trova in gravi condizioni di salute, o si rende protagonista di gesti di alto valore civile, o scappa da calamità naturali o è vittima di violenza o sfruttamento, ma anche agli immigrati con disagi psichici, condizioni di vulnerabilità (figuriamoci quanti immigrati abuseranno di questa categoria), vittime di tratta o nuclei familiari. Basta così? Manco per idea: la Lamorgese vuole tornare alla vecchia normativa anche per quel che riguarda l'iscrizione all'anagrafe, per la quale basterà essere in possesso di un permesso di soggiorno per richiedenti asilo. L'iscrizione all'anagrafe, lo ricordiamo, consente di poter usufruire di tutti i servizi legati alla residenza. Anche sull'ottenimento della cittadinanza si torna indietro: il figlio di cittadini stranieri può chiedere la cittadinanza italiana a 18 anni, ma Salvini aveva prolungato fino a quattro anni l'iter della pratica. La Lamorgese propone di tornare ai due anni, con il silenzio assenso. Infine, viene ridimensionato anche il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, rispetto al giro di vite voluto dal leader del Carroccio. In sintesi: un disastro, un vero e proprio colpo inferto alla sicurezza degli italiani dal ministro dell'Insicurezza Luciana Lamorgese.La quale Lamorgese ieri si è anche prodotta in una fluviale intervista al Foglio: «Questo governo», si è vantata la titolare del Viminale, «non ha mai bloccato le navi in mare e non ha mai rifiutato l'assegnazione di un porto sicuro a chi lo ha richiesto secondo le convenzioni internazionali. Grazie all'Europa, che con la Commissione si muove già prima dello sbarco, siamo stati in grado di gestire senza clamore mediatico tutte le fasi che precedono l'approdo delle navi nei porti. Credo molto nell'integrazione. Abbandonare queste persone senza offrire loro una prospettiva», ha aggiunto il ministro dell'Insicurezza, «alimenta il rischio che vengano attratti dai circuiti criminali. Se i migranti si sentono rifiutati dallo Stato, tra l'altro, si corre anche il rischio che rispondano al richiamo della radicalizzazione. Ma un'efficace integrazione ha bisogno di risorse adeguate: per questo il Viminale», ha sottolineato la Lamorgese, «davanti a una grave situazione in cui i bandi di gara andavano sempre deserti a causa di tagli lineari, ha riconosciuto ai prefetti la possibilità di aumentare in modo flessibile, a seconda delle diverse esigenze territoriali, i fondi da destinare ai servizi per i migranti». Soldi, soldi, soldi: per gli italiani, come conferma candidamente la Lamorgese, è in arrivo un salasso, gli aumenti delle tasse serviranno a rimpinguare le casse di chi fa business sull'immigrazione. Tutto come previsto: il governo giallorosso mostra il suo vero volto. L' «operazione cancellare Salvini» è partita.
Alice ed Ellen Kessler nel 1965 (Getty Images)
Invece di cultura e bellezza, la Rai di quegli anni ha promosso spettacoli ammiccanti, mediocrità e modelli ipersessualizzati.
Il principe saudita Mohammad bin Salman Al Sa'ud e il presidente americano Donald Trump (Getty)
Il progetto del corridoio fra India, Medio Oriente ed Europa e il patto difensivo con il Pakistan entrano nel dossier sulla normalizzazione con Israele, mentre Donald Trump valuta gli effetti su cooperazione militare e stabilità regionale.
Le trattative in corso tra Stati Uniti e Arabia Saudita sulla possibile normalizzazione dei rapporti con Israele si inseriscono in un quadro più ampio che comprende evoluzioni infrastrutturali, commerciali e di sicurezza nel Medio Oriente. Un elemento centrale è l’Imec, ossia il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, presentato nel 2023 come iniziativa multinazionale finalizzata a migliorare i collegamenti logistici tra Asia meridionale, Penisola Arabica ed Europa. Per Riyad, il progetto rientra nella strategia di trasformazione economica legata a Vision 2030 e punta a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali del Golfo, potenziando collegamenti ferroviari, marittimi e digitali con nuove aree di scambio.
La piena operatività del corridoio presuppone relazioni diplomatiche regolari tra Arabia Saudita e Israele, dato che uno dei tratti principali dovrebbe passare attraverso porti e nodi logistici israeliani, con integrazione nelle reti di trasporto verso il Mediterraneo. Fonti statunitensi e saudite hanno più volte collegato la normalizzazione alle discussioni in corso con Washington sulla cooperazione militare e sulle garanzie di sicurezza richieste dal Regno, che punta a formalizzare un trattato difensivo bilaterale con gli Stati Uniti.
Nel 2024, tuttavia, Riyad ha firmato in parallelo un accordo di difesa reciproca con il Pakistan, consolidando una cooperazione storicamente basata su forniture militari, addestramento e supporto politico. Il patto prevede assistenza in caso di attacco esterno a una delle due parti. I governi dei due Paesi lo hanno descritto come evoluzione naturale di rapporti già consolidati. Nella pratica, però, l’intesa introduce un nuovo elemento in un contesto regionale dove Washington punta a costruire una struttura di sicurezza coordinata che includa Israele.
Il Pakistan resta un attore complesso sul piano politico e strategico. Negli ultimi decenni ha adottato una postura militare autonoma, caratterizzata da un uso esteso di deterrenza nucleare, operazioni coperte e gestione diretta di dossier di sicurezza nella regione. Inoltre, mantiene legami economici e tecnologici rilevanti con la Cina. Per gli Stati Uniti e Israele, questa variabile solleva interrogativi sulla condivisione di tecnologie avanzate con un Paese che, pur indirettamente, potrebbe avere punti di contatto con Islamabad attraverso il patto saudita.
A ciò si aggiunge il quadro interno pakistano, in cui la questione israelo-palestinese occupa un ruolo centrale nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Secondo analisti regionali, un eventuale accordo saudita-israeliano potrebbe generare pressioni su Islamabad affinché chieda rassicurazioni al partner saudita o adotti posizioni più assertive nei forum internazionali. In questo scenario, l’esistenza del patto di difesa apre la possibilità che il suo richiamo possa essere utilizzato sul piano diplomatico o mediatico in momenti di tensione.
La clausola di assistenza reciproca solleva inoltre un punto tecnico discusso tra osservatori e funzionari occidentali: l’eventualità che un’azione ostile verso Israele proveniente da gruppi attivi in Pakistan o da reticolati non statali possa essere interpretata come causa di attivazione della clausola, coinvolgendo formalmente l’Arabia Saudita in una crisi alla quale potrebbe non avere interesse a partecipare. Analoga preoccupazione riguarda la possibilità che operazioni segrete o azioni militari mirate possano essere considerate da Islamabad come aggressioni esterne. Da parte saudita, funzionari vicini al dossier hanno segnalato la volontà di evitare automatismi che possano compromettere i negoziati con Washington.
Sulle relazioni saudita-statunitensi, la gestione dell’intesa con il Pakistan rappresenta quindi un fattore da chiarire nei colloqui in corso. Washington ha indicato come priorità la creazione di un quadro di cooperazione militare prevedibile, in linea con i suoi interessi regionali e con le esigenze di tutela di Israele. Dirigenti israeliani, da parte loro, hanno riportato riserve soprattutto in relazione alle prospettive di trasferimenti tecnologici avanzati, tra cui sistemi di difesa aerea e centrali per la sorveglianza delle rotte commerciali del Mediterraneo.
Riyadh considera la normalizzazione con Israele parte di un pacchetto più ampio, che comprende garanzie di sicurezza da parte statunitense e un ruolo definito nel nuovo assetto economico regionale. Il governo saudita mantiene l’obiettivo di presentare il riconoscimento di Israele come passo inserito in un quadro di stabilizzazione complessiva del Medio Oriente, con benefici economici e infrastrutturali per più Paesi coinvolti. Tuttavia, la gestione del rapporto con il Pakistan richiede una definizione più precisa delle implicazioni operative del patto di difesa, alla luce del nuovo equilibrio a cui Stati Uniti e Arabia Saudita stanno lavorando.
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Lockheed F-35 «Lightning II» in costruzione a Fort Worth, Texas (Ansa)
- Il tycoon apre alla vendita dei «supercaccia» ai sauditi. Ma l’accordo commerciale aumenterebbe troppo la forza militare di Riad. Che già flirta con la Cina (interessata alla tecnologia). Tel Aviv: non ci hanno informato. In gioco il nuovo assetto del Medio Oriente.
- Il viceministro agli Affari esteri arabo: «Noi un ponte per le trattative internazionali».
Lo speciale contiene due articoli.
Roberto Cingolani, ad e direttore generale di Leonardo (Imagoeconomica)
Nasce una società con Edge Group: l’ambizione è diventare un polo centrale dell’area.






