2020-05-03
Così il Colle provò a bloccare l’ascesa di Viola
Sergio Mattarella intervenne nel risiko delle toghe per far sì che il pg di Firenze, sostenuto da Luca Palamara e sodali, non finisse alla Procura di Roma. Ma la V commissione del Csm ignorò l'indicazione. A far saltare tutto ci pensò poi l'inchiesta sul «mercato delle nomine». Alla fine delle indagini sul pm Luca Palamara, accusato di corruzione, sembra evaporato il filone sul cosiddetto «mercato delle nomine» al Consiglio superiore della magistratura su cui si erano buttati i giornaloni. Le cene notturne per far diventare procuratore di Roma Marcello Viola, procuratore generale di Firenze, pare che non abbiano comportato reati. Eppure i boatos impazziti e le fughe di notizie di un anno fa erano riusciti ad agitare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (forse mal consigliato) al punto da convincerlo a scendere pesantemente in campo per impedire che il candidato dei supposti complottardi, Palamara & c. (i parlamentari Luca Lotti e Cosimo Ferri su tutti) potesse uscire vincitore. Per questo, direttamente o attraverso Stefano Erbani, consigliere del Quirinale per gli Affari dell'amministrazione della Giustizia, avrebbe cercato in ogni modo di impedire alla V commissione del Csm di designare in tempi rapidi Viola.Per rendersene conto bisogna esaminare con attenzione l'interrogatorio che ha reso l'allora Procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio ai pubblici ministeri di Perugia il 18 luglio 2019, e la trascrizione della conversazione intercettata tra Fuzio e Palamara il 21 maggio 2019.A pagina 12 della trascrizione Fuzio parla di Giorgio Napolitano e Mattarella e della «modalità diversa» con la quale hanno richiesto il rispetto del cosiddetto «ordine cronologico» nella nomina dei candidati delle principali procure e l'opportunità di procedere alle audizioni dei candidati: Napolitano per iscritto, Mattarella verbalmente. Nell'interrogatorio dice testualmente: «Credo di avergli detto (a Gianluigi Morlini, presidente della V commissione, ndr) quello che si era verificato quattro anni prima per la nomina di Franco Lo Voi a procuratore della Repubblica di Palermo, quando io ero in Consiglio e Napolitano usando una modalità diversa da Mattarella aveva scritto una lettera in cui aveva imposto di seguire l'ordine cronologico». Fuzio parla di un incontro avvenuto al Quirinale il 27 marzo 2019 dove si è affrontato l'argomento, ma fino al 21 maggio nulla è stato fatto dal Comitato di presidenza del Csm (composto dallo stesso Fuzio, dal vicepresidente del Consiglio in quota Renzi, David Ermini e da Giovanni Mammone, primo presidente della Cassazione) affinché fossero rispettati i dettami del Presidente.Eppure tra il 16 e il 21 maggio qualcosa succede. La situazione cambia quando da Perugia arriva al Csm la prima informativa dell'indagine su Palamara e la notizia inizia a circolare (Fuzio definisce il Csm «un colabrodo»). Palamara nel suo interrogatorio dice: «Di certo a Roma girava la voce che io avessi il trojan, e ne parlammo con Ferri il quale lo aveva saputo da alcuni consiglieri ai quali Erbani aveva riferito che qualcuno era stato infettato dal trojan, e io notavo che in tanti temevano di parlare con me».In un'intercettazione Palamara afferma, riferendosi a Morlini, «non se po' mette paura di Erbani» e in un altro passaggio dice che Erbani «terrorizza» Morlini.Fatto sta che Fuzio dichiara a verbale: «Lunedì 20 maggio abbiamo avuto indicazione di inviare una lettera al presidente della commissione (V, ndr) che occorreva seguire un determinato ordine cronologico nella trattazione delle nomine in connessione alla vacanza del posto». Chi poteva indicare al Comitato di presidenza che cosa fare? Non è difficile immaginarlo.A tal proposito nella seconda trascrizione della conversazione tra Fuzio e Palamara del 21 maggio compare la frase «ma come mai non si fa Torino (posto vacante prima di Roma, ndr) continuava a dire Mattarella». L'intercettazione prosegue: «[…] nel frattempo mi era venuta questa indicazione dal Mattarella di… durante il… ma perché non fate le audizioni?».«Nel frattempo» e «durante il» lasciano intendere che l'indicazione è pervenuta a Fuzio proprio a ridosso del 21 maggio. L'ex Pg racconta che la nomina era diventata una specie di corsa contro il tempo. Mentre lui e il Comitato di presidenza stavano stilando la lettera che doveva bloccare le fughe in avanti pro Viola, «Ermini è uscito in quanto era stato chiamato dal consigliere Morlini. Al suo rientro ci ha comunicato che avrebbero votato subito per la nomina di Procuratore di Roma». A quel punto Fuzio fa convocare Morlini e gli chiede «in modo severo» se avesse calendarizzato la nomina. Morlini ribatte che rischiava di essere messo in minoranza. Quella di Fuzio diventa una vittoria di Pirro: «In quel momento siamo riusciti a bloccare tale votazione», però, «il 23 maggio 2019, nonostante il mio dissenso e nonostante la nota del Comitato di presidenza, in commissione si è votato per la nomina del Procuratore di Roma».Fuzio deposita durante l'interrogatorio la missiva inviata il 21 maggio alla V commissione che sarebbe stata scritta su imput del Quirinale e il suo avvocato, Grazia Volo, commenta: «E c'è anche l'indicazione della presidenza della Repubblica, eccola questa credo che sia importante».Nella lettera si legge che il Comitato «inviata la V commissione a svolgere la propria attività seguendo, in linea generale, l'ordine di pubblicazione delle vacanze degli uffici, in aderenza alle regole che il Csm si è dato per garantire trasparenza e tempestività nel conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi. Nel contempo invita la commissione di procedere agli approfondimenti istruttori necessari per garantire, specie per le pratiche relative agli uffici direttivi di particolare rilievo, la più ampia e dettagliata conoscenza delle caratteristiche professionali dei candidati […] ciò allo scopo di assicurare la massima ponderazione della scelta da effettuarsi in base alla completa valutazione comparativa degli aspiranti». Più chiaro di così: non bisogna correre e occorre ponderare la scelta.L'indicazione contenuta nella lettera, però, come detto, non viene presa in considerazione e il 23 maggio la commissione vota, dando quattro pesantissimi voti a Viola. Tra coloro che non ascoltano l'indicazione del Comitato di presidenza che sembrava aver agito sotto dettatura del Quirinale c'è anche Pier Camillo Davigo, fondatore della corrente Autonomia e indipendenza, il quale inserisce la sua pesantissima preferenza nell'urna di Viola. Ma se il Quirinale non è riuscito a fermare la designazione del Pg di Firenze a procuratore di Roma, a sparigliare le carte e a far saltare l'accordo ormai sancito tra Palamara e la corrente moderata di Magistratura indipendente ci ha pensato l'inchiesta perugina a carico del pm, ma anche la gran cassa mediatica che l'ha sostenuta, con clamorose fughe di notizie.
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