2022-03-29
«Cos’è una donna? Non sono biologa». Chi è la toga preferita dai dem Usa
Ketanji Brown Jackson (Ansa)
Dalle audizioni per la ratifica di Ketanji Brown Jackson alla Corte suprema, emergono ombre sul magistrato imposto da Joe Biden. Cui hanno contestato clemenza in un caso di pedofilia ed eccessiva correttezza sul gender.Sono state audizioni tese quelle tenutesi negli scorsi giorni al Senato americano, per discutere la ratifica della nomina di Ketanji Brown Jackson: la giudice afroamericana che Joe Biden ha scelto per sostituire il dimissionario Stephen Breyer alla Corte Suprema. Ricordiamo che alla camera alta i seggi sono divisi al momento esattamente a metà: 50 ai dem e 50 ai repubblicani. Ragion per cui, soprattutto qualora non si registrassero defezioni nell’elefantino, la togata ha assoluto bisogno della compattezza del blocco dem per essere confermata dalla Commissione Giustizia il prossimo 4 aprile. Uno scenario, questo, tutt’altro che improbabile. La nomina dovrebbe infatti avere i numeri per passare (anche se, vista la precaria situazione parlamentare, bisogna andare con i piedi di piombo). Ciononostante i senatori repubblicani hanno deciso di dare battaglia, mettendo in luce gli aspetti maggiormente controversi della giudice. Il più duro è stato indubbiamente Josh Hawley, che ha accusato la Brown Jackson di aver inflitto pene troppo lievi a soggetti colpevoli di reati sessuali ai danni di minori. In particolare, il senatore del Missouri si è concentrato sul caso United States v Hawkins, in cui nel 2013 la togata condannò l’imputato - che era stato trovato in possesso di materiale pedopornografico - a soli tre mesi di reclusione: una pena, ha riferito The Hill, «al di sotto della raccomandazione del governo di due anni di reclusione e molto al di sotto della linea guida consultiva federale di un minimo di otto anni di reclusione». La diretta interessata si è difesa, dicendo di aver dovuto valutare «vari fattori». Resta però il fatto che lo scontro con Hawley si è rivelato uno dei momenti più drammatici dell’audizione, mettendo in luce un problema di approccio troppo morbido al crimine, mostrato da vari settori dell’odierna sinistra americana (ricordiamo che, secondo Nbc News, la togata gode dell’appoggio di almeno una dozzina di organizzazioni progressiste). Un altro aspetto controverso del giudice è emerso quando le sono state rivolte domande sulla Critical race theory e sulle questioni di genere. In particolare, la senatrice repubblicana, Marsha Blackburn, le ha chiesto di «fornire una definizione per la parola “donna”». Una domanda, a cui la Brown Jackson ha replicato: «Non sono una biologa». «Il fatto che lei non possa darmi una risposta diretta su qualcosa di così fondamentale, come ciò che è una donna, sottolinea i pericoli del tipo di educazione progressista di cui sentiamo parlare», ha controbattuto la Blackburn. La togata ha inoltre evitato di rispondere, quando le è stato chiesto che cosa pensasse dell’indottrinamento liberal nelle scuole. «Non commenterò su che cosa le scuole possono insegnare», ha detto. Ulteriore problema configuratosi nell’audizione è che la togata si è di fatto rifiutata di fornire delucidazioni sulla propria filosofia giuridica. Va sottolineato che tradizionalmente le audizioni per la Corte Suprema sono in parte dedicate proprio a capire l’orientamento dottrinale del candidato giudice: il fatto che la Brown Jackson si sia sottratta a tale esame, certo non depone a suo favore. Il Washington Post - neanche a dirlo - ha scritto che le domande dei repubblicani alla giudice avevano delle «sfumature razziali». Come spesso accade, anziché entrare nel merito delle questioni, certe galassie ideologiche preferiscono trincerarsi dietro infondate accuse di razzismo. Anche perché, se vogliamo dirla tutta, l’unico giudice afroamericano attualmente presente nella Corte Suprema è Clarence Thomas, nominato dal presidente repubblicano George H. W. Bush nel 1991: all’epoca ben 46 senatori dem (tra cui lo stesso Biden) votarono contro la sua conferma. Ma si sa: Thomas è un notorio conservatore. E tanto basta per non far scattare il meccanismo di solidarietà da parte di un certo establishment mediatico. Quando alla fine di gennaio Breyer annunciò le sue prossime dimissioni, Biden assicurò che lo avrebbe sostituito con una donna di colore. Un annuncio che suscitò più di una perplessità. Un sondaggio condotto da Ipsos ed Abc News rilevò infatti che, secondo il 76% degli americani, il presidente avrebbe dovuto valutare «tutti i possibili candidati», senza fossilizzarsi sulla questione del genere e dell’etnia. Inoltre, va sottolineato che - a livello politico - l’approccio ideologico tanto caro ad alcuni settori del Partito democratico americano sta causando un crescente fastidio tra gli elettori americani: basti pensare alle elezioni governatoriali, tenutesi in Virginia lo scorso novembre. In quell’occasione, il candidato repubblicano Glenn Youngkin ha sconfitto il rivale dem, Terry McAuliffe, occupandosi di temi concreti e polemizzando aspramente contro l’indottrinamento liberal nelle scuole. Chi dunque pensa che -con la nomina di un profilo progressista alla Corte Suprema- Biden riuscirà a rafforzarsi politicamente, commette un errore.