2019-10-07
«Cosche rafforzate dalla campagna di Delrio in Calabria»
La sentenza Aemilia: «I candidati a sindaco di Reggio andarono a Cutro senza dire che i voti della 'ndrangheta erano sgraditi».La Lega: se ne occupi la commissione Antimafia. Nuovo imbarazzo sull'asse Pd-M5s.Lo speciale contiene due articoli«Il punto di forza della 'ndrangheta in Emilia Romagna è la sua capacità di intessere relazioni vantaggiose con rappresentanti del mondo imprenditoriale finanziario e politico istituzionale». Bastano queste tre righe scritte dai giudici di Reggio Emilia che hanno condotto il maxi processo sulle infiltrazioni della potentissima cosca Grande Aracri di Cutro, la città degli scacchi, a due passi da Crotone, per comprendere il peso e la portata assunti dalla mala calabrese nel cuore di una delle regioni più rosse d'Italia. Il processo Aemilia conta 118 condanne per 1.200 anni di carcere. La sentenza è stata emessa esattamente un anno fa ma le motivazioni, depositate in piena estate, sono passate quasi inosservate. Nonostante i grossi imbarazzi nel Partito democratico. Perché più si va avanti nella lettura delle 3.200 fitte pagine scritte dalle toghe emiliane, più compaiono, proprio come su uno degli scacchieri della tradizione cutrese, pezzi del Pd con ruoli e posizioni ben precisi. Per questo motivo la Lega è propensa a chiedere la convocazione urgente in commissione Antimafia, presieduta dal pentastellato calabrese Nicola Morra, di Graziano Delrio e del governatore dem emiliano Stefano Bonaccini. A Delrio, uomo importante del nuovo governo giallorosso, in quelle carte viene affibbiato un ruolo. Un ruolo che non ha raggiunto una rilevanza penale (per questo il big del partito di governo non è stato indagato), ma che viene descritto a fondo in uno dei capitoli dell'inchiesta. Nel 2009 alcuni candidati sindaco di Reggio Emilia andarono a fare campagna elettorale proprio a Cutro, in terra di 'ndrangheta. E tra gli aspiranti sindaci c'era Delrio, all'epoca primo cittadino di Reggio Emilia poi rieletto. In quel modo, hanno valutato i giudici, i candidati si resero protagonisti di «comportamenti che oggettivamente hanno rafforzato la cosca». Una famiglia di 'ndrangheta che per fare affari al Nord e conquistare nuovi spazi nell'economia ha cambiato veste e, per dirla come i giudici di Aemilia, «ha vestito un abito nuovo, presentabile, di fatto imprenditoriale, pur rimanendo fedele alla sua consolidata fama criminale». E con l'abito della domenica Nicolino Grande Aracri, indicato dai giudici come il mammasantissima che ha infiltrato l'economia emiliana, è riuscito a intercettare «esponenti», si legge nel documento, «di rilevanti settori del contesto locale che non hanno indietreggiato dinanzi alla prospettiva di realizzare anche un profitto personale». Non sono pochi i politici e gli amministratori esenti da sferzate: «L'associazione», scrivono le toghe, «disponeva di consiglieri comunali eletti con il voto della comunità calabrese nelle fila della maggioranza e dell'opposizione. Vale segnalare per tutti lo scioglimento del consiglio comunale di Brescello». Ma anche nel capoluogo si erano annidati i batteri della mala dei Grande Aracri. Per i giudici ci sono due vicende particolarmente significative: «La campagna elettorale per l'elezione a sindaco di Reggio Emilia nel 2009 che fu tenuta da tutti i candidati del tempo anche a Cutro, ove i candidati stessi si recarono alla festa del Cristo Redentore e dove fecero affiggere i propri manifesti elettorali. Comportamenti che oggettivamente hanno rafforzato l'associazione; non si tratta di tenere conto delle legittime esigenze della comunità cutrese-reggiana onesta che vive e vota a Reggio Emilia, ma del grave peccato di omissione nel non distinguere tra costoro e i mafiosi». Il punto, quindi, non è fare o meno la campagna elettorale a Cutro, «ma averla fatta senza dire la sola cosa che andava detta e cioè che i voti mafiosi non erano graditi e che i mafiosi sarebbero stati cercati, perseguiti e allontanati dalla città». Il secondo episodio di peso è l'incontro con il prefetto Antonella De Miro voluto nel 2012 da alcuni consiglieri di origine calabrese. Ad accompagnarli, anche questa volta, c'è il sindaco Delrio. «I consiglieri», scrivono i giudici, cercavano un «pretesto» per avvicinare il prefetto, «allo scopo di ammorbidirla sulle interdittive». Quell'episodio, secondo i giudici, «si colloca su un piano grigio e ambiguo rivelatore di una mancanza di compattezza delle istituzioni nel sostenere l'azione del prefetto». I politici cutresi, insomma, «sono intervenuti per cercare di indebolire e isolare il prefetto De Miro». «Non ha detto la verità o è stato reticente», tuonarono i grillini a proposito della deposizione di Delrio al processo. Non solo, davanti a un magistrato della Direzione nazionale antimafia Delrio ha descritto come per nulla stretto il suo rapporto con la dirigente che volle all'urbanistica, Maria Sergio, moglie dell'attuale sindaco di Reggio Luca Vecchi, chiamata più volte a testimoniare per aver acquistato la casa di famiglia da un personaggio indicato come il prestanome dei Grande Aracri. I non ricordo e i «non lo sapevo» di Delrio indignarono i pentastellati. E quel cadere dal pero fa sbottare ancora oggi Nicola Morra, che twitta così: «Le omissioni sono spesso gravi quanto, se non più, le azioni. Non si va a Cutro per cercare i voti per divenire sindaco di Reggio Emilia». Bonaccini, che non sembra disdegnare il disegno inciucista giallorosso anche alle regionali, in tempi non sospetti, commentando il processo Aemilia ebbe a dire: «Ho l'impressione che se c'è un elemento positivo è che la politica non sia stata granché intaccata e io mi auguro che sia così». La sentenza sostiene l'esatto contrario. Anche lui cade dal pero? Palla alla commissione Antimafia.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/cosche-rafforzate-dalla-campagna-di-delrio-in-calabria-2640864986.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lennesima-tegola-che-minaccia-di-far-saltare-laccordo-giallorosso" data-post-id="2640864986" data-published-at="1758155529" data-use-pagination="False"> L’ennesima tegola che minaccia di far saltare l’accordo giallorosso L'alleanza Pd-M5s, non ancora formalizzata ma allo studio per le regionali in Emila Romagna del prossimo 26 gennaio, viene subito messa alla prova dalla sentenza Aemilia e dall'attacco sferrato dalla Lega, mentre i due soci del governo giallorosso preferiscono restare in silenzio. Resta da capire cosa faranno nei prossimi giorni i grillini, che sulla legalità e sul processo Aemilia in passato hanno contruito molte campagne. «Appare di una gravità inaudita quanto sta accadendo in Emilia Romagna e a Roma dopo le motivazioni della sentenza Aemilia. Ricordo che il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra, ha affermato che le “le omissioni sono spesso gravi quanto, se non più, delle azioni. Non si va a Cutro per cercare i voti per divenire sindaco a Reggio Emilia". Sembra chiaro il riferimento a Graziano Delrio che andò a Cutro in campagna elettorale, come ha scritto in un tweet lo stesso Morra», ha detto ieri il deputato leghista Jacopo Morrone. Il grillino Morra che bacchetta Delrio lo sa che è un suo alleato di governo, «presente» nelle oltre 3.000 pagine in cui giudici spiegano le condanne del rito abbreviato? E Morra che accusò Matteo Salvini di «inviare messaggi in codice alla 'ndrangheta ostentando il rosario durante un comizio a Isola Capo Rizzuto», come si comporterà con il capogruppo Pd alla Camera, ex ministro ed ex sindaco di Reggio Emilia, quando sarà ascoltato a Palazzo San Macuto? A chiedere la convocazione urgente in commissione Antimafia di Delrio e Stefano Bonaccini, presidente della Regione rossa, è stato proprio il Carroccio come ha annunciato Gianluca Cantalamessa, capogruppo della Lega nella stessa commissione. «La richiesta è un atto dovuto per fare chiarezza su ciò che è successo in Emilia Romagna negli ultimi decenni. Le scelte elettorali sono libere, ma è giusto che Delrio spieghi perché ha fatto a Cutro parte della propria campagna elettorale per la rielezione a sindaco di Reggio Emilia, chi ha incontrato e dove ha risieduto in quel viaggio. Inoltre perché aveva inizialmente riferito alla Dia dell'esistenza di un gemellaggio con Cutro quando esistevano invece solo atti comunali di amicizia tra i due Comuni?», hanno detto Lucia Borgonzoni, senatrice della Lega e candidata per la carica di governatore alle regionali, e Gianluca Vinci, deputato e segretario Lega Emilia. E mentre Morrone attacca Delrio, Cantalamessa vuole sapere da Stefano Bonaccini «quali iniziative ha messo in campo contro i clan e quale è la sua percezione, anche in vista della campagna elettorale regionale. Inoltre, qualcuno gli ha mai chiesto di andare a Cutro per fare campagna elettorale? Le famiglie in odore di mafia potranno condizionare le prossime elezioni regionali?». Ai leghisti ha replicato Massimo Mezzetti assessore regionale alla Legalità: «La Regione ha già relazionato alla commissione antimafia pochi mesi fa. È inaudito che Lucia Borgonzoni e suoi colleghi della Lega, dopo anni di assoluto silenzio, scoprano oggi, a tre mesi dal voto, il tema Aemilia e le infiltrazioni mafiose».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)