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2022-02-28
Cosa resta del turismo
(Ansa)
I numeri di contagi del Covid stanno regredendo, si parla di allentamento delle restrizioni e di ripresa delle attività, ma per l’industria del turismo è ancora buio pesto. Le città d’arte hanno quasi perso la memoria delle strade affollate di gruppi di stranieri e di quando la ricerca di una camera d’albergo per Pasqua era un’impresa alla quale bisognava dedicarsi con mesi d’anticipo. A oggi l’80% delle camere disponibili a marzo è ancora senza prenotazioni. Per aprile c’è pochissima richiesta, eppure mancano meno di due mesi a Pasqua, seguita dal ponte del 25 aprile. Il 2022 non si è aperto bene. Gennaio e febbraio sono stati travolti dalla quarta ondata del Covid e a stento le località alpine sono riuscite a salvare il periodo natalizio. Nessuno si azzarda a fare previsioni per la primavera e men che mai per l’estate.
Con il trend delle prenotazioni last minute e l’incertezza dell’evoluzione pandemica (anche se i dati indicano una flessione) l’orizzonte dei mesi estivi appare lontano. Eppure in condizioni normali le prime prenotazioni per luglio e agosto cominciavano ad arrivare proprio tra fine febbraio e inizio marzo. Gli operatori del settore non sanno quando riusciranno a recuperare le perdite degli ultimi due anni. Il premier Mario Draghi ha annunciato una road map per uscire dalle restrizioni con gradualità, ma la tabella di marcia, nel dettaglio, ancora non è nota. E ci si deve basare sulle dichiarazioni.
L’unica data certa è il 31 marzo, quando scade lo stato di emergenza e anche l’obbligo di esibire il green pass rafforzato per alberghi, sagre, fiere e centri congressi e per ristoranti all’aperto. Draghi ha promesso che lo stato di emergenza non verrà prorogato, ma all’annuncio non è ancora seguito un atto formale. Non ci sarà più l’obbligo di esibire il super certificato sui mezzi di trasporto a lunga percorrenza quali treni, navi e aerei, tuttavia l’Unione europea ha già sollecitato una proroga. Ma la misura sarebbe un ostacolo alla circolazione dei turisti e quindi si dovrebbe decidere entro fine aprile.
rigore esagerato
Sulla possibilità di cancellare il certificato, permangono linee diverse nel governo. Per gli spostamenti verso l’estero, secondo quanto indicato dal sito Viaggiaresicuri.it del ministero degli Esteri, permane fino al 15 marzo il divieto di spostarsi per turismo nei Paesi extra Schengen, indicati nell’elenco E. Gli spostamenti sono consentiti solo per motivi di lavoro, salute, studio, urgenza o rientro al domicilio di residenza. Un danno per le agenzie di viaggi che servono quelle località. Mentre per chi arriva dall’extra Ue non c’è più l’obbligo della quarantena e si entra con il green pass base.
Lo scenario è in evoluzione di settimana in settimana. Intanto Spagna e Grecia hanno avviato da tempo la campagna di marketing per reclamizzare le località di vacanza e intercettare i turisti che cercano, oltre alla sicurezza dei minori contagi, anche la certezza delle regole. Sul sito dell’Enit, l’Ente dedicato a promuove l’immagine del nostro Paese e l’offerta turistica nazionale, se si cercano indicazioni aggiornate si viene rimandati al link del sito Italia.it con le misure valide solo fino al 15 marzo 2022. E chi volesse prenotare per Pasqua?
Un altro fattore di incertezza per gli operatori turistici è rappresentato dell’impatto della crisi in Ucraina. Nel 2019, prima che scoppiasse la pandemia da Covid, il turismo russo in Italia generava 1,7 milioni di arrivi e 5,8 milioni di presenze. Una quota considerevole della domanda turistica nel nostro Paese che, con l’apertura delle frontiere anche ai viaggiatori dotati di solo green pass base, gli operatori del turismo speravano di recuperare, ma che ora è messa a rischio. Assoturismo ha stimato che gli effetti si sentiranno già in primavera. Il 24 aprile cade la Pasqua ortodossa, che solitamente fa affluire in Italia molti turisti russi, con 175.000 pernottamenti e quasi 20 milioni di euro di fatturato per le attività ricettive. Presenze che, probabilmente, non si concretizzeranno sull’onda delle tensioni internazionali. Sarebbe un colpo pesante. L’effetto Ucraina non incide solo sull’assenza di presenze russe. Il conflitto ha fatto decollare il prezzo dei combustibili e a cascata di tutti i prodotti con pericolosi rialzi dell’inflazione. Questo insieme di fattori condizionerà la progettazione di una vacanza che rischia di diventare un salasso, più che un piacere.
due anni da dimenticare
Il turismo viene da due anni da dimenticare. Il bilancio 2021 è stato il peggiore degli ultimi 5 anni. Il bollettino delle chiusure a seguito del blocco degli spostamenti e dell’azzeramento dei flussi dall’estero è drammatico. Sono 4.116 le imprese della ricettività e dei servizi turistici costrette a sospendere l’attività. L’accelerazione delle chiusure non è stata compensata da nuove aperture: in 12 mesi sono nate solo 1.916 nuove imprese turistiche, per un saldo negativo di 2.200 imprese in meno. La fotografia scattata da Assoturismo Confesercenti registra anche che, nel biennio del Covid, il numero delle aziende di settore uccise dalla crisi è stato oltre sei volte più alto di quello del biennio precedente.
Il settore più colpito è quello della ricettività: nel 2021 il saldo tra aperture e chiusure per alberghi e simili è di 1.356 imprese chiuse. Peggiora anche il bilancio dei servizi turistici, che nel 2021 segna un saldo di -844 imprese: nel 2019, l’anno prima della crisi, il bilancio era stato di -366. Un crollo dovuto anche all’assenza totale di sostegni per questi comparti nell’anno appena concluso, dopo un primo e unico intervento nel 2020.
colpiti lazio e nordest
La mancanza di turisti e l’azzeramento dei flussi legati al lavoro e agli eventi ha danneggiato in particolare la capitale e il Lazio che perde oltre mille imprese. Forte sofferenza anche nel Nordest, dove hanno chiuso 447 imprese, e nel Nordovest con 285 attività in meno. Ey Future Travel Behaviours ha tracciato alcune previsioni per quest’anno. Oltre il 60% dovrebbe tornare alle stesse abitudini di viaggio pre pandemia e in alcuni casi (1 su 4) aumenteranno gli spostamenti. L’Italia si conferma come la meta preferita per le vacanze dalla maggior parte delle persone (67%) mentre il 6% ha pianificato di lavorare da remoto in un luogo di villeggiatura. Per gli spostamenti il mezzo preferito resta l’auto perché permane ancora una certa diffidenza per il treno e l’aereo. Proiezioni ottimistiche, che però non tengono conto del conflitto ucraino e dell’aumento dei prezzi dei combustibili e dell’inflazione. Una vacanza potrebbe diventare una stangata e costringere a limitare gli spostamenti.
«Niente prenotazioni, sono tutte bloccate»
Profondo rosso per le agenzie di viaggio. Il 2021 si è chiuso con un saldo negativo di 844 imprese. Nel 2019, l’anno prima della crisi pandemica, il bilancio tra aperture e chiusure era stato di -366. Numeri che secondo Assoviaggi Confesercenti, l’associazione di settore, sono destinati a peggiorare se non si arriverà a brevissimo, dice allarmato il presidente Gianni Rebecchi, a «disegnare un quadro di regole chiare e comprensibili e soprattutto in linea con quelle di Paesi nostri competitor come Spagna e Grecia, dove è già cominciata la campagna di promozione della stagione estiva».
A che punto sono le prenotazioni per Pasqua e 25 Aprile?
«Prenotazioni? È una battuta? Con la confusione attuale in cui le regole cambiano di settimana in settimana, ditemi quale turista si azzarda a prenotare. Anche il turismo di prossimità, quello degli italiani, è bloccato. E intanto le aziende, senza alcuna entrata, continuano a pagare i dipendenti e devono far fronte agli oneri fiscali».
Quindi al momento non si muove nulla per Pasqua?
«Nulla. Anche se il turismo ha assunto l’abitudine di decidere last minute. Per chi arriva dall’estero è difficile comprendere le regole italiane. Si sceglie chi ha regole certe. L’Italia è stato il precursore della modifica del green pass che, nelle intenzioni di Bruxelles, doveva favorire gli spostamenti nell’Unione. Invece l’Italia a dicembre, alle porte del Natale, ha deciso che per entrare era necessario il tampone. Si è fatta precursore di demolire un principio. Abbiamo dato un segnale che qui le regole possono cambiare da un momento all’altro».
Pasqua però può essere salvata dal turismo italiano.
«C’è un grande desiderio di muoversi, riceviamo tante chiamate soprattutto di chiarimento sulle regole. Non possiamo però confidare solo sul turismo di prossimità. Sono molto preoccupato per le città d’arte. La tedesca Tui, la maggiore compagnia di viaggi al mondo, ha registrato una impennata di prenotazioni per pacchetti turistici che stanno tornando ai livelli pre Covid. Ma tutti questi tedeschi che vogliono riprendere a viaggiare dove credete si rivolgeranno con maggiore attenzione? Immagino preferiranno Paesi con regole certe e meno stringenti. Dalla Germania i nostri associati ci segnalano una timidissima ripresa dell’interesse verso l’Italia».
E i viaggi verso l’estero?
«Al momento l’interesse per mete del lungo raggio è modesto. Dal 1° marzo non c’è più l’obbligo della quarantena per chi arriva dai Paesi extra Ue e questo dovrebbe favorire i flussi in ingresso. Diversa la situazione per gli italiani che vogliono programmare una vacanza in quei Paesi. Da noi è in vigore fino al 15 marzo, e non si sa se sarà prorogato, il divieto di viaggiare per motivi di turismo verso molte destinazioni extra Schengen. Gli spostamenti verso i Paesi della lista E sono consentiti esclusivamente per giustificati motivi. Ciò non accade negli altri Paesi europei che non pongono, ormai da più di un anno, simili divieti, ma diramano semmai raccomandazioni di viaggio assimilabili a quelle pubblicate dal nostro ministero degli Esteri».
Vuol dire che un francese o un tedesco può andare liberamente al di fuori della Ue ma un italiano no?
«Gli altri Paesi membri adottano da tempo criteri che consentono ai connazionali di viaggiare verso mete extra Schengen di interesse turistico, sempre garantendo spostamenti in sicurezza. L’adozione del green pass e le campagne di vaccinazione che hanno raggiunto gran parte della popolazione hanno portato i partner europei a evolvere la propria posizione in base al mutato scenario. L’Italia è il solo Paese europeo nel quale è ancora in vigore tale divieto, nonostante il tasso di vaccinazione sia tra i più alti in Europa. Non solo, l’Europa sta già lavorando a una raccomandazione che, per i viaggi, sposterà il focus dal Paese di provenienza alla condizione del viaggiatore. Abbiamo sollecitato il governo di fare in fretta a lanciare messaggi rassicuranti ai turisti e a allentare le restrizioni. Non possiamo permetterci una terza stagione di flop».
«I Paesi concorrenti hanno già lanciato la campagna estiva»
«Il saldo negativo di 220 imprese alberghiere e di servizi turistici ce lo aspettavamo. Nel 2021 si è allargata in modo allarmante la forbice tra aziende che hanno chiuso e le nuove aperture. Il saldo del 2019 era di -90. Sono numeri che danno l’esatta dimensione dell’effetto devastante della pandemia. Il bilancio 2021 è il peggiore degli ultimi 5 anni. Temo però che la discesa verso il basso non sia finita». Vittorio Messina, presidente di Assoturismo, è preoccupatissimo.
Eppure i dati dei contagi stanno scendendo e il governo ha allentato le restrizioni. Cosa vi preoccupa ancora e potrebbe impedire la ripartenza del settore?
«L’allentamento delle restrizioni sta arrivando. Lo chiedevamo da tempo. I Paesi nostri concorrenti diretti come Spagna, Francia, Grecia hanno già deciso le date dell’abbattimento delle restrizioni e stanno facendo una campagna di marketing aggressiva, non solo per Pasqua ma per la stagione estiva che è la vera cartina tornasole della ripresa».
E noi?
«Ci muoviamo in anticipo quando si tratta di chiudere, ma quando bisogna ridare slancio al settore, approfittando della regressione della pandemia, indugiamo, ci perdiamo in estenuanti dibattiti politici. E perdiamo tempo prezioso. Il turismo vive di prenotazioni ma bisogna essere davvero temerari a partire con questo quadro normativo, confuso e ballerino. A oggi solo il 20% delle camere disponibili è stato prenotato. Per aprile c’è pochissima richiesta, eppure ci sono le vacanze di Pasqua e il 25 Aprile. Il 2022 non si è aperto bene. La quarta ondata del virus ha cancellato gennaio e febbraio e non ci sono segnali di ripartenza».
L’Italia è un Paese percepito come molto sicuro, non può essere un vantaggio per attirare i turisti?
«Chi viaggia ha bisogno di certezze nelle regole. Ci sono gli annunci, attendiamo però una road map precisa. L’estate scorsa le località balneari hanno fatto il pieno ma si trattava di italiani. Abbiamo bisogno dei flussi turistici stranieri, di trasformare le presenze di prossimità in strutturate e programmate. A parte il mare e la montagna, le città d’arte stanno morendo. Gli alberghi chiudono e i centri storici si desertificano. Il degrado avanza. Oltre al turismo delle vacanze pesa il blocco degli eventi e dei viaggi di lavoro».
Non si è esaurito il fenomeno Zoom della convegnistica?
«Gran parte delle aziende continua con lo smart working e i convegni sulle piattaforme digitali. Le sale per i forum negli alberghi sono inutilizzate ormai da oltre due anni e i viaggi d’affari sono ridotti al lumicino. I manager hanno scoperto che possono spostare gli incontri di business sul computer senza avere danni ma vantaggi come risparmio di tempo e denaro. È un settore che chissà quando tornerà ai ritmi pre Covid».
Quali sono le stime per le presenza a Pasqua?
«Non facciamo previsioni, abbiamo smesso. Il turismo di prossimità sarà presente soprattutto in montagna e nelle località marine ma le città d’arte continueranno a soffrire. Pasqua e il 25 Aprile saranno un test della ripresa. Conseguenze ci saranno anche dalla crisi ucraina. Il turismo dalla Russia ha alte capacità di spesa e se dovesse mancare ancora a lungo, sarebbe un guaio. Intanto per le strutture alberghiere sono terminate le condizioni agevolate con il fisco. Dal 1° gennaio si è conclusa la tregua dei mutui. Si poteva prolungare fino alla fine dello stato di emergenza, cioè al 31 marzo come pure si potevano prolungare i termini degli avvisi bonari e delle cartelle esattoriali. Gli albergatori dovranno affrontare questi pagamenti nonostante l’assenza di flussi turistici».
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Draghi annuncia la fine delle restrizioni troppo tardi per attirare visitatori a Pasqua. E incombono le incertezze della crisi ucraina.Il presidente Assoviaggi Gianni Rebecchi: «Sono molto preoccupato soprattutto per le nostre città d’arte. Sono in ginocchio».Il numero uno di Assoturismo Vittorio Messina: «Ho smesso di fare previsioni. Non si muoverà nulla finché passeremo il tempo a discutere».Lo speciale contiene tre articoli.I numeri di contagi del Covid stanno regredendo, si parla di allentamento delle restrizioni e di ripresa delle attività, ma per l’industria del turismo è ancora buio pesto. Le città d’arte hanno quasi perso la memoria delle strade affollate di gruppi di stranieri e di quando la ricerca di una camera d’albergo per Pasqua era un’impresa alla quale bisognava dedicarsi con mesi d’anticipo. A oggi l’80% delle camere disponibili a marzo è ancora senza prenotazioni. Per aprile c’è pochissima richiesta, eppure mancano meno di due mesi a Pasqua, seguita dal ponte del 25 aprile. Il 2022 non si è aperto bene. Gennaio e febbraio sono stati travolti dalla quarta ondata del Covid e a stento le località alpine sono riuscite a salvare il periodo natalizio. Nessuno si azzarda a fare previsioni per la primavera e men che mai per l’estate. Con il trend delle prenotazioni last minute e l’incertezza dell’evoluzione pandemica (anche se i dati indicano una flessione) l’orizzonte dei mesi estivi appare lontano. Eppure in condizioni normali le prime prenotazioni per luglio e agosto cominciavano ad arrivare proprio tra fine febbraio e inizio marzo. Gli operatori del settore non sanno quando riusciranno a recuperare le perdite degli ultimi due anni. Il premier Mario Draghi ha annunciato una road map per uscire dalle restrizioni con gradualità, ma la tabella di marcia, nel dettaglio, ancora non è nota. E ci si deve basare sulle dichiarazioni. L’unica data certa è il 31 marzo, quando scade lo stato di emergenza e anche l’obbligo di esibire il green pass rafforzato per alberghi, sagre, fiere e centri congressi e per ristoranti all’aperto. Draghi ha promesso che lo stato di emergenza non verrà prorogato, ma all’annuncio non è ancora seguito un atto formale. Non ci sarà più l’obbligo di esibire il super certificato sui mezzi di trasporto a lunga percorrenza quali treni, navi e aerei, tuttavia l’Unione europea ha già sollecitato una proroga. Ma la misura sarebbe un ostacolo alla circolazione dei turisti e quindi si dovrebbe decidere entro fine aprile. rigore esageratoSulla possibilità di cancellare il certificato, permangono linee diverse nel governo. Per gli spostamenti verso l’estero, secondo quanto indicato dal sito Viaggiaresicuri.it del ministero degli Esteri, permane fino al 15 marzo il divieto di spostarsi per turismo nei Paesi extra Schengen, indicati nell’elenco E. Gli spostamenti sono consentiti solo per motivi di lavoro, salute, studio, urgenza o rientro al domicilio di residenza. Un danno per le agenzie di viaggi che servono quelle località. Mentre per chi arriva dall’extra Ue non c’è più l’obbligo della quarantena e si entra con il green pass base. Lo scenario è in evoluzione di settimana in settimana. Intanto Spagna e Grecia hanno avviato da tempo la campagna di marketing per reclamizzare le località di vacanza e intercettare i turisti che cercano, oltre alla sicurezza dei minori contagi, anche la certezza delle regole. Sul sito dell’Enit, l’Ente dedicato a promuove l’immagine del nostro Paese e l’offerta turistica nazionale, se si cercano indicazioni aggiornate si viene rimandati al link del sito Italia.it con le misure valide solo fino al 15 marzo 2022. E chi volesse prenotare per Pasqua?Un altro fattore di incertezza per gli operatori turistici è rappresentato dell’impatto della crisi in Ucraina. Nel 2019, prima che scoppiasse la pandemia da Covid, il turismo russo in Italia generava 1,7 milioni di arrivi e 5,8 milioni di presenze. Una quota considerevole della domanda turistica nel nostro Paese che, con l’apertura delle frontiere anche ai viaggiatori dotati di solo green pass base, gli operatori del turismo speravano di recuperare, ma che ora è messa a rischio. Assoturismo ha stimato che gli effetti si sentiranno già in primavera. Il 24 aprile cade la Pasqua ortodossa, che solitamente fa affluire in Italia molti turisti russi, con 175.000 pernottamenti e quasi 20 milioni di euro di fatturato per le attività ricettive. Presenze che, probabilmente, non si concretizzeranno sull’onda delle tensioni internazionali. Sarebbe un colpo pesante. L’effetto Ucraina non incide solo sull’assenza di presenze russe. Il conflitto ha fatto decollare il prezzo dei combustibili e a cascata di tutti i prodotti con pericolosi rialzi dell’inflazione. Questo insieme di fattori condizionerà la progettazione di una vacanza che rischia di diventare un salasso, più che un piacere. due anni da dimenticareIl turismo viene da due anni da dimenticare. Il bilancio 2021 è stato il peggiore degli ultimi 5 anni. Il bollettino delle chiusure a seguito del blocco degli spostamenti e dell’azzeramento dei flussi dall’estero è drammatico. Sono 4.116 le imprese della ricettività e dei servizi turistici costrette a sospendere l’attività. L’accelerazione delle chiusure non è stata compensata da nuove aperture: in 12 mesi sono nate solo 1.916 nuove imprese turistiche, per un saldo negativo di 2.200 imprese in meno. La fotografia scattata da Assoturismo Confesercenti registra anche che, nel biennio del Covid, il numero delle aziende di settore uccise dalla crisi è stato oltre sei volte più alto di quello del biennio precedente.Il settore più colpito è quello della ricettività: nel 2021 il saldo tra aperture e chiusure per alberghi e simili è di 1.356 imprese chiuse. Peggiora anche il bilancio dei servizi turistici, che nel 2021 segna un saldo di -844 imprese: nel 2019, l’anno prima della crisi, il bilancio era stato di -366. Un crollo dovuto anche all’assenza totale di sostegni per questi comparti nell’anno appena concluso, dopo un primo e unico intervento nel 2020.colpiti lazio e nordestLa mancanza di turisti e l’azzeramento dei flussi legati al lavoro e agli eventi ha danneggiato in particolare la capitale e il Lazio che perde oltre mille imprese. Forte sofferenza anche nel Nordest, dove hanno chiuso 447 imprese, e nel Nordovest con 285 attività in meno. Ey Future Travel Behaviours ha tracciato alcune previsioni per quest’anno. Oltre il 60% dovrebbe tornare alle stesse abitudini di viaggio pre pandemia e in alcuni casi (1 su 4) aumenteranno gli spostamenti. L’Italia si conferma come la meta preferita per le vacanze dalla maggior parte delle persone (67%) mentre il 6% ha pianificato di lavorare da remoto in un luogo di villeggiatura. Per gli spostamenti il mezzo preferito resta l’auto perché permane ancora una certa diffidenza per il treno e l’aereo. Proiezioni ottimistiche, che però non tengono conto del conflitto ucraino e dell’aumento dei prezzi dei combustibili e dell’inflazione. 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Numeri che secondo Assoviaggi Confesercenti, l’associazione di settore, sono destinati a peggiorare se non si arriverà a brevissimo, dice allarmato il presidente Gianni Rebecchi, a «disegnare un quadro di regole chiare e comprensibili e soprattutto in linea con quelle di Paesi nostri competitor come Spagna e Grecia, dove è già cominciata la campagna di promozione della stagione estiva». A che punto sono le prenotazioni per Pasqua e 25 Aprile? «Prenotazioni? È una battuta? Con la confusione attuale in cui le regole cambiano di settimana in settimana, ditemi quale turista si azzarda a prenotare. Anche il turismo di prossimità, quello degli italiani, è bloccato. E intanto le aziende, senza alcuna entrata, continuano a pagare i dipendenti e devono far fronte agli oneri fiscali». Quindi al momento non si muove nulla per Pasqua? «Nulla. Anche se il turismo ha assunto l’abitudine di decidere last minute. Per chi arriva dall’estero è difficile comprendere le regole italiane. Si sceglie chi ha regole certe. L’Italia è stato il precursore della modifica del green pass che, nelle intenzioni di Bruxelles, doveva favorire gli spostamenti nell’Unione. Invece l’Italia a dicembre, alle porte del Natale, ha deciso che per entrare era necessario il tampone. Si è fatta precursore di demolire un principio. Abbiamo dato un segnale che qui le regole possono cambiare da un momento all’altro». Pasqua però può essere salvata dal turismo italiano. «C’è un grande desiderio di muoversi, riceviamo tante chiamate soprattutto di chiarimento sulle regole. Non possiamo però confidare solo sul turismo di prossimità. Sono molto preoccupato per le città d’arte. La tedesca Tui, la maggiore compagnia di viaggi al mondo, ha registrato una impennata di prenotazioni per pacchetti turistici che stanno tornando ai livelli pre Covid. Ma tutti questi tedeschi che vogliono riprendere a viaggiare dove credete si rivolgeranno con maggiore attenzione? Immagino preferiranno Paesi con regole certe e meno stringenti. Dalla Germania i nostri associati ci segnalano una timidissima ripresa dell’interesse verso l’Italia». E i viaggi verso l’estero? «Al momento l’interesse per mete del lungo raggio è modesto. Dal 1° marzo non c’è più l’obbligo della quarantena per chi arriva dai Paesi extra Ue e questo dovrebbe favorire i flussi in ingresso. Diversa la situazione per gli italiani che vogliono programmare una vacanza in quei Paesi. Da noi è in vigore fino al 15 marzo, e non si sa se sarà prorogato, il divieto di viaggiare per motivi di turismo verso molte destinazioni extra Schengen. Gli spostamenti verso i Paesi della lista E sono consentiti esclusivamente per giustificati motivi. Ciò non accade negli altri Paesi europei che non pongono, ormai da più di un anno, simili divieti, ma diramano semmai raccomandazioni di viaggio assimilabili a quelle pubblicate dal nostro ministero degli Esteri». Vuol dire che un francese o un tedesco può andare liberamente al di fuori della Ue ma un italiano no? «Gli altri Paesi membri adottano da tempo criteri che consentono ai connazionali di viaggiare verso mete extra Schengen di interesse turistico, sempre garantendo spostamenti in sicurezza. L’adozione del green pass e le campagne di vaccinazione che hanno raggiunto gran parte della popolazione hanno portato i partner europei a evolvere la propria posizione in base al mutato scenario. L’Italia è il solo Paese europeo nel quale è ancora in vigore tale divieto, nonostante il tasso di vaccinazione sia tra i più alti in Europa. Non solo, l’Europa sta già lavorando a una raccomandazione che, per i viaggi, sposterà il focus dal Paese di provenienza alla condizione del viaggiatore. Abbiamo sollecitato il governo di fare in fretta a lanciare messaggi rassicuranti ai turisti e a allentare le restrizioni. 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Eppure i dati dei contagi stanno scendendo e il governo ha allentato le restrizioni. Cosa vi preoccupa ancora e potrebbe impedire la ripartenza del settore? «L’allentamento delle restrizioni sta arrivando. Lo chiedevamo da tempo. I Paesi nostri concorrenti diretti come Spagna, Francia, Grecia hanno già deciso le date dell’abbattimento delle restrizioni e stanno facendo una campagna di marketing aggressiva, non solo per Pasqua ma per la stagione estiva che è la vera cartina tornasole della ripresa». E noi? «Ci muoviamo in anticipo quando si tratta di chiudere, ma quando bisogna ridare slancio al settore, approfittando della regressione della pandemia, indugiamo, ci perdiamo in estenuanti dibattiti politici. E perdiamo tempo prezioso. Il turismo vive di prenotazioni ma bisogna essere davvero temerari a partire con questo quadro normativo, confuso e ballerino. A oggi solo il 20% delle camere disponibili è stato prenotato. Per aprile c’è pochissima richiesta, eppure ci sono le vacanze di Pasqua e il 25 Aprile. Il 2022 non si è aperto bene. La quarta ondata del virus ha cancellato gennaio e febbraio e non ci sono segnali di ripartenza». L’Italia è un Paese percepito come molto sicuro, non può essere un vantaggio per attirare i turisti? «Chi viaggia ha bisogno di certezze nelle regole. Ci sono gli annunci, attendiamo però una road map precisa. L’estate scorsa le località balneari hanno fatto il pieno ma si trattava di italiani. Abbiamo bisogno dei flussi turistici stranieri, di trasformare le presenze di prossimità in strutturate e programmate. A parte il mare e la montagna, le città d’arte stanno morendo. Gli alberghi chiudono e i centri storici si desertificano. Il degrado avanza. Oltre al turismo delle vacanze pesa il blocco degli eventi e dei viaggi di lavoro». Non si è esaurito il fenomeno Zoom della convegnistica? «Gran parte delle aziende continua con lo smart working e i convegni sulle piattaforme digitali. Le sale per i forum negli alberghi sono inutilizzate ormai da oltre due anni e i viaggi d’affari sono ridotti al lumicino. I manager hanno scoperto che possono spostare gli incontri di business sul computer senza avere danni ma vantaggi come risparmio di tempo e denaro. È un settore che chissà quando tornerà ai ritmi pre Covid». Quali sono le stime per le presenza a Pasqua? «Non facciamo previsioni, abbiamo smesso. Il turismo di prossimità sarà presente soprattutto in montagna e nelle località marine ma le città d’arte continueranno a soffrire. Pasqua e il 25 Aprile saranno un test della ripresa. Conseguenze ci saranno anche dalla crisi ucraina. Il turismo dalla Russia ha alte capacità di spesa e se dovesse mancare ancora a lungo, sarebbe un guaio. Intanto per le strutture alberghiere sono terminate le condizioni agevolate con il fisco. Dal 1° gennaio si è conclusa la tregua dei mutui. Si poteva prolungare fino alla fine dello stato di emergenza, cioè al 31 marzo come pure si potevano prolungare i termini degli avvisi bonari e delle cartelle esattoriali. Gli albergatori dovranno affrontare questi pagamenti nonostante l’assenza di flussi turistici».
MR. BRAINWASH, Banksy thrower, opera unica su carta, 2022
Contrariamente a quanto si possa pensare, la street art, così straordinariamente attuale e rivoluzionaria, affonda le sue radici negli albori della storia: si può dire che parta dalle incisioni rupestri (i graffiti primitivi sono temi ricorrenti in molti street artist contemporanei) e millenni dopo, passando per le pitture murali medievali, i murales politici del dopoguerra e il « muralismo » messicano di Diego Rivera, José Clemente Orozco e David Alfaro Siqueiros, approdi nella New York ( o meglio, nel suo sottosuolo…) di fine anni ’60, dove tag, firme e strani simboli si moltiplicano sui treni e sui muri delle metropolitane, espressione di quella nuova forma d’arte che prende il nome di writing, quell’arte urbana che è la «parente più prossima » della street art, meno simbolica e più figurativa.
E quando si parla di street art, il primo nome che viene in mente è in assoluto quello di Banksy, la figura più enigmatica della scena artistica contemporanea, che ha fatto del mistero la sua cifra espressiva. Banksy è «l‘ artista che non c’è » ma che lascia ovunque il segno del suo passaggio, con una comunicazione che si muove con intelligenza tra arte e media: i suoi profili social sono il primo canale di diffusione e le sue opere, spesso realizzate con stencil (una maschera normografica su cui viene applicata una vernice, così da ottenere un'immagine sullo spazio retrostante), sono interventi rapidi nello spazio urbano, capaci di coniugare arte e messaggio politico. Quella di Bansky è un’arte clandestina, quasi abusiva, fulminea, che compare dal nulla un po’ovunque, in primis sui grandi scenari di guerra, dal muro che divide Israele e Palestina ai palazzi bombardati in Ucraina. Le sue immagini, dall’iconica Balloon Girl (la ragazzina con un palloncino rosso a forma di cuore) ai soldati che disegnano il segno della pace, dai bambini con maschere antigas, alle ragazzine che abbracciano armi da guerra, sono ironiche e dissacranti, a volte disturbanti, ma lanciano sempre messaggi politici e chiare invettive contro i potenti del mondo.
Ed è proprio il misterioso artista (forse) di Bristol il fulcro della mostra a Conegliano, curata da Daniel Buso e organizzata da ARTIKA in collaborazione con Deodato Arte e la suggestiva cittadina veneta.
La Mostra, Keith Haring e Obey
Ricca di 80 opere, con focus sulla figura di Bansky ( particolarmente significativa la sua Kids on Guns, un'opera del 2013 che rappresenta due bambini stilizzati in cima a una montagna di armi, simbolo della lotta contro la violenza), la mostra si articola attorno a quattro grandi temi - ribellione, pacifismo, consumismo e critica al sistema – ed ospita, oltre all’enigmatico artista britannico, altri due guru della street art: Keith Haring e Shepard Fairey, in arte Obey.
Convinto che «l’arte non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi: l’arte è per tutti e questo è il fine a cui voglio lavorare» Haring (morto prematuramente nel 1990, a soli 32 anni, stroncato dall’AIDS) ha creato un nuovo linguaggio comunicativo caratterizzato da tematiche legate alla politica e alla società, facendo degli omini stilizzati e del segno grafico nero i suoi tratti distintivi; Fairey, in arte Obey, attualmente uno degli street artist più importanti ( e discussi) al mondo, si è fin da subito reso conto di come la società in cui è nato e cresciuto lo abbia condotto all’obbedienza senza che lui se ne rendesse conto: da qui la scelta di chiamarsi Obey , che significa obbedire.
Bansky, Haring , Obey, praticamente la storia della street art racchiusa in una mostra che non è solo un'esposizione di opere d'arte, ma anche un'occasione per riflettere sulle contraddizioni di questo oramai popolarissimo movimento artistico e sul suo ruolo nella società contemporanea. Alla domanda se un’arte nata per contestare il sistema possa oggi essere esposta nei musei, venduta all’asta e diventare oggetto di mercato, non vengono offerte risposte, ma contributi per stimolare una riflessione personale in ogni visitatore. Perché, in fondo, anche questa è la forza della Street Art: porre questioni più che dare certezze...
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Da sx in alto: americani della 92ª Divisione, alpini della Divisione «Monterosa», paracadutisti tedeschi e la frazione di Sommocolonia oggi. Garfagnana, 26 dicembre 1944
La battaglia della Garfagnana, nota come Operazione «Wintergewitter» (tempesta invernale) fu l’ultima controffensiva delle forze dell’Asse sul fronte italiano. Iniziò la notte tra Natale e Santo Stefano del 1944 per terminare tre giorni più tardi. L’obiettivo, pur presentando scarse se non nulle possibilità di raggiungerlo, era quello di arrestare l’avanzata alleata lungo il fronte della linea Gotica allora in stallo per l’inverno rallentando l’avanzata degli angloamericani che puntavano verso Bologna e la Pianura Padana. Il teatro delle operazioni fu la valle del Serchio nella Garfagnana, in provincia di Lucca, dove gli americani del 92° Infantry Regiment, i famosi «Buffalo Soldiers» a maggioranza afroamericana, si erano acquartierati nei giorni precedenti al Natale, ritenendo le ostilità in pausa. L’effetto sorpresa era proprio il punto cardine dell’operazione pianificata dal comando tedesco guidato dal generale Otto Fretter-Pico. Le forze dell’Asse consistevano sostanzialmente di reparti da montagna, i «Gebirgsjaeger» tedeschi e gli alpini italiani della Divisione «Monterosa», uno dei primi reparti addestrati in Germania dopo la nascita della Repubblica Sociale. L’attacco fu fissato per la mezzanotte, tra il 25 e il 26 dicembre e procedette speditamente. I reparti speciali tedeschi e gli alpini iniziarono una manovra di accerchiamento da Montebono per Bobbio, Tiglio e Pian di Coreglia, mentre un reparto leggero prendeva in poche ore Sommocolonia. Contemporaneamente tutti i reparti si muovono, compreso un nucleo del Battaglione «San Marco», che in poco tempo occupava Molazzana. Entro la sera di Santo Stefano la linea dei Buffalo Soldiers era sfondata, mentre i reparti americani arretravano in massa. I prigionieri erano circa 250, mentre numerose armi e munizioni venivano requisite. Anche vettovaglie e generi di conforto cadevano nelle mani degli attaccanti.
Gli americani praticamente non reagirono, ma si spostarono in massa verso la linea difensiva di Bagni di Lucca. Per un breve tempo sembrò (soprattutto agli italiani, mentre i tedeschi sembravano paghi della riuscita sorpresa) che il fronte potesse cedere fino in Versilia e verso Livorno. L’ordine di Fretter-Pico di arrestare l’avanzata fu una doccia fredda. Le ragioni dell'arresto risiedevano principalmente nella difficoltà di mantenere le posizioni, la scarsità ormai cronica di uomini e munizioni (c’era solo l’artiglieria, nessun carro armato e soprattutto nessun supporto dall’Aviazione, praticamente sparita dai cieli del Nord Italia). Gli americani invece avevano il dominio assoluto del cielo, con i cacciabombardieri che potevano decollare dai vicini aeroporti della Toscana occupata, come quelli di Grosseto e Rosignano. Tra il 27 e il 30 dicembre 1944 i P-47 Thunderbolt dell’Usaf bombardarono a tappeto, mietendo vittime soprattutto tra la popolazione civile. La linea difensiva dell’Asse ritornò nei giorni successivi alle posizioni di partenza, mentre il fronte si assestava fino all’inizio del febbraio 1945 quando gli alleati lanciarono l’operazione «Fourth Term», che portò in pochi giorni alla conquista della Garfagnana. Durante l’operazione «Wintergewitter» lo scontro più violento si verificò nell’abitato di Sommocolonia dove la guarnigione americana perse quasi tutti gli uomini, compreso il proprio comandante tenente John R. Fox che, vistosi ormai circondato dai tedeschi, chiese all’artiglieria della 92ª di sparare sull’abitato nel tentativo disperato di rallentare l’attacco a sorpresa. Morì sotto le macerie della sua postazione e solamente nel 1997 fu insignito della medaglia d’onore.
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Lee Raybon avrebbe ambizioni da detective. Non da investigatore tout court. Piuttosto, vorrebbe essere un reporter, di quelli capaci - forti solo delle proprie risorse - di portare a termine indagini e inchieste, di dar forma alle notizie prima ancora che queste vengano diffuse dalle autorità competenti.
L'ambizione, tuttavia, è rimasta tale, nel corso di un'esistenza che ha costretto Raybon a ripiegare su altro per il mero sostentamento. Si è reinventato libraio, Lee Raybon, gestendo di giorno un negozio di libri rari. La notte, però, ha continuato a seguire il cuore, dando spazio alle sue indagini scalcagnate. Qualcuna è riuscito a trasformarla in articolo di giornale, venendola alle pagine di cronaca locale di Tulsa, città che ospita il racconto. E sono i pezzi ritagliati, insieme ai libri ormai giallognoli, ad affollare l'apportamento di Raybon, che la moglie ha mollato su due piedi, quando ben ha realizzato che non ci sarebbe stato spazio per altro nella vita di quell'uomo. Raybon, dunque, è rimasto solo. Non solo come il crime, per lo più, ha raccontato i suoi detective. Non è, cioè, una solitudine disperata, quella di Raybon. Non c'è tristezza né emarginazione. C'è passione, invece: quella per un mestiere cui anche la figlia dell'uomo sembra guardare con grande interesse.
Francis, benché quattordicenne, ha sviluppato per il secondo mestiere del padre una curiosità quasi morbosa, in nome della quale ha cominciato a seguirlo in ogni dove, partecipando lei pure alle indagini. Cosa, questa, che si ostina a fare anche quando la situazione diventa insolitamente complicata. Lee Raybon ha messo nel mirino i Washberg, una tra le famiglie più potenti di Tulsa. Ma uno di loro, Dale, si è tolto la vita, quando l'articolo di Raybon sulle faccende losche della dinastia è stato pubblicato su carta. Perché, però? Quali segreti nascondo i Washberg? Le domande muovono la nuova indagine di Raybon, la sostanziano. E, attorno alla ricerca di risposte, si dipana The Lowdon, riuscendo a bilanciare l'irrequietezza del suo protagonista, il suo cinismo, con il racconto di una dinamica familiare di solito estranea al genere crime.
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