2021-01-02
Cosa nasconde la guerra sul controllo degli 007?
Il 2020 si è chiuso con quasi 75.000 morti di Covid e una caduta del Prodotto interno lordo del 10 per cento a causa della pandemia. Tuttavia, invece di discutere delle ragioni per cui l'Italia ha registrato il maggior numero di decessi in Europa e perché è tra Paesi che in termini economici più hanno pagato i conti dell'epidemia, i partiti che sostengono la maggioranza di governo discutono di servizi segreti.Sì, da giorni assistiamo ad un dibattito surreale, che non ha al centro degli interessi delle forze politiche la situazione sanitaria ed economica dell'Italia, ma chi debba controllare gli apparati di sicurezza. Nel passato diversi presidenti del Consiglio, tra i quali Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, hanno scelto di spogliarsi della delega sugli 007 affidandola a un sottosegretario appositamente incaricato. Il Cavaliere a occuparsi dei dossier riservati designò Gianni Letta, mentre il Rottamatore incaricò Marco Minniti. A differenza dei predecessori, Paolo Gentiloni tenne per sé l'incarico, anche perché si racconta che fosse convinto di rimanere a Palazzo Chigi lo stretto necessario per organizzare le elezioni e tenere in caldo la poltrona per chi lo aveva designato, ovvero per Matteo Renzi. In realtà, alla fine restò alla guida del governo per un anno e mezzo, cioè fino a che grillini e leghisti non si misero d'accordo per la nascita del Conte uno. Quando a giugno del 2018 l'avvocato di Volturara Appula sciolse la riserva e decise di accettare l'incarico di far nascere il nuovo governo, invece di trovarsi un Gianni Letta o un Marco Minniti cui passare la patata bollente degli affari riservati, tenne per sé la delega. Pareva una cosa momentanea e nessuno diede troppo peso alla faccenda, anche perché, come è noto, il governo giallo verde ebbe vita breve e accidentata. Ciò detto, eccoci arrivati alla capriola di Renzi che consentì la nascita del Conte due. Dopo aver giurato e spergiurato che mai si sarebbe accordato con il Movimento 5 stelle, pur di evitare le elezioni, l'ex presidente del Consiglio ingoiò il rospo del Conte due, piazzando due ministri e un sottosegretario. Il piano dell'allora senatore semplice di Scandicci prevedeva poi la nascita di un partito personale che avrebbe dovuto rilanciarlo nel firmamento politico, consentendogli di guadagnare un ruolo chiave sulla scena. A differenza di ciò che aveva previsto, Italia viva però non è stato quel successo che Renzi aveva immaginato, perché nonostante le attese il neonato movimento è rimasto gracile e poco sviluppato. Così, a distanza di un anno dal parto della creatura, l'ex presidente del Consiglio si sbraccia per cercare visibilità, minacciando sfracelli e anche una crisi di governo. Fin qui non c'è nulla di cui stupirsi: Renzi ci ha abituati anche a cose peggiori di quelle cui assistiamo. Al di là delle smargiassate dell'ex segretario del Pd, la novità sta nella posta in gioco, che, come detto, non è la situazione del Paese, i morti di coronavirus e la caduta del Pil, ma la spartizione dei soldi in arrivo dalla Ue e la delega sui servizi segreti. Che Renzi si dia da fare per sedersi al tavolo di chi deve decidere come investire i miliardi europei è cosa scontata: l'uomo è sempre stato attento alle cose che contano e dunque non ha certo intenzione di farsi sfuggire la succulenta polpetta. Fin qui, dunque, non c'è nulla di cui stupirsi. Ma se il tema dei soldi rientra nelle regole del gioco, quello dei servizi segreti invece stona, perché l'idea che Conte e Renzi si scannino per decidere chi debba avere il controllo degli 007 è sorprendente. In un momento difficile per il Paese, la questione di chi debba controllarne la sicurezza è importante, ma non appare di certo decisiva. Perché dunque Conte è disposto a rischiare l'osso del collo pur di non cedere la delega sui segreti di Stato? E perché Renzi è pronto a giocarsi tutto pur di strappare al presidente del Consiglio il controllo sui misteri d'Italia? Insomma, è possibile che mentre l'Italia affonda questi due simpatici signori, che mai hanno vinto un'elezione, si sfidino per ragioni non dette? In poche parole e in due sole domande: che cos'hanno da nascondere e perché vogliono mettere le mani sui servizi segreti?
Mahmoud Abu Mazen (Getty Images)
(Guardia di Finanza)
I Finanzieri del Comando Provinciale di Varese, nell’ambito di un’attività mirata al contrasto delle indebite erogazioni di risorse pubbliche, hanno individuato tre società controllate da imprenditori spagnoli che hanno richiesto e ottenuto indebitamente oltre 5 milioni di euro di incentivi per la produzione di energia solare da fonti rinnovabili.
L’indagine, condotta dalla Compagnia di Gallarate, è stata avviata attraverso l’analisi delle società operanti nel settore dell’energia elettrica all’interno della circoscrizione del Reparto, che ha scoperto la presenza di numerose imprese con capitale sociale esiguo ma proprietarie di importanti impianti fotovoltaici situati principalmente nelle regioni del Centro e Sud Italia, amministrate da soggetti stranieri domiciliati ma non effettivamente residenti sul territorio nazionale.
Sulla base di tali elementi sono state esaminate le posizioni delle società anche mediante l’esame dei conti correnti bancari. Dall’esito degli accertamenti, è emerso un flusso finanziario in entrata proveniente dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), ente pubblico responsabile dell’erogazione degli incentivi alla produzione di energia elettrica. Tuttavia, le somme erogate venivano immediatamente trasferite tramite bonifici verso l’estero, in particolare verso la Spagna, senza alcuna giustificazione commerciale plausibile.
In seguito sono state esaminate le modalità di autorizzazione, costruzione e incentivazione dei parchi fotovoltaici realizzati dalle società, con la complicità di un soggetto italiano da cui è emerso che le stesse avevano richiesto ad un Comune marchigiano tre diverse autorizzazioni, dichiarando falsamente l’installazione di tre piccoli impianti fotovoltaici. Tale artificio ha consentito di ottenere dal GSE maggiori incentivi. In questi casi, infatti, il Gestore pubblico concede incentivi superiori ai piccoli produttori di energia per compensare i maggiori costi sostenuti rispetto agli impianti di maggiore dimensione, i quali sono inoltre obbligati a ottenere l’Autorizzazione Unica Ambientale rilasciata dalla Provincia. In realtà, nel caso oggetto d’indagine, si trattava di un unico impianto fotovoltaico collegato alla stessa centralina elettrica e protetto da un’unica recinzione.
La situazione è stata segnalata alla Procura della Repubblica di Roma, competente per i reati relativi all’indebita erogazione di incentivi pubblici, per richiedere il sequestro urgente delle somme illecitamente riscosse, considerati anche gli ingenti trasferimenti verso l’estero. Il Pubblico Ministero titolare delle indagini ha disposto il blocco dei conti correnti utilizzati per l’accredito delle somme da parte del GSE e il vincolo su tutti i beni nella disponibilità degli indagati fino alla concorrenza di oltre 5 milioni di euro.
L’attività della Guardia di Finanza è stata svolta a tutela del corretto impiego dei fondi pubblici al fine di aiutare la crescita produttiva e occupazionale. In particolare, l’intervento ispettivo ha permesso un risparmio pari a ulteriori circa 3 milioni di euro che sarebbero stati erogati dal GSE fino al 2031 alle imprese oggetto d’indagine.
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Viktor Orbán e Giorgia Meloni a Roma (Ansa)
Giorgia Meloni (Getty Images)