2024-10-08
Corte costituzionale, è il giorno di Marini. La sinistra non vota e urla ancora al golpe
Francesco Saverio Marini (Imagoeconomica)
Il quorum per eleggere il papà del premierato a portata di mano. Crisi di nervi dem: «Vogliono fermare i nostri referendum».È il giorno della verità per Francesco Saverio Marini: oggi alle 12.30 il Parlamento si riunisce in seduta comune per eleggere il successore di Silvana Sciarra nella Corte costituzionale, e il centrodestra punta tutto sul costituzionalista consigliere giuridico di Giorgia Meloni. Siamo all’ottava votazione, dopo che le precedenti sette sono andate a vuoto. Il quorum necessario per essere eletti è di 3/5 dei parlamentari (per le prime tre votazioni era di 2/3) e quindi Marini deve incassare 363 voti per diventare giudice costituzionale. Il centrodestra sulla carta conta su 355 parlamentari, appena 8 sotto la soglia, ma vanno già messi in conto i voti favorevoli di Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Giusy Versace, che hanno lasciato Azione e sono ritornate in maggioranza. Considerando che tra gruppo misto e autonomisti qualche votarello si racimola sempre, l’asticella è a portata di mano. Sarebbe un gran colpo per Giorgia Meloni piazzare il suo fidatissimo Marini, tra l’altro «padre» della riforma del premierato, nella Corte costituzionale, che sarà chiamata da qui a qualche mese ad esprimersi, oltre che sullo stesso premierato, anche sui ricorsi contro l’autonomia presentati dalle Regioni di centrosinistra e sulla ammissibilità del referendum contro la legge targata Roberto Calderoli. Non solo: il prossimo dicembre scade il mandato, che dura nove anni, anche del presidente della Consulta, Augusto Barbera, e dei vice Franco Modugno e Giulio Prosperetti, e se la votazione di oggi andasse a buon fine il centrodestra potrebbe piazzare altri tre giudici di estrazione moderata, capovolgendo, dopo decenni di dominio della sinistra, gli equilibri dell’organismo, anche se c’è chi prevede un accordo con le opposizioni che lasci almeno una indicazione ai progressisti. Restando alla votazione di oggi, pochi giorni fa Elly Schlein ha commentato con parole dure la scelta del centrodestra di tentare di eleggere Marini senza chiudere una intesa con l’opposizione: «Noi non accetteremo», ha detto la Schlein, «alcun tipo di blitz sull’elezione dei giudici della Corte costituzionale. È gravissimo anche solo averlo appreso dalla stampa. Questa concezione proprietaria delle massime istituzioni della Repubblica deve finire qui, e vederci tutti mobilitati a difesa delle garanzie democratiche». Come abbiamo detto, il quorum è a portata di mano, ma il centrodestra deve essere granitico: il pericolo sono gli assenti o peggio ancora i franchi tiratori (per evitare problemi, i partiti di maggioranza potrebbero ricorrere al vecchio stratagemma di far compilare la scheda in modo diverso da ciascun partito, ad esempio «professor Marini» per Fdi, «Francesco Saverio Marini» per Fi, «professor Francesco Saverio Marini» per la Lega, in modo tale da controllare la fedeltà dei parlamentari). Le opposizioni, per evitare che nel segreto dell’urna qualcuno possa dare un «aiutino» a Marini, stanno preparando una strategia che dovrebbe portare tutti i partiti di centrosinistra a non votare, o restando fuori dall’aula o non ritirando la scheda. Il M5s, a quanto apprende La Verità, è su questa linea, così come Avs; Carlo Calenda fa sapere che Azione «cercherà una linea comune» con le altre opposizioni; Italia viva «in accordo con le opposizioni» ha scelto di «di non partecipare al voto». il Pd riunirà i gruppi questa mattina per mettere a punto la strategia «ma credo che resteremo fuori», dice alla Verità un big dei dem. Pierferdinando Casini sarà in aula; impossibile sapere cosa faranno i senatori a vita. «La destra», denuncia il senatore dem Dario Parrini, esplicita la volontà, che non ha precedenti, di provare a consumare un colpo di mano sulla nomina di un giudice costituzionale. La Corte costituzionale non è cosa della maggioranza. Arrivati a questo punto si è inevitabilmente indotti a pensare che il governo sia all’affannosa ricerca di scorciatoie per fermare il referendum sull’autonomia da cui è ogni giorno sempre più spaventato. Siamo dinanzi a un fatto molto grave». Non si comprende come possa un solo giudice costituzionale condizionare le scelte della Consulta, ma la propaganda è propaganda. Ricordiamo che la Corte costituzionale è composta da quindici giudici. Cinque sono eletti dai magistrati di ciascuna delle tre magistrature superiori (tre dalla Corte di cassazione, uno dal Consiglio di Stato, uno dalla Corte dei conti), a maggioranza assoluta (metà più uno dei componenti del collegio elettorale) e con eventuale ballottaggio fra i più votati. Altri cinque sono eletti dal Parlamento in seduta comune; gli ultimi cinque sono scelti dal presidente della Repubblica di propria iniziativa. Perché la Corte possa deliberare, il collegio deve essere composto da almeno 11 membri. Se oggi non sarà eletto nessuno, a dicembre, con la scadenza di altri tre membri, i giudici costituzionali saranno appunto 11. A quel punto, basterà un raffreddore di un giudice per paralizzare tutto. Non solo: di norma un giudice non si esprime su una vicenda se sa già che l’iter non sarà concluso prima della scadenza del suo mandato: Barbera, Modugno e Prosperetti quindi potrebbero già essere «fuori tempo» per diverse questioni.
(Guardia di Finanza)
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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