
Condannato a 23 anni l’anarchico che aveva fatto uno sciopero della fame per abolire il 41 bis. L’accusa voleva l’ergastolo.Nel giorno in cui a Milano la Digos ha privato della libertà sei seguaci di Alfredo Cospito, l'arruffapopoli detenuto al 41 bis, a Torino, invece, i giudici del secondo processo in Corte d’assise d’appello hanno rigettato la proposta della Procura generale, che chiedeva l'ergastolo con 12 mesi di isolamento diurno, ritenendo per l’ideologo degli anarcoinsurrezionalisti sufficienti 23 anni di carcere. Mentre per la sua compagna, Anna Beniamino, dai 27 anni e un mese della precedente sentenza la pena è scesa a 17 anni e 9 mesi. Al centro del nuovo esame c’era solo uno degli episodi contestati: l’attentato alla scuola allievi carabinieri di Fossano (Cuneo) del 2 giugno 2006, inizialmente configurato come reato di strage semplice e che i giudici della Corte di cassazione hanno riqualificato in strage politica, rimandando all’Appello la riformulazione della pena (che per Cospito era di 20 anni di reclusione). I giudici della Consulta, però, due mesi fa, hanno fatto deflagrare una bomba sotto il quarto comma dell’articolo 69 del codice penale «nella parte in cui vieta al giudice di considerare eventuali circostanze attenuanti come prevalenti sulla circostanza aggravante della recidiva nei casi in cui il reato è punito con la pena edittale dell’ergastolo», dichiarandolo incostituzionale. E siccome a Fossano non ci furono né morti né feriti, stando alle valutazioni dei giudici del primo processo d’appello, che considerarono il fatto come di lieve entità, l’attenuante poteva applicarsi. Il percorso fatto dalle toghe del processo bis, mandando alle ortiche la requisitoria della Procura generale, che puntava sul fatto che Cospito era recidivo, sembra essere andato in questa direzione. Anche se per le motivazioni della sentenza bisognerà attendere, come stabilito dai giudici, fino al 24 settembre 2023. Cospito, che ha seguito dal carcere l’udienza in videoconferenza, si era difeso: «Non c’è nessuna prova che noi abbiamo piazzato gli ordigni a Fossano». Poi aveva ripreso a fare l’ideologo: «Questo è un processo alle idee. Gli anarchici non fanno stragi indiscriminate, perché gli anarchici non sono lo Stato. In 20 anni di attentati di sigle anarchiche non c’è mai stato un morto. Chiaramente erano tutti attentati dimostrativi. Questo è solo un processo alle idee». Ma è la prima volta che l’anarchico nega il suo coinvolgimento nell’attentato. Secondo l’imputato «la perizia calligrafica» sul biglietto con il quale fu rivendicato l’attentato «non» sarebbe «una prova, ma una forzatura». Si tratterebbe, secondo lui, «di una ricalcatura di una calligrafia sconosciuta». E questa è stata la sua conclusione: «La tesi surreale che è passata è che abbiamo ricalcato la nostra stessa calligrafia». Pensava forse di poter puntare addirittura a un’assoluzione? Un attimo prima il suo difensore, l’avvocato Flavio Rossi Albertini, aveva detto ai giudici: «Non si capisce perché la Procura generale voglia applicare una pena così esemplare». E rivolgendosi ai giudici popolari, aveva aggiunto: «Abbiamo parlato della strage di Bologna, voi avete un senso di proporzionalità e giustizia, è importante in processi come questi che i cittadini valutino quanto è accaduto a Fossano». La Corte si è quindi ritirata in camera di consiglio, dove è prevalsa la linea garantista. «Siamo assolutamente soddisfatti», ha detto dopo la lettura del dispositivo l’avvocato Rossi Albertini, «23 anni è una pena elevata ma avevamo il timore che potesse andare molto, molto peggio». Mentre il difensore della Beniamino, l’avvocato Gianluca Vitale, ha affermato che «è stata semplicemente ricondotta un minimo di ragionevolezza su questo procedimento». Alcuni anarchici si erano dati appuntamento davanti al Palazzo di giustizia. «Solidarietà con Anna e Alfredo», avevano scritto sullo striscione esposto al presidio. Hanno potuto festeggiare il mancato ergastolo. Mentre solo poche ore prima gli investigatori della Digos avevano notificato sei misure cautelari agli indagati per i disordini del corteo dell’11 febbraio scorso, organizzato proprio in solidarietà a Cospito (in quel momento alle prese con lo sciopero della fame e della sete). Le contestazioni: resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamento, travisamento, utilizzo illegittimo di fumogeni, detenzione di armi proprie, reati «connotati», scrive il gip Guido Salvini, «da un considerevole livello di violenza». I sei raggiunti da vari provvedimenti (divieti e obblighi di dimora in particolare), tra i quali c’è anche un cittadino svizzero, sarebbero, stando alle indagini, «tutti militanti del movimento radicale anarchico milanese, alcuni dei quali elementi di spicco del sodalizio Galipettes occupato, noti per partecipare assiduamente a quelle manifestazioni che venivano organizzate in maniera estemporanea, quasi con cadenza settimanale, dall’Assemblea milanese di solidarietà per Cospito».
Nel 2025 la Bce ha tagliato di 1 punto gli interessi, ma i prestiti casa sono diventati più cari. Su un fisso (9 su 10 lo preferiscono al variabile) da 150.000 euro a 25 anni il salasso è di 600 euro all’anno. Motivo? I mercati non credono possano esserci altre sforbiciate.
La Bce taglia i tassi o comunque non li aumenta e i mutui per comprare casa sono sempre più cari. È questo il paradossale fenomeno con il quale devono fare i conti le famiglie italiane che hanno deciso di indebitarsi pur di coronare il sogno di una vita: l’abitazione di proprietà. Tanto per intenderci: nel 2025, la Banca Centrale Europea ha limato per quattro volte il costo del denaro portandolo dal 3 al 2%. Si poteva sperare in qualcosa in più soprattutto con un Europa che cresce a ritmi lentissimi e con un’inflazione tutto sommato stabile, ma tant’è.
Le fake news russe diventano la scusa per varare il Democracy shield, l’ente per la «resilienza democratica» con cui l’Europa si arrogherà il diritto di controllare l’informazione. Che già influenza coi soldi a tv e giornali.
La Commissione europea si prepara a sferrare un attacco frontale contro quella che definisce «disinformazione» e «ingerenza straniera», ma i suoi piani sollevano gravi interrogativi sulla libertà di espressione dell’Unione. L’iniziativa, presentata come il nuovo «Scudo europeo per la democrazia» (Democracy shield), viene lanciata oggi a Bruxelles. Al centro di questo piano c’è la proposta di istituire una nuova struttura, il Centro europeo per la resilienza democratica, presentata come un polo per coordinare gli sforzi tra l’Ue e i Paesi membri contro attacchi ibridi di disinformazione provenienti, in particolare, da attori stranieri come la Russia.
Antonio Chiappani (Ansa)
Proteste in commissione Covid per l’audizione di Antonio Chiappani, il procuratore che indagò Conte e Speranza per epidemia colposa. Lui cita il codice penale: non impedire un evento evitabile equivale a cagionarlo.
Ancora una volta gli auditi proposti dalla maggioranza sono puntualmente contestati dall’opposizione. Succede in commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza sanitaria Covid. Ieri, a essere ascoltato era Antonio Chiappani, già procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo. «Sono qui per rappresentare tutte le criticità della prima fase della pandemia», ha spiegato più volte il magistrato, elencando le conseguenze del mancato aggiornamento e della non attuazione del piano del 2006. Apriti cielo. Il deputato Alfonso Colucci del M5s ha strepitato che «non è il caso di rifare il processo a Conte e Speranza», e che Chiappani avrebbe definito «sbagliato il provvedimento del tribunale dei ministri» mentre «le tesi dell’accusa si sono rivelate un buco nell’acqua».
2025-11-12
Viale Papiniano, il cantiere finisce sotto sequestro: per la Procura è nuova costruzione abusiva
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Dopo le inchieste dell’estate scorsa, arriva il provvedimento della magistratura: bloccato il palazzo di otto piani che avevamo raccontato su La Verità. Secondo i pm, dietro la Scia di ristrutturazione si nascondeva un intervento fuori scala, privo di piano attuativo e permesso di costruire.
In agosto era soltanto uno dei tanti cantieri finiti sui tavoli della procura di Milano tra le decine di filoni dell'inchiesta urbanistica. Oggi, quelle carte sono diventate un fascicolo giudiziario. E' stato disposto il sequestro preventivo dell’area di viale Papiniano 48, dove la società Papiniano 48 Srl stava realizzando un edificio residenziale di otto piani e due interrati al posto di un vecchio laboratorio commerciale di tre piani.
Secondo il decreto firmato il 10 novembre dal pubblico ministero Giovanna Cavalleri, con la co-firma del sostituto Luisa Baima Bollone e coordinanti dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, si tratta a tutti gli effetti «di una nuova costruzione in assenza di valido titolo edilizio». Il provvedimento, emesso d’urgenza, ordina il blocco immediato dei lavori «per evitare l’aggravamento delle conseguenze del reato e l’ulteriore avanzamento dell’edificio abusivo».
Gli indagati sono Mauro Colombo, direttore dei lavori e progettista, e Salvatore Murè, amministratore unico della Papiniano 48 Srl e della Murè Costruzioni. Entrambi sono accusati di lottizzazione abusiva e costruzione senza permesso di edificare, in violazione del Testo unico dell’edilizia.
La storia del cantiere — già raccontata questa estate dalla Verità — era iniziata con una Scia edilizia (Segnalazione certificata di inizio attività) presentata nel 2021 come “ristrutturazione con demolizione e ricostruzione”. In realtà, scrive la Procura, l’intervento “consiste nella demolizione integrale di un fabbricato e nella costruzione di un nuovo edificio di otto piani fuori terra e due interrati, con caratteristiche morfologiche e volumetriche completamente diverse”.
In altre parole: non un recupero, ma una nuova costruzione. E non una qualsiasi. L’immobile, una volta completato, avrebbe superato i 25 metri di altezza e i 3 metri cubi per metro quadrato di densità, soglie che — spiega il decreto — obbligano per legge a un piano attuativo o una lottizzazione convenzionata. Nessuno dei due strumenti era stato approvato.
Il Comune di Milano aveva già sospeso i lavori nel maggio 2024, rilevando «caratteristiche dimensionali e morfologiche eccedenti i limiti consentiti» e avviando un procedimento di annullamento d’ufficio della Scia. La società, tuttavia, ha ripreso il cantiere nell’autunno di quest’anno, dopo aver tentato — invano — di trasformare la pratica in un permesso di costruire convenzionato tramite un accordo con Palazzo Marino.
Il 16 ottobre scorso la Papiniano 48 Srl ha comunicato la ripresa dei lavori “a prescindere dall’esito del procedimento”, e pochi giorni dopo gli agenti della Polizia Locale hanno documentato la gettata del primo piano in cemento armato. Da qui l’intervento urgente della Procura.
Nel decreto si parla esplicitamente di una vicenda “sovrapponibile” ad altri cantieri già finiti sotto sequestro — come quelli di via Crescenzago e via Cancano — e di una “prassi illegittima” consolidata negli anni, in cui opere edilizie ad alto impatto urbanistico venivano impropriamente qualificate come ristrutturazioni per evitare piani attuativi e permessi di costruire.
La Procura ricorda anche la circolare comunale del 2023, sospesa la scorsa primavera, che aveva aperto la strada a interpretazioni “elastiche” dell’articolo 41-quinquies della legge urbanistica, quello che impone limiti di altezza e densità. «Tale disposizione — scrivono i magistrati — esprime un principio fondamentale della pianificazione, non derogabile da circolari o leggi regionali».
Il terreno di viale Papiniano 48, inoltre, è sottoposto a vincolo paesaggistico e rientra nel “Nucleo di Antica Formazione” del Comune, oltre che nel vincolo regionale “Naviglio Grande – Nucleo rurale di interesse paesaggistico”. Per la Procura, la trasformazione dell’area «comporta una lesione irreversibile dei beni tutelati dalla normativa urbanistica e ambientale».
L’edificio preesistente era basso, a uso commerciale, compatibile con il tessuto storico. Il nuovo, con otto piani e due interrati, cambierebbe completamente la morfologia dell’isolato.
Il sequestro di viale Papiniano arriva in un momento cruciale per l’amministrazione milanese, ancora alle prese con le inchieste sull’urbanistica che hanno toccato anche dirigenti comunali, professionisti e imprenditori. La stessa delibera di Giunta del maggio 2025 — citata nel decreto — era nata per fare chiarezza dopo mesi di indagini e polemiche.
Ora, con questo nuovo provvedimento, la magistratura sembra consolidare una linea: la stagione delle “Scia creative” è finita.
E quel palazzo che in agosto sembrava solo “troppo alto per essere vero” diventa oggi un simbolo giudiziario del nuovo corso milanese, dove i confini tra ristrutturazione e nuova costruzione non sono più soltanto una questione tecnica, ma un banco di prova per la legalità urbanistica della città.
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