
Stop del Comune di Roma alle lezioni del Progetto Pioneer, bollato come «negazionista del femminicidio» e omofobo da alcuni prof del liceo Montale, in tandem con associazioni arcobaleno. Grazie alla gogna mediatica, l’accordo è saltato per un «vizio di forma».Coloro che sostengono l’inesistenza dell’ideologia gender dovrebbero conoscere questa storia romana, il cui messaggio ultimo è piuttosto chiaro: chi non aderisce al dogma della fluidità e della decostruzione dei sessi non può entrare nelle nostre scuole. Si realizza, così, il sogno di ogni amministrazione di sinistra, cioè imporre la propria visione come l’unica possibile. A farne le spese, questa volta, sono il Liceo Montale di Roma e il Progetto Pioneer, associazione di promozione sociale composta da professionisti quali medici, psicologi ed educatori. Dopo aver vinto un bando del Comune, se lo sono visti revocare senza spiegazioni plausibili, sull’onda di una campagna mediatica ben orchestrata.Il bando, chiamato «A Scuola di Parità», punta a promuovere nelle scuole superiori di Roma la «cultura delle pari opportunità, la prevenzione della violenza contro le donne, il superamento degli stereotipi di genere e il contrasto alle discriminazioni basate sull’identità di genere e l’orientamento sessuale». Vi partecipano in tandem scuole e associazioni, come nel caso del Liceo Montale e di Pioneer, una realtà solida con professionisti qualificati. Insieme si aggiudicano la gara e, a fine marzo, il progetto viene approvato senza ostacoli dal collegio dei docenti. Ma il Montale, agli occhi dei progressisti, aveva già una macchia: l’aver respinto, un anno addietro, la «carriera alias», il meccanismo che permette agli studenti di usare un nome diverso da quello anagrafico. In vista del 3 aprile, data fissata per il passaggio del progetto in Consiglio di istituto, qualche professore dissidente si organizza per dare battaglia. E il Domani è subito pronto a imbracciare le armi: «A lezione dai negazionisti del femminicidio in un liceo di Roma», titola il giorno precedente un pezzo a firma di Simone Alliva. Il quale, nel suo articolo, riporta dichiarazioni de «i professori» (quanti, non è dato sapere), che definiscono il progetto «una trappola». «Si presentano come un generico corso di educazione affettiva per poi parlare di corpo e identità in un’ottica anti-Lgbt, da negazionisti del femminicidio e anti-aborto», accusano «i docenti» sulle pagine del Domani. A oscurare ulteriormente l’immagine del Montale, il riferimento al dirigente Francesco Rossi, «noto per aver chiamato i carabinieri nel 2023 per fermare un’occupazione studentesca».Il giorno successivo arriva anche l’attacco di Scosse, potente associazione legata all’attivismo Lgbt capitolino (i cui massimi vertici, in collaborazione col Comune, impartiscono corsi di formazione alle educatrici dei nidi sugli stereotipi di genere e l’inclusione). «L’educazione sessuo-affettiva», si legge in una nota, «è un processo di conoscenza, autoconsapevolezza, empowerment, di costruzione e decostruzione permanente, che inizia dalla prima infanzia, si snoda durante la fase particolarissima dell’adolescenza e continua lungo tutto l’arco della vita. L’Oms sostiene che essa vada promossa con un approccio sempre positivo, fondato sul rispetto e l’assertività, sulla laicità e sull’uguale dignità di ogni identità e orientamento sessuale». Tradotto: l’educazione non sarebbe altro che l’«affermazione» di ciò che sente il bambino (il famoso modello affermativo). «Niente di tutto questo», continua la nota, «troviamo nell’approccio scientifico ed educativo di Progetto Pioneer», definito come «una pseudo educazione all’affettività che i Pro Vita - camuffandosi con altri appellativi - attuano per entrare nelle scuole e promuovere tabù, astinenza, omolesbobitransfobia». Per inciso, la stessa scuola cinque anni prima ha condotto un progetto con Scosse, realizzando «attività con ragazzi e ragazze protagoniste di una presa di coscienza esemplare» (sono le parole con cui l’associazione descrive il proprio lavoro). «L’Amministrazione Gualtieri e l’Assessora Lucarelli», conclude, «facciano subito chiarezza e si assumano le proprie responsabilità, in coerenza con le dichiarazioni pubbliche, procedendo alla revoca dell’aggiudicazione del bando o alla sostituzione del partner da parte della scuola». Detto, fatto. Il Consiglio di istituto ha da poco approvato il progetto quando, dal dipartimento delle Pari opportunità di Roma, arriva l’email che revoca l’assegnazione. Appellandosi a un vizio di forma del tutto pretestuoso, cioè proprio la mancata delibera del Consiglio nei tempi previsti (cosa che, a quanto raccontano persone vicine all’ambiente, non è stata fatta valere in passato), sempre il 3 aprile il Comune annulla l’accordo. Il giorno successivo, il Domani celebra il trionfo: «Bloccate le lezioni dei negazionisti della violenza di genere in un liceo di Roma».Secondo Maria Chiara Iannarelli (Fdi), consigliere della Regione Lazio e vicepresidente della Commissione formazione, politiche giovanili e pari opportunità, «è fondamentale bloccare quell’attivismo militante, sostenuto dalla sinistra, che sta strumentalizzando le scuole, vi sta diffondendo le applicazioni più ideologiche degli studi di genere (come la carriera alias, che spinge sempre più giovani alla transizione) e paradossalmente oggi attacca le scelte didattiche di scuole e dirigenti avveduti». «Di fronte a questi fatti», ha dichiarato alla Verità, «è indispensabile che i genitori siano invece avvisati dei contenuti ideologici che stanno spingendo i nostri giovani alla fluidità di genere, con grandi rischi per il loro sviluppo. Come Fratelli d’Italia, abbiamo depositato in Parlamento una proposta di legge sul consenso informato preventivo, e lo stesso è stato fatto dal gruppo in Campidoglio, per garantire ai genitori il diritto primario di scegliere l’educazione per i propri figli».
Antonio Scurati (Ansa)
Eccoli lì, tutti i «veri sapienti» progressisti che si riuniscono per chiedere all’Aie di bandire l’editore «Passaggio al bosco» dalla manifestazione «Più libri più liberi».
Sono tutti lì belli schierati in fila per la battaglia finale. L’ultima grande lotta in difesa del pensiero unico e dell’omologazione culturale: dovessero perderla, per la sinistra culturale sarebbe uno smacco difficilmente recuperabile. E dunque eccoli, uniti per chiedere alla Associazione italiana editori di cacciare il piccolo editore destrorso Passaggio al bosco dalla manifestazione letteraria Più libri più liberi. Motivo? Tale editore sarebbe neofascista, apologeta delle più turpi nefandezze novecentesche e via dicendo. In un appello rivolto all’Aie, 80 autori manifestano sdegno e irritazione. Si chiedono come sia possibile che Passaggio al bosco abbia trovato spazio nella fiera della piccola editoria, impugnano addirittura il regolamento che le case editrici devono accettare per la partecipazione: «Non c’è forse una norma - l’Articolo 24, osservanza di leggi e regolamenti - che impegna chiaramente gli espositori a aderire a tutti i valori espressi nella Costituzione italiana, nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea e nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in particolare a quelli relativi alla tutela della libertà di pensiero, di stampa, di rispetto della dignità umana? Poniamo quindi queste domande e preoccupazioni all’attenzione dell’Associazione italiana editori per aprire una riflessione sull’opportunità della presenza di tali contenuti in una fiera che dovrebbe promuovere cultura e valori democratici». Memorabile: invocano la libertà di pensiero per chiedere la censura.
Olivier Marleix (Ansa)
Pubblicato post mortem il saggio dell’esponente di spicco dei Républicains, trovato impiccato il 7 luglio scorso «Il presidente è un servitore del capitalismo illiberale. Ha fatto perdere credibilità alla Francia nel mondo».
Gli ingredienti per la spy story ci sono tutti. Anzi, visto che siamo in Francia, l’ambientazione è più quella di un noir vecchio stile. I fatti sono questi: un politico di lungo corso, che conosce bene i segreti del potere, scrive un libro contro il capo dello Stato. Quando è ormai nella fase dell’ultima revisione di bozze viene tuttavia trovato misteriosamente impiccato. Il volume esce comunque, postumo, e la data di pubblicazione finisce per coincidere con il decimo anniversario del più sanguinario attentato della storia francese, quasi fosse un messaggio in codice per qualcuno.
Roberto Gualtieri (Ansa)
Gualtieri avvia l’«accoglienza diffusa», ma i soldi andranno solo alla Ong.
Aiutiamoli a casa loro. Il problema è che loro, in questo caso, sono i cittadini romani. Ai quali toccherà di pagare vitto e alloggio ai migranti in duplice forma: volontariamente, cioè letteralmente ospitandoli e mantenendoli nella propria abitazione oppure involontariamente per decisione del Comune che ha stanziato 400.000 euro di soldi pubblici per l’accoglienza. Tempo fa La Verità aveva dato notizia del bando comunale con cui è stato istituito un servizio di accoglienza che sarà attivo dal 1° gennaio 2026 fino al 31 dicembre 2028. E ora sono arrivati i risultati. «A conclusione della procedura negoziata di affidamento del servizio di accoglienza in famiglia in favore di persone migranti singole e/o nuclei familiari o monogenitoriali, in possesso di regolare permesso di soggiorno, nonché neomaggiorenni in carico ai servizi sociali», si legge sul sito del Comune, «il dipartimento Politiche sociali e Salute comunica l’aggiudicazione del servizio. L’affidamento, relativo alla procedura è stato aggiudicato all’operatore economico Refugees Welcome Italia Ets».
2025-12-03
Pronto soccorso in affanno: la Simeu avverte il rischio di una crisi strutturale nel 2026
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iStock
Secondo l’indagine della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza, dal 2026 quasi sette pronto soccorso su dieci avranno organici medici sotto il fabbisogno. Tra contratti in scadenza, scarso turnover e condizioni di lavoro critiche, il sistema di emergenza-urgenza rischia una crisi profonda.
Il sistema di emergenza-urgenza italiano sta per affrontare una delle sue prove più dure: per molti pronto soccorso l’inizio del 2026 potrebbe segnare una crisi strutturale del personale medico. A metterne in evidenza la gravità è Alessandro Riccardi, presidente della Simeu - Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza - al termine di un’indagine che fotografa uno scenario inquietante.






