2022-06-08
Il «Corriere» insiste sui presunti putiniani ma incassa smentite
Fiorenza Sarzanini (Ansa)
Copasir e Franco Gabrielli negano il dossieraggio. Il vicedirettore Fiorenza Sarzanini non sa più come giustificare la polpetta avvelenata.Raffaele Lorusso, presidente della Fnsi (il sindacato dei giornalisti), ha alzato un poco la voce per dire che le liste di proscrizione, in una democrazia, sarebbe meglio evitarle. A proposito dell’elenco di presunte quinte colonne putiniane pubblicato un paio di giorni fa sul Corriere della Sera, Lorusso è stato piuttosto diretto. «Un conto», ha detto, «è se si fosse in possesso di prove inoppugnabili su giornalisti a libro paga od organici alla macchina della propaganda filorussa. Ben diverso sarebbe se tali elenchi fossero stati compilati sulla base di opinioni che, per quanto considerate sgradite, sarebbero comunque legittime». Il problema è che le sue parole sono finite in fondo agli articoli: poche righe giusto per lavarsi la coscienza che il giornale di via Solferino - come molti altri - non ha considerato granché. In compenso, il Corriere ha insistito anche ieri a battere la grancassa sulla «minaccia ibrida» rappresentata dalle fantomatiche infiltrazioni russe in Italia. Ha dato spazio a Federica Dieni, vicepresidente del Copasir in quota M5s, secondo cui gli approfondimenti sulla propaganda moscovita sono ancora in corso e potrebbero riservate altre sorprese. La Dieni sembrava provare gusto a mostrarsi come una inflessibile guardiana della verità ufficiale. Rivendicava con soddisfazione la messa al bando dei media russi, si dilettava a spiegare perché i no vax diventino poi putiniani (sono persone «manipolabili»). E soprattutto sembrava gradire molto l’operazione condotta dal prestigioso Corrierone che ha finalmente smascherato i servi dello Zar. Ovvero giornalisti come Giorgio Bianchi e Maurizio Vezzosi, analisti come l’ottantaquattrenne Manlio Dinucci e vari altri. Persone che in alcuni casi nemmeno si conoscono fra loro e le cui posizioni sono sempre state espresse alla luce del sole.Il fatto è che in questa storia grottesca e inquietante assieme troppe cose non tornano, e non da oggi. Come noto, gli illustri colleghi di via Solferino hanno attribuito la paternità della lista di putiniani proprio al Copasir. Solo che Adolfo Urso, presidente del Copasir medesimo, ha vigorosamente smentito: «Il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica rileva di non aver mai condotto proprie indagini su presunti influencer e di aver ricevuto solo questa mattina un report specifico che per quanto ci riguarda, come sempre, resta classificato», ha detto lunedì. Copre il Copasir anche il pd Enrico Borghi, che del Comitato è membro: «Non commento fughe di notizie che non sono riferibili in alcun modo al Copasir», afferma. In pratica, Urso ha affermato che il Copasir non ha condotto alcuna indagine né ha stilato elenchi di reprobi. Poi ha aggiunto che sui presunti putiniani esiste effettivamente un report (realizzato dall’Intelligence), ma questo documento è stato consegnato al Copasir soltanto lunedì mattina intorno alle 10. Quindi ben 24 ore dopo l’uscita del primo articolo del Corriere sul tema. Federica Dieni ha confermato: la relazione è arrivata al comitato solo lunedì. Tradotto: il Copasir non c’entra, l’unico report esistente lo hanno fatto i servizi di Intelligence. «È un’attività che mira non all’individuazione di singoli soggetti, bensì alla disamina di contenuti riconducibili al fenomeno della disinformazione», spiega però Franco Gabrielli, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. L’intelligence italiana «non ha mai stilato alcuna lista di politici, giornalisti, opinionisti o commentatori, né ha mai svolto attività di dossieraggio», assicura. Insomma, notizie «destituite di ogni fondamento». Ma allora perché il Corriere ha parlato di un elenco di putiniani prodotto dal Copasir? Fiorenza Sarzanini, coautrice dell’articolo sulle spie filorusse e vicedirettore del giornale milanese, lunedì è intervenuta in diretta su Byoblu, emittente accusata di diffondere propaganda filorussa. Intervistata da Virginia Camerieri, direttore responsabile della rete, ha pronunciato frasi suggestive. «Noi abbiamo dato conto di un’indagine del Copasir sulla libertà di opinione», ha ribadito più volte. «L’indagine del Copasir», ha aggiunto, «è su persone che sono liberissime di esprimere le proprie opinioni, ma se invece raccontano fatti che non sono provati e questi fatti si trasformano in disinformazione e in propaganda per uno dei due fronti... Sarebbe successo anche rispetto all’Ucraina». Beh, a dire il vero non risulta che siano state composte liste di propagandisti filo ucraini. Ma soprattutto non risulta che sia stato il Copasir a produrre elenchi di putiniani. Eppure, il vicedirettore del Corriere sostiene il contrario, nonostante la plateale smentita dei vertici del comitato.Non è tutto. A Byoblu, la Sarzanini (di questo le va reso merito) si è confrontata con Giorgio Bianchi e Manlio Dinucci, cioè due dei presunti propagandisti al soldo di Mosca. La scena è stata grottesca. A Bianchi che le chiedeva di fornire esempi della disinformazione di cui lui si sarebbe reso responsabile, la Sarzanini non ha saputo rispondere. Scena muta e qualche scusa. La discussione con Dinucci si è rivelata ancora più surreale. L’analista è finito nell’elenco dei traditori perché, a detta del Corriere, un brano del suo libro sarebbe stato citato da Putin in persona nel discorso del 9 maggio. Dinucci ha domandato quale fosse il passaggio incriminato, e la Sarzanini ha mostrato di non saperlo. Poi la giornalista ha specificato che in realtà Dinucci veniva annoverato fra i propagandisti per aver scritto «un articolo che poi è stato rilanciato su tutti questi canali filorussi». Ecco, questo è il livello. Il principale quotidiano italiano (o presunto tale) ha pubblicato un articolo in cui si diceva che il Copasir ha prodotto una lista di pericolosi mistificatori al servizio di Mosca. Ha fornito nomi, foto e informazioni su questi soggetti. Ha formulato accuse pesanti. Ma una delle autrici dell’articolo, interrogata in diretta televisiva su Byoblu, quanto le è stato chiesto di fornire prove ha mostrato serio imbarazzo e ha cercato maldestramente di arrampicarsi sugli specchi. Riassunto: giornalisti, politici e analisti sono stati violentemente attaccati in prima pagina, esposti al pubblico ludibrio quali traditori della patria sulla base di accuse non verificate. Se una vicenda del genere avesse coinvolto qualche intellettuale di area dem e fosse stata montata da un quotidiano non allineato, oggi si sentirebbe gridare ovunque allo scandalo. Invece nel tritacarne è finito qualche oppositore del governo, e a confezionare la polpetta è stato il Corriere, dunque l’indignazione viene risparmiata. Sì, forse una bella indagine sua disinformazione servirebbe proprio. Ma non sulle balle prodotte in Russia: sulle bufale italiane dop.
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)
Nel riquadro: Ferdinando Ametrano, ad di CheckSig (IStock)
Francesca Albanese (Ansa)