2022-11-08
«L’emergenza climatica non esiste». Basta un Nobel per bocciare Cop 27
Una sessione durante Cop27 a Sharm el Sheikh (Getty Images)
Ivar Giaever è il primo firmatario di una petizione di 1.200 scienziati che smentisce la propaganda ecologista. Già nel 2015 dimostrava che l’aumento della temperatura della Terra dello 0,3% in 150 anni è innocuo.Premio Nobel per la fisica nel 1973, Ivar Giaever è il primo firmatario di una petizione di oltre 1.200 scienziati che avvertono il mondo che non c’è alcuna emergenza climatica. Ma il pianeta preferisce credere agli allarmi lanciati dalla Cop 27, che seguono la narrazione unica dei maggiori media mondiali. Se cercate su Google, «Ivar Giaever global warming» trovate il video di due memorabili conferenze del Nobel, una del 2012, l’altra del 2015. Quest’ultima è trasmessa dallo Heartland Institute, un think tank (e action tank, come amano precisare) Usa, promotore del libero mercato. Per coloro che non hanno tempo di seguirle le riassumo brevemente.Giaever racconta di aver cominciato a interessarsi di riscaldamento globale nel 2008, quando fu invitato a una tavola rotonda e, per prepararsi, aveva approfondito l’argomento dalla letteratura disponibile in Internet. Scopriva così che c’era la convinzione generale secondo cui la temperatura superficiale media su tutta la Terra sarebbe aumentata da circa 288 a 289 K (kelvin) in circa 150 anni. La circostanza veniva presentata come prova di un allarmante cambiamento climatico anomalo, ma un aumento dello 0,3% in 150 anni, osserva il professore, significa solo che il clima è stato sorprendentemente stabile. Nel 2011 l’American physical society (Aps) si copriva di ridicolo con la seguente lapidaria sentenza: «L’evidenza è incontrovertibile, il riscaldamento globale è in corso. Se non vengono intraprese azioni di mitigazione, è probabile che si verifichino guasti significativi nei sistemi fisici ed ecologici del pianeta, nei sistemi sociali, e nella sicurezza e nella salute umana. Dobbiamo ridurre le emissioni di gas serra subito». Di tutta risposta il professore decideva di dimettersi dall’Aps: uno smacco per l’associazione, che perdeva così un Nobel. Le ragioni della decisione son presto dette. Innanzitutto, nulla nella scienza è incontrovertibile, cosicché l’Aps si presentava come associazione politica o, addirittura, religiosa. Poi, perché non era chiaro come mai l’Aps lanciasse un allarme sul mondo d’oggi rispetto a quello di 150 anni fa quando, è evidente che tutto oggi è migliorato. Infine, l’assunto dell’Aps è sconfessato dai fatti, visto che la temperatura più alta osservata fino al 2015 era del 1998: insomma l’Aps si lamentava di un riscaldamento che non c’era.«Sono norvegese», scherza il Nobel, «non credo che dovrei preoccuparmi di un po’ di riscaldamento». Inoltre, egli osserva come allarmi analoghi fossero stati lanciati decenni anni prima sulle piogge acide, sul buco dell’ozono e sulla deforestazione, ma l’umanità è ancora più florida che mai. Si sente spesso parlare di un presunto gran numero di scienziati che sarebbero convinti della gravità del problema. Ma il numero non è importante: ciò che importa è se hanno ragione o torto. Dovremmo invece essere terrorizzati dalla propaganda unilaterale nei media, e per tutti i soldi sprecati in energie alternative, quando così tanti bambini nel mondo vanno a letto affamati. Il riscaldamento globale è diventato una nuova religione perché è proibito discuterne, esattamente come non si discutono i dogmi religiosi. Per esempio, se uno osserva che l’aumento allarmante delle temperature medie globali è dello 0,3% in 150 anni, e che ci sono luoghi del pianeta con escursioni termiche di 80 gradi nel corso dell’anno, quello viene messo subito a tacere e additato come negazionista. Inoltre, bisognerebbe chiedere all’Aps: ma qual è la temperatura media ottimale per la Terra? L’Aps non risponde. Quella di 150 anni fa? E perché? Magari 2 gradi in più sarebbe meglio o forse in meno. Un’altra cosa curiosa è credere che si possa misurare la temperatura media della Terra per un anno intero, farlo con la precisione della frazione di grado e credere che il risultato sia significativo. Non lo è. Nessun fisico direbbe che quel valore medio, con quella precisione, è significativo. Ma poi: tra il 1998 e il 2015 la temperatura non è cresciuta, ma in quegli anni la CO2 è aumentata senza sosta. Cosa serve ancora per dedurre che la CO2 non è climalterante? Per fugare l’allarme, alcuni Paesi hanno deciso di privilegiare le fonti d’energia rinnovabili. Per esempio, negli Usa si chiede di introdurre il 10% di alcol nella benzina. È una cosa molto stupida (volte gli americani fanno cose stupide). L’alcol da aggiungere alla benzina si ottiene dal mais, ma il mais è cibo e con quella stupida scelta ora il cibo costa di più. Inoltre, nessuno sembra comprendere quanto la CO2 sia importante per la crescita delle piante: l’aumento di CO2 è una cosa meravigliosa perché ora le piante crescono più velocemente, quindi l’aumento di CO2 fa bene all’agricoltura. La verità è che il clima è sempre cambiato, con o senza immissioni antropiche di CO2. In proposito, una cosa curiosa, poi, è che quando si parla di cambiamento climatico, questo è sempre presentato come un cambiamento in peggio. Ammesso che la CO2 cambi il clima, perché mai sarebbe necessariamente in peggio? Ci si lamenta dell’innalzamento del mare di pochi millimetri, ma con la fine dell’ultima glaciazione il livello del mare è salito di 100 metri in pochissimi anni. E gli uragani che hanno colpito gli Usa dal 1850 a oggi non sono aumentati, né di numero né di forza. Allora, non c’è neanche bisogno di essere uno scienziato per guardare i dati, per vedere che la temperatura è scesa tra il 1940 e il 1980 o tra il 1998 e il 2015, nonostante l’aumento senza sosta della CO2, o per contare il numero degli uragani che hanno colpito le Americhe e la loro forza e vedere che entrambi sono ora di meno che in passato. Dovremmo essere tutti preoccupati, invece, perché ci sono mercanti di terrore che angosciano i giovani facendo loro credere che da 150 anni il pianeta va a rotoli. Invece è da 150 anni che nulla è perfetto ma tutto va meglio: viviamo più a lungo, abbiamo una salute migliore, tutto è meglio. Dovremmo essere tutti preoccupati perché i milioni di rifugiati che attraversano il Mediterraneo scappano dalla povertà, non dal riscaldamento globale. Avremmo dovuto tutti chiedere accordi di Parigi che aiutassero quella gente a uscire dalla loro povertà, non fornendo loro parchi solari ed eolici quasi inutili. Questo è un modo molto costoso per produrre energia, mentre il motivo per cui oggi siamo più sani e in forma rispetto a 200 anni fa è proprio perché abbiamo a disposizione energia a basso costo, grazie al petrolio, al carbone, al gas e al nucleare. E dovremmo continuare a farlo. Il riscaldamento globale non è affatto un problema: il clima va lasciato stare, si prenderà da solo cura di sé stesso.
Federico Cafiero De Raho (Ansa)
(Totaleu)
Lo ha detto l'eurodeputato di Fratelli d'Italia Paolo Inselvini alla sessione plenaria di Strasburgo.
Giornata cruciale per le relazioni economiche tra Italia e Arabia Saudita. Nel quadro del Forum Imprenditoriale Italia–Arabia Saudita, che oggi riunisce a Riyad istituzioni e imprese dei due Paesi, Cassa depositi e prestiti (Cdp), Simest e la Camera di commercio italo-araba (Jiacc) hanno firmato un Memorandum of Understanding volto a rafforzare la cooperazione industriale e commerciale con il mondo arabo. Contestualmente, Simest ha inaugurato la sua nuova antenna nella capitale saudita, alla presenza del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani.
L’accordo tra Cdp, Simest e Jiacc – sottoscritto alla presenza di Tajani e del ministro degli Investimenti saudita Khalid A. Al Falih – punta a costruire un canale stabile di collaborazione tra imprese italiane e aziende dei Paesi arabi, con particolare attenzione alle opportunità offerte dal mercato saudita. L’obiettivo è facilitare l’accesso delle aziende italiane ai mega-programmi legati alla Vision 2030 e promuovere partnership industriali e commerciali ad alto valore aggiunto.
Il Memorandum prevede iniziative congiunte in quattro aree chiave: business matching, attività di informazione e orientamento ai mercati arabi, eventi e missioni dedicate, e supporto ai processi di internazionalizzazione. «Questo accordo consolida l’impegno di Simest nel supportare l’espansione delle Pmi italiane in un’area strategica e in forte crescita», ha commentato il presidente di Simest, Vittorio De Pedys, sottolineando come la collaborazione con Cdp e Jiacc permetterà di offrire accompagnamento, informazione e strumenti finanziari mirati.
Parallelamente, sempre a Riyad, si è svolta la cerimonia di apertura del nuovo presidio SIMEST, inaugurato dal ministro Tajani insieme al presidente De Pedys e all’amministratore delegato Regina Corradini D’Arienzo. L’antenna nasce per fornire assistenza diretta alle imprese italiane impegnate nei percorsi di ingresso e consolidamento in uno dei mercati più dinamici al mondo, in un Medio Oriente considerato sempre più strategico per la crescita internazionale dell’Italia.
L’Arabia Saudita, al centro di una fase di profonda trasformazione economica, ospita già numerose aziende italiane attive in settori quali infrastrutture, automotive, trasporti sostenibili, edilizia, farmaceutico-medicale, alta tecnologia, agritech, cultura e sport. «L’apertura dell’antenna di Riyad rappresenta un passo decisivo nel rafforzamento della nostra presenza a fianco delle imprese italiane, con un’attenzione particolare alle Pmi», ha dichiarato Corradini D’Arienzo. Un presidio che, ha aggiunto, opererà in stretto coordinamento con la Farnesina, Cdp, Sace, Ice, la Camera di Commercio, Confindustria e l’Ambasciata italiana, con l’obiettivo di facilitare investimenti e cogliere le opportunità offerte dall’economia saudita, anche in settori in cui la filiera italiana sta affrontando difficoltà, come la moda.
Le due iniziative – il Memorandum e l’apertura dell’antenna – rafforzano dunque la presenza del Sistema Italia in una delle aree più strategiche del panorama globale, con l’ambizione di trasformare le opportunità della Vision 2030 in collaborazioni concrete per le imprese italiane.
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