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2024-12-29
Contro la manovra a scatola chiusa. Parlamento aperto due giorni in più
Le proteste sono sempre le stesse da quando, sei anni fa, è diventata prassi far esaminare la manovra da uno solo dei due rami del Parlamento, relegando l’altro a un ruolo di mera ratifica. La scadenza del 31 dicembre per evitare l’esercizio provvisorio è un limite invalicabile, mentre la manovra viene presentata dal governo al Parlamento, giorno più giorno meno, alla fine di ottobre. Funziona così: la Camera (o il Senato, i due rami si alternano anno per anno) riceve dal governo la manovra e la esamina in commissione Bilancio; il testo poi viene discusso in Aula e approvato; a quel punto, la manovra passa all’altro ramo del Parlamento, che discute, valuta e apporta modifiche; essendo cambiato il testo, questo torna di nuovo alla prima Camera che lo ha esaminato, che lo approva in maniera definitiva. Tre letture, di cui una di pura ratifica, in due mesi: il tempo ci sarebbe, eppure sono ormai sei anni che la manovra resta per quasi tutto il tempo a disposizione nella commissione Bilancio di uno dei due rami del Parlamento, costringendo l’altro a limitarsi a un via libera, trasformandoci in un monocameralismo di fatto.
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, intervenendo in aula al Senato, ha riservato a questo problema un passaggio non scontato: «Il governo», ha ricordato innanzitutto Giorgetti, «ha presentato in Parlamento, alla Camera dei deputati, il 23 ottobre il disegno di legge di bilancio. Questo è semplicemente per dire che probabilmente c’è un piccolo problema di procedure parlamentari che va risolto e che fa riferimento anche a come funzionano le Aule e le commissioni. Non so da quanti anni purtroppo è così», ha aggiunto Giorgetti, «ma siccome la legge bisogna comunque riformarla in base alle nuove regole europee, è già partito un lavoro preliminare. Essendo materia parlamentare e non di governo, l’iniziativa su queste cose deve essere parlamentare e noi», ha garantito Giorgetti, «siamo assolutamente disponibili».
La Verità ha consultato due senatori di primissimo piano della maggioranza, l’economista della Lega Claudio Borghi e il capogruppo di Forza Italia Maurizio Gasparri, per capire i motivi di questo problema e ascoltare le proposte per poterlo risolvere. Borghi, in particolare, da presidente della commissione Bilancio della Camera, nel 2018 riuscì a far approvare la manovra il 3 dicembre, dando modo così al Senato di esaminarla nel dettaglio: è stata l’ultima volta che le due Camere hanno avuto pari dignità. Cosa è successo, poi? «L’anno dopo», ricorda Borghi, «la manovra passò prima per il Senato, dove c’era un presidente di commissione del M5s un po’ inesperto, e l’approvazione arrivò a ridosso di Natale, non consentendo quindi alla Camera di esaminarla. Poi ci fu il Covid, e da quel momento purtroppo è saltato tutto. Credo che questa consuetudine», aggiunge Borghi, «sia da addebitare al fatto che ormai succede la stessa cosa per i decreti legge del governo, che vanno convertiti dal Parlamento entro 60 giorni altrimenti decadono. Molto spesso uno dei due rami del Parlamento si prende quasi tutto il tempo per l’approvazione, e l’altro non può fare altro che ratificare». Rimedi possibili? «Bisognerebbe eliminare», riflette Borghi, «dalla legge di bilancio i piccoli e piccolissimi interventi, quelli che stanno a cuore ai singoli parlamentari perché riguardano i territori o determinate categorie, e fanno perdere un sacco di tempo, tra pareri del Mef e discussioni. Basterebbe prevedere un fondo per le proposte dei singoli parlamentari, che verrebbe poi ripartito successivamente, con una discussione apposita».
Molto interessanti anche le considerazioni di Gasparri: «Occorre intervenire», dice alla Verità il leader dei senatori di Forza Italia, «sui regolamenti dei due rami del Parlamento. Al Senato abbiamo introdotto alcune modifiche dopo il taglio dei parlamentari, la Camera è ancora indietro. Suggerirei che prima di esaminare una legge importante, connessa al programma elettorale della coalizione che ha vinto le elezioni, si voti una sorta di pregiudiziale in positivo, che imponga una tempistica certa per l’approvazione di quel provvedimento per ciascuna Camera. In questo modo», sottolinea Gasparri, «la commissione deve calendarizzare i lavori sapendo di dover rispettare una scadenza precisa, dando modo all’altro ramo del Parlamento di poter esaminare con gli stessi tempi quella legge. Bisognerebbe fare la stessa cosa anche per i decreti legge, che devono essere convertiti entro 60 giorni. Succede spesso che un ramo del Parlamento impieghi 50 giorni per l’approvazione, e così l’altra Camera non può far altro che ratificare. Imponendo 30 giorni per ciascuna Camera», aggiunge Gasparri, «anche i decreti legge verrebbero esaminati dai due rami del Parlamento in maniera approfondita. Si può infine intervenire sul lunedì e il venerdì, giornate nelle quali il Parlamento lavora a scartamento ridotto, facendoli diventare giorni di lavoro come il martedì, il mercoledì e il giovedì».
Dal governo invece non arrivano segnali di particolare attivismo rispetto a quanto segnalato da Giorgetti, anche se il ministro dei Rapporti col Parlamento Luca Ciriani ha chiosato dicendo che «il Parlamento, nella sua totalità, potrebbe decidere di intervenire per darsi delle regole più stringenti così da garantire a entrambi i rami di intervenire sul testo della manovra». Mentre il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari ha dichiarato: «Trovare il modo di avere più di un mese sia per la Camera sia per il Senato è una cosa che si può provare a fare». E ancora: «Sono delle dinamiche che fanno parte del nostro meccanismo, del sistema, che cerchiamo di migliorare ma che abbiamo ereditato».
Legge di bilancio approvata. «Per la sanità in arrivo risorse record»
Dopo il via libera del Senato, la manovra è legge con 108 sì, 63 no e un astenuto. «È una manovra di grande equilibrio, che sostiene i redditi medio bassi, aiuta le famiglie con figli, stanzia risorse record per la sanità, riduce la pressione fiscale e dà una mano a chi produce e crea occupazione e benessere», ha riassunto il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Vediamo le misure chiave, a partire da cuneo e Irpef: bonus ai redditi fino a 20.000 euro, per quelli tra 20 e 40.000 una detrazione con décalage. Irpef su tre scaglioni: 35% per redditi oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 23% fino a 28.000 euro e 43% oltre 50.000 euro. Prevista anche per il 2025 la maxideduzione al 120% del costo del lavoro per le nuove assunzioni che sale al 130% per i lavoratori fragili. Il tetto dei fringe benefit sale a 1.000 euro per tutti, a 2.000 per chi ha figli; importi maggiorati per i neoassunti che accettano di trasferirsi di oltre 100 chilometri. Prorogata per tre anni la tassazione agevolata al 5% dei premi di produttività per i redditi fino a 80.000 euro. L’Ires, l’imposta sui redditi delle società, è ridotta di 4 punti per chi accantona almeno l’80% degli utili del 2024 e ne reinveste in azienda almeno il 30% (e non meno del 24% degli utili del 2023). Contro l’abuso della Naspi, arriva un nuovo requisito: servono 13 settimane di contribuzione dall’ultima cessazione di lavoro a tempo indeterminato interrotto per dimissioni volontarie. Sale dal 25 al 30% il limite di detassazione per le mance ricevute dai camerieri e da 30 a 35.000 euro il tetto di reddito da lavoro dipendente per accedere alla flat tax per la parte di lavoro autonomo. Per quel che riguarda la pubblica amministrazione, blocco parziale del turnover nel limite del 75% delle uscite. Esclusi enti locali, Forze dell’ordine, Vigili del fuoco e ricercatori. Per il rinnovo dei contratti sono previsti 1,7 miliardi per il 2025, 3,55 per il 2026 e 5,55 dal 2027.Tante le misure a favore della natalità, a partire dai 1.000 euro una tantum per ogni nuovo nato o adottato da gennaio 2025 ai nuclei con Isee fino a 40.000 euro. Viene poi introdotto il quoziente familiare per calcolare le detrazioni, con una stretta per i redditi oltre i 75.000 euro. Il tetto cresce in base al numero dei figli. Si allunga da due a tre mesi il congedo parentale all’80%. Bonus nido con Isee fino a 40.000 euro. Per le mamme lavoratrici, confermata ed estesa alle autonome (con reddito fino a 40.000 euro) la decontribuzione al 100% per le donne con almeno due figli. Sale da 800 a 1.000 euro il tetto delle detrazioni per le rette delle scuole paritarie e aumenta il contributo per le paritarie che accolgono alunni con disabilità. Inoltre arriva un contributo per le attività extra scolastiche dei giovani da 6 a 14 anni in nuclei con Isee fino a 15.000 euro. Previsti pure fondi per gli oratori. Passiamo al capitolo immobili, a partire dal rinnovo fino al 2027 delle agevolazioni sui mutui per l’acquisto della prima casa per gli under 36 e le giovani coppie. Per l’acquisto di un nuovo elettrodomestico ad alta efficienza energetica è previsto un contributo del 30% del costo, fino a 100 euro. Il sostegno sale a 200 euro per famiglie con un Isee inferiore a 25.000 euro. Confermata la carta Dedicata a te per i redditi bassi.
Sul fronte della salute, arriva la psicologo nelle scuole e per il bonus psicologo vengono stanziati 1,5 milioni in più. Il Fondo sanitario sale nel 2025 di 2,5 miliardi a 136,5 miliardi. Cinquanta milioni per il finanziamento del nuovo piano pandemico nel 2025, 150 nel 2026 e 300 milioni annui dal 2027. Incrementate le indennità per i lavoratori del Pronto soccorso e la parte fissa e variabile del trattamento economico dei medici in formazione specialistica. Borse di studio per specializzazioni sanitarie non mediche. Fondo da 3 milioni in tre anni per la cura e prevenzione dell’obesità. Stop alla ricetta cartacea.Per finire, il turismo: nel 2025, rifinanziamento da oltre 152 milioni del trattamento integrativo speciale per il lavoro notturno e straordinario e 110 milioni per i contratti di sviluppo.
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Le proposte dopo le parole di Giorgetti e le polemiche sul monocameralismo di fatto. Gasparri (Fi): «Basta ai lavori a scartamento ridotto lunedì e venerdì». Borghi (Lega): «Fondo per emendamenti sui micro interventi». Sì alla fiducia. Il premier festeggia: «Testo di grande equilibrio»Tutte le misure, dal taglio dell’Ires agli aiuti alle famiglie.Lo speciale contiene due articoli.Le proteste sono sempre le stesse da quando, sei anni fa, è diventata prassi far esaminare la manovra da uno solo dei due rami del Parlamento, relegando l’altro a un ruolo di mera ratifica. La scadenza del 31 dicembre per evitare l’esercizio provvisorio è un limite invalicabile, mentre la manovra viene presentata dal governo al Parlamento, giorno più giorno meno, alla fine di ottobre. Funziona così: la Camera (o il Senato, i due rami si alternano anno per anno) riceve dal governo la manovra e la esamina in commissione Bilancio; il testo poi viene discusso in Aula e approvato; a quel punto, la manovra passa all’altro ramo del Parlamento, che discute, valuta e apporta modifiche; essendo cambiato il testo, questo torna di nuovo alla prima Camera che lo ha esaminato, che lo approva in maniera definitiva. Tre letture, di cui una di pura ratifica, in due mesi: il tempo ci sarebbe, eppure sono ormai sei anni che la manovra resta per quasi tutto il tempo a disposizione nella commissione Bilancio di uno dei due rami del Parlamento, costringendo l’altro a limitarsi a un via libera, trasformandoci in un monocameralismo di fatto. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, intervenendo in aula al Senato, ha riservato a questo problema un passaggio non scontato: «Il governo», ha ricordato innanzitutto Giorgetti, «ha presentato in Parlamento, alla Camera dei deputati, il 23 ottobre il disegno di legge di bilancio. Questo è semplicemente per dire che probabilmente c’è un piccolo problema di procedure parlamentari che va risolto e che fa riferimento anche a come funzionano le Aule e le commissioni. Non so da quanti anni purtroppo è così», ha aggiunto Giorgetti, «ma siccome la legge bisogna comunque riformarla in base alle nuove regole europee, è già partito un lavoro preliminare. Essendo materia parlamentare e non di governo, l’iniziativa su queste cose deve essere parlamentare e noi», ha garantito Giorgetti, «siamo assolutamente disponibili». La Verità ha consultato due senatori di primissimo piano della maggioranza, l’economista della Lega Claudio Borghi e il capogruppo di Forza Italia Maurizio Gasparri, per capire i motivi di questo problema e ascoltare le proposte per poterlo risolvere. Borghi, in particolare, da presidente della commissione Bilancio della Camera, nel 2018 riuscì a far approvare la manovra il 3 dicembre, dando modo così al Senato di esaminarla nel dettaglio: è stata l’ultima volta che le due Camere hanno avuto pari dignità. Cosa è successo, poi? «L’anno dopo», ricorda Borghi, «la manovra passò prima per il Senato, dove c’era un presidente di commissione del M5s un po’ inesperto, e l’approvazione arrivò a ridosso di Natale, non consentendo quindi alla Camera di esaminarla. Poi ci fu il Covid, e da quel momento purtroppo è saltato tutto. Credo che questa consuetudine», aggiunge Borghi, «sia da addebitare al fatto che ormai succede la stessa cosa per i decreti legge del governo, che vanno convertiti dal Parlamento entro 60 giorni altrimenti decadono. Molto spesso uno dei due rami del Parlamento si prende quasi tutto il tempo per l’approvazione, e l’altro non può fare altro che ratificare». Rimedi possibili? «Bisognerebbe eliminare», riflette Borghi, «dalla legge di bilancio i piccoli e piccolissimi interventi, quelli che stanno a cuore ai singoli parlamentari perché riguardano i territori o determinate categorie, e fanno perdere un sacco di tempo, tra pareri del Mef e discussioni. Basterebbe prevedere un fondo per le proposte dei singoli parlamentari, che verrebbe poi ripartito successivamente, con una discussione apposita». Molto interessanti anche le considerazioni di Gasparri: «Occorre intervenire», dice alla Verità il leader dei senatori di Forza Italia, «sui regolamenti dei due rami del Parlamento. Al Senato abbiamo introdotto alcune modifiche dopo il taglio dei parlamentari, la Camera è ancora indietro. Suggerirei che prima di esaminare una legge importante, connessa al programma elettorale della coalizione che ha vinto le elezioni, si voti una sorta di pregiudiziale in positivo, che imponga una tempistica certa per l’approvazione di quel provvedimento per ciascuna Camera. In questo modo», sottolinea Gasparri, «la commissione deve calendarizzare i lavori sapendo di dover rispettare una scadenza precisa, dando modo all’altro ramo del Parlamento di poter esaminare con gli stessi tempi quella legge. Bisognerebbe fare la stessa cosa anche per i decreti legge, che devono essere convertiti entro 60 giorni. Succede spesso che un ramo del Parlamento impieghi 50 giorni per l’approvazione, e così l’altra Camera non può far altro che ratificare. Imponendo 30 giorni per ciascuna Camera», aggiunge Gasparri, «anche i decreti legge verrebbero esaminati dai due rami del Parlamento in maniera approfondita. Si può infine intervenire sul lunedì e il venerdì, giornate nelle quali il Parlamento lavora a scartamento ridotto, facendoli diventare giorni di lavoro come il martedì, il mercoledì e il giovedì». Dal governo invece non arrivano segnali di particolare attivismo rispetto a quanto segnalato da Giorgetti, anche se il ministro dei Rapporti col Parlamento Luca Ciriani ha chiosato dicendo che «il Parlamento, nella sua totalità, potrebbe decidere di intervenire per darsi delle regole più stringenti così da garantire a entrambi i rami di intervenire sul testo della manovra». Mentre il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari ha dichiarato: «Trovare il modo di avere più di un mese sia per la Camera sia per il Senato è una cosa che si può provare a fare». E ancora: «Sono delle dinamiche che fanno parte del nostro meccanismo, del sistema, che cerchiamo di migliorare ma che abbiamo ereditato». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/contro-la-manovra-scatola-chiusa-2670697224.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="legge-di-bilancio-approvata-per-la-sanita-in-arrivo-risorse-record" data-post-id="2670697224" data-published-at="1735491259" data-use-pagination="False"> Legge di bilancio approvata. «Per la sanità in arrivo risorse record» Dopo il via libera del Senato, la manovra è legge con 108 sì, 63 no e un astenuto. «È una manovra di grande equilibrio, che sostiene i redditi medio bassi, aiuta le famiglie con figli, stanzia risorse record per la sanità, riduce la pressione fiscale e dà una mano a chi produce e crea occupazione e benessere», ha riassunto il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Vediamo le misure chiave, a partire da cuneo e Irpef: bonus ai redditi fino a 20.000 euro, per quelli tra 20 e 40.000 una detrazione con décalage. Irpef su tre scaglioni: 35% per redditi oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 23% fino a 28.000 euro e 43% oltre 50.000 euro. Prevista anche per il 2025 la maxideduzione al 120% del costo del lavoro per le nuove assunzioni che sale al 130% per i lavoratori fragili. Il tetto dei fringe benefit sale a 1.000 euro per tutti, a 2.000 per chi ha figli; importi maggiorati per i neoassunti che accettano di trasferirsi di oltre 100 chilometri. Prorogata per tre anni la tassazione agevolata al 5% dei premi di produttività per i redditi fino a 80.000 euro. L’Ires, l’imposta sui redditi delle società, è ridotta di 4 punti per chi accantona almeno l’80% degli utili del 2024 e ne reinveste in azienda almeno il 30% (e non meno del 24% degli utili del 2023). Contro l’abuso della Naspi, arriva un nuovo requisito: servono 13 settimane di contribuzione dall’ultima cessazione di lavoro a tempo indeterminato interrotto per dimissioni volontarie. Sale dal 25 al 30% il limite di detassazione per le mance ricevute dai camerieri e da 30 a 35.000 euro il tetto di reddito da lavoro dipendente per accedere alla flat tax per la parte di lavoro autonomo. Per quel che riguarda la pubblica amministrazione, blocco parziale del turnover nel limite del 75% delle uscite. Esclusi enti locali, Forze dell’ordine, Vigili del fuoco e ricercatori. Per il rinnovo dei contratti sono previsti 1,7 miliardi per il 2025, 3,55 per il 2026 e 5,55 dal 2027.Tante le misure a favore della natalità, a partire dai 1.000 euro una tantum per ogni nuovo nato o adottato da gennaio 2025 ai nuclei con Isee fino a 40.000 euro. Viene poi introdotto il quoziente familiare per calcolare le detrazioni, con una stretta per i redditi oltre i 75.000 euro. Il tetto cresce in base al numero dei figli. Si allunga da due a tre mesi il congedo parentale all’80%. Bonus nido con Isee fino a 40.000 euro. Per le mamme lavoratrici, confermata ed estesa alle autonome (con reddito fino a 40.000 euro) la decontribuzione al 100% per le donne con almeno due figli. Sale da 800 a 1.000 euro il tetto delle detrazioni per le rette delle scuole paritarie e aumenta il contributo per le paritarie che accolgono alunni con disabilità. Inoltre arriva un contributo per le attività extra scolastiche dei giovani da 6 a 14 anni in nuclei con Isee fino a 15.000 euro. Previsti pure fondi per gli oratori. Passiamo al capitolo immobili, a partire dal rinnovo fino al 2027 delle agevolazioni sui mutui per l’acquisto della prima casa per gli under 36 e le giovani coppie. Per l’acquisto di un nuovo elettrodomestico ad alta efficienza energetica è previsto un contributo del 30% del costo, fino a 100 euro. Il sostegno sale a 200 euro per famiglie con un Isee inferiore a 25.000 euro. Confermata la carta Dedicata a te per i redditi bassi.Sul fronte della salute, arriva la psicologo nelle scuole e per il bonus psicologo vengono stanziati 1,5 milioni in più. Il Fondo sanitario sale nel 2025 di 2,5 miliardi a 136,5 miliardi. Cinquanta milioni per il finanziamento del nuovo piano pandemico nel 2025, 150 nel 2026 e 300 milioni annui dal 2027. Incrementate le indennità per i lavoratori del Pronto soccorso e la parte fissa e variabile del trattamento economico dei medici in formazione specialistica. Borse di studio per specializzazioni sanitarie non mediche. Fondo da 3 milioni in tre anni per la cura e prevenzione dell’obesità. Stop alla ricetta cartacea.Per finire, il turismo: nel 2025, rifinanziamento da oltre 152 milioni del trattamento integrativo speciale per il lavoro notturno e straordinario e 110 milioni per i contratti di sviluppo.
«Gigolò per caso» (Amazon Prime Video)
Un infarto, però, lo aveva costretto ad una lunga degenza e, insieme, ad uno stop professionale. Stop che non avrebbe potuto permettersi, indebitato com'era con un orologiaio affatto mite. Così, pur sapendo che avrebbe incontrato la riprova del figlio, già inviperito con suo padre, Giacomo aveva deciso di chiedergli una mano. Una sostituzione, il favore di frequentare le sue clienti abituali, consentendogli con ciò un'adeguata ripresa. La prima stagione della serie televisiva era passata, perciò, dalla rabbia allo stupore, per trovare, infine, il divertimento e una strana armonia. La seconda, intitolata La sex gurue pronta a debuttare su Amazon Prime video venerdì 2 gennaio, dovrebbe fare altrettanto, risparmiandosi però la fase della rabbia. Alfonso, cioè, è ormai a suo agio nel ruolo di gigolò. Non solo. La strana alleanza professionale, arrivata in un momento topico della sua vita, quello della crisi con la moglie Margherita, gli ha consentito di recuperare il rapporto con il padre, che credeva irrimediabilmente compromesso. Si diverte, quasi, a frequentare le sue clienti sgallettate. Peccato solo l'arrivo di Rossana Astri, il volto di Sabrina Ferilli. La donna è una fra le più celebri guru del nuovo femminismo, determinata ad indottrinare le sue simili perché si convincano sia giusto fare a meno degli uomini. Ed è questa convinzione che muove anche Margherita, moglie in crisi di Alfonso. Margherita, interpretata da Ambra Angiolini, diventa un'adepta della Astri, una sua fedele scudiera. Quasi, si scopre ad odiarli, gli uomini, dando vita ad una sorta di guerra tra sessi. Divertita, però. E capace, pure di far emergere le abissali differenze tra il maschile e il femminile, i desideri degli uni e le aspettative, quasi mai soddisfatte, delle altre.
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iStock
La nuova applicazione, in parte accessibile anche ai non clienti, introduce servizi innovativi come un assistente virtuale basato su Intelligenza artificiale, attivo 24 ore su 24, e uno screening audiometrico effettuabile direttamente dallo smartphone. L’obiettivo è duplice: migliorare la qualità del servizio clienti e promuovere una maggiore consapevolezza dell’importanza della prevenzione uditiva, riducendo le barriere all’accesso ai controlli iniziali.
Il lancio avviene in un contesto complesso per il settore. Nei primi nove mesi dell’anno Amplifon ha registrato una crescita dei ricavi dell’1,8% a cambi costanti, ma il titolo ha risentito dell’andamento negativo che ha colpito in Borsa i principali operatori del comparto. Lo sguardo di lungo periodo restituisce però un quadro diverso: negli ultimi dieci anni il titolo Amplifon ha segnato un incremento dell’80% (ieri +0,7% fra i migliori cinque del Ftse Mib), al netto dei dividendi distribuiti, che complessivamente sfiorano i 450 milioni di euro. Nello stesso arco temporale, tra il 2014 e il 2024, il gruppo ha triplicato i ricavi, arrivando a circa 2,4 miliardi di euro.
Il progetto della nuova app è stato sviluppato da Amplifon X, la divisione di ricerca e sviluppo del gruppo. Con sedi a Milano e Napoli, Amplifon X riunisce circa 50 professionisti tra sviluppatori, data analyst e designer, impegnati nella creazione di soluzioni digitali avanzate per l’audiologia. L’Intelligenza artificiale rappresenta uno dei pilastri di questa strategia, applicata non solo alla diagnosi e al supporto al paziente, ma anche alla gestione delle esigenze quotidiane legate all’uso degli apparecchi acustici.
Accanto alla tecnologia, resta centrale il ruolo degli audioprotesisti, figure chiave per Amplifon. Le competenze tecniche ed empatiche degli specialisti della salute dell’udito continuano a essere considerate un elemento insostituibile del modello di servizio, con il digitale pensato come strumento di supporto e integrazione, non come sostituzione del rapporto umano.
Fondato a Milano nel 1950, il gruppo Amplifon opera oggi in 26 Paesi con oltre 10.000 centri audiologici, impiegando più di 20.000 persone. La prevenzione e l’assistenza rappresentano i cardini della strategia industriale, e la nuova Amplifon App si inserisce in questa visione come leva per ampliare l’accesso ai servizi e rafforzare la relazione con i pazienti lungo tutto il ciclo di cura.
Il rilascio della nuova applicazione è avvenuto in modo progressivo. Dopo il debutto in Francia, Nuova Zelanda, Portogallo e Stati Uniti, la app è stata estesa ad Australia, Belgio, Germania, Italia, Olanda, Regno Unito, Spagna e Svizzera, con l’obiettivo di garantire un’esperienza digitale omogenea nei principali mercati del gruppo.
Ma l’innovazione digitale di Amplifon non si ferma all’app. Negli ultimi anni il gruppo ha sviluppato soluzioni come gli audiometri digitali OtoPad e OtoKiosk, certificati Ce e Fda, e i nuovi apparecchi Ampli-Mini Ai, miniaturizzati, ricaricabili e in grado di adattarsi in tempo reale all’ambiente sonoro. Entro la fine del 2025 è inoltre previsto il lancio in Cina di Amplifon Product Experience (Ape), la linea di prodotti a marchio Amplifon già introdotta in Argentina e Cile e oggi presente in 15 dei 26 Paesi in cui il gruppo opera.
Già per Natale il gruppo aveva lanciato la speciale campagna globale The Wish (Il regalo perfetto) Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, oggi nel mondo circa 1,5 miliardi di persone convivono con una forma di perdita uditiva (o ipoacusia) e il loro numero è destinato a salire a 2,5 miliardi nel 2050.
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Francesco Borgonovo, Gianluca Zanella e Luigi Grimaldi fanno il punto sul caso Garlasco: tra nuove indagini, DNA, impronte e filoni paralleli, l’inchiesta si muove ormai su più livelli. Un’analisi rigorosa per capire a che punto siamo, cosa è cambiato davvero e quali nodi restano ancora da sciogliere.
Ansa
Ieri abbiamo raccontato che ha intestati circa 90 immobili acquistati alle aste giudiziarie senza dover accendere mutui. Ora La Verità è in grado di svelare che Abu Rawwa per operare ha aperto un’agenzia immobiliare e investe insieme a un giovane palestinese che appartiene a una famiglia molto religiosa e molto attiva nella difesa della causa palestinese. Ben 12 dei 90 immobili di cui è diventato proprietario per via giudiziaria Abu Rawwa, infatti, sono cointestati (al 50%) con Osama Qasim. Otto sono appartamenti. Alloggi residenziali inseriti nello stesso stabile, con metrature diverse e distribuiti su più piani. Blocchi compatti di unità abitative spalmati su tre strade dello stesso comune della provincia di Reggio Emilia: Castellarano.
Il resto delle proprietà non è abitativo. Ci sono due locali di servizio: accessori funzionali alle case. Gli ultimi due immobili sono strutture non ancora definite, volumi ampi, uno dei quali particolarmente esteso: 603 metri quadri. Entrambi i locali non sono pronti per essere abitati, né sono destinati a un uso immediato. Sono spazi da completare o da trasformare. Un’operazione da immobiliaristi.
Abu Rawwa e Qasim compaiono in visure camerali diverse. Il primo è amministratore unico e socio al 100% dell’Immobiliare My home srls, impresa costituita il 6 dicembre 2023 e iscritta al Registro imprese di Modena il 13 dicembre di quello stesso anno. Capitale sociale da 2.000 euro. Attività dichiarata: «Compravendita di beni immobili effettuata su beni propri», con una specificazione ampia che comprende edifici residenziali, non residenziali, strutture commerciali e terreni. La sede legale è a Sassuolo, in circonvallazione Nord Est. Un solo addetto risultante dai dati Inps.
Osama Qasim, nato a Sassuolo il 3 febbraio 1993, è invece amministratore unico della Qasim srls, società costituita il 24 maggio 2022 con capitale sociale da 3.000 euro. Anche qui l’attività prevalente è immobiliare: «Compravendita di beni immobili effettuata su beni propri». La sede è sempre a Sassuolo, in circonvallazione Nord Est, ma il civico è differente. I soci sono tre: Osama (che è il legale rappresentante e nel frattempo gestisce anche una società di ristorazione a Modena) detiene il 20%, Khawla Ghannam (60 anni), la mamma, il 60%, e Zahi Qasim (62 anni), il papà, il 20%. Un nucleo familiare di cui si sono interessati, negli anni, numerosi giornalisti ma anche la polizia. Su Internet si trova ancora un articolo dell’Herald tribune sulla famiglia Qasim, ripreso in Italia dal Secolo XIX, proprio il giornale di Genova. Risale a 20 anni fa, ma è molto interessante. Anche perché ci racconta che la famiglia di Osama è molto religiosa e ha ricevuto nel tempo anche la visita della polizia italiana dopo alcuni attentati dei tagliagole islamici.
Il padre, Zahi, classe 1963, all’epoca era caposquadra in fabbrica a Sassuolo ed era già «uno degli esponenti più impegnati della comunità». Sua moglie, Khawla, era un’insegnante che «parla fluentemente tre lingue». Osama, all’epoca era un bambino di 12 anni. Il cronista scriveva che il fratello, «l’esuberante Ali, un anno, adora gattonare sulle piastrelle della sala, decorata con illustrazioni di proverbi tratti dal Corano». I Qasim non offrirono né cibo, né bevande al giornalista «perché per loro era in corso il Ramadan». «Ci piacerebbe molto essere italiani», aveva dichiarato Ghannam, con indosso «un hijab color porpora». Ed ecco il passaggio più interessante dell’articolo: «La loro vita, sebbene economicamente agiata, è costellata da continui episodi che ricordano loro che non sono pienamente integrati in un Paese che definiscono casa da 20 anni. A seguito degli attentati a Londra di questa estate (del 2005, ndr), Qasim è stato più volte interrogato dalla polizia che gli ha anche perquisito la casa. L’uomo afferma anche che il suo cellulare è sotto controllo. Quando ha invitato a cena alcuni amici di Torino in occasione del Ramadan, la polizia lo ha chiamato per chiedergli chi fossero quelle persone e l’hanno rimproverato di non aver comunicato che avrebbe avuto ospiti. I tentativi di Qasim di comprare un edificio per aprirvi una scuola islamica domenicale sono stati ostacolati per quattro anni dalle istituzioni locali che ritenevano che il luogo non fosse idoneo per via della mancanza di spazi da adibire al parcheggio». Zahi disse: «È chiaro che tutto questo mi dà fastidio: succede perché sono musulmano e non accadrebbe lo stesso se fossi europeo».
Ricordiamo che all’epoca un islamico sospettato di aver preso parte agli attentati di Londra è stato catturato in Italia, dove si era rifugiato. Ghannam ha spiegato che l’inserimento non è stato sempre facile e che «suo figlio è stato spesso preso in giro per il suo nome, Osama, soprattutto dopo gli attentati dell’11 settembre». Quando i Qasim si trasferirono nel loro attuale appartamento, «i vicini italiani si mostrarono freddi e ostili. Tuttavia, il loro atteggiamento è migliorato nel tempo». Zahi ha anche dichiarato di «esser sempre stato trattato con rispetto a lavoro, e gli è stato persino consentito di pregare cinque volte al giorno».
L’articolo contiene anche un’altra notizia interessante: «La famiglia ha una casa a Ramallah e torna laggiù durante le vacanze estive». Anche se la famiglia non si sentiva sicura in Israele: «Ci sono aspetti dell’Islam che vanno bene in Palestina, ma non qui», ha concesso l’uomo con il cronista. Ha anche detto di credere che «gli arresti e il coprifuoco siano soltanto serviti ad aggravare la situazione in Francia». E ha spiegato che «è sbagliato ricorrere alla polizia». Il motivo? «Quando parli con gli altri li fai sentire parte della società. Se li fai sentire emarginati, prima o poi si ribelleranno». Alla fine l’intervistato aveva consegnato al cronista il motto che ripeteva al figlio Osama: «Ignora le offese, lavora più sodo dei tuoi compagni. In fondo i palestinesi sono abituati a essere controllati: pensa solo di essere a Ramallah». Papà Qasim è stato un grande animatore del centro «al Medina» (dell’Associazione della comunità islamica di Sassuolo), fondato nel 1993 da un gruppo di migranti nordafricani, chiuso e poi riaperto varie volte. Qui si riunivano per pregare a turni sino a 600 fedeli per volta. Nel 2018 Zahi, a Casalgrande, è stato tra i promotori del Villaggio islamico, che l’associazione islamica di Sassuolo voleva tirare su nell’area di un ex salumificio. E fu proprio Zahi, col piglio dell’immobiliarista, a spiegare: «Abbiamo comprato l’area per un guadagno, come qualsiasi altro cittadino. A Casalgrande, Veggia e Villalunga abbiamo comprato all’asta circa 6-7 appartamenti».
L’idea di acquistare dai tribunali qualche anno dopo è stata fatta propria dal figlio Osama e da Abu Rawwa. Le indagini della Procura di Genova dovranno stabilire se in questo shopping compulsivo c’entri Hamas.
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