Salta il tavolo tra governo e sindacati sull'anticipo pensionistico. Poco dopo l'uscita della notizia Palazzo Chigi si affretta a far sapere che si riunirà il prossimo 27 settembre.
I motivi sono un po' un giallo. E le versioni decisamente contrapposte. Le sigle sostengono palazzo Chigi avrebbe «problemi tecnici». Mentre il dicastero sostiene che uno dei rappresentanti sindacali all'ultimo si sarebbe reso indisponibile.
Fatto sta che questi sono giorni estremamente delicati per il ministero che da un lato deve trovare le coperture (che vanno indicate nell'imminente legge di stabilità) per il promesso taglio dell'Irpef nel 2018 e dall'altro deve capire da dove trarre le risorse per l'Ape.
Si gioca sul filo del rasoio, forse nella speranza che una settimana scarsa basti a fare l'ennesimo gioco delle tre carte. Mancherebbe cioè la ciccia (alias fondi) necessaria ad avviare la mini riforma pensionistica.
Dopo tante chiacchiere non si saprebbe che soluzioni adottare per facilitare l'uscita flessibile dei lavoratori e le misure da mettere nella legge di Bilancio per sostenere le pensioni più basse.
Il tira e molla è stato lungo, in pieno stile storytelling. Fino ad arrivare all'ipotesi, sostenuta anche dallo stesso governo, che le risorse a disposizione siano due miliardi (la Uil ne chiedeva due e mezzo): uno per i pensionandi (con l'Ape, il prestito pensionistico, e gli aiuti ai lavoratori precoci e impiegati in attività usuranti) e un altro miliardo per i pensionati (quattordicesima ampliata e no tax area innalzata, meno probabili 80 euro e aumento delle minime).
Ma sarebbero dettaglio, perchè la volontà politica è quella di tirare dritto. Il timore di chi osserva il nostro debito pubblico dall'esterno, però, è che nei prossimi mesi ci si trovi a dover assistere a una marcia indietro o alla necessità di sforare ulteriormente il deficit. Mettendo a repentaglio i conti del nostro Paese. Il fatto che non siano state fatte proiezioni e valutazioni d'impatto inoltre fa un po' tremare i polsi.
Non ci sarebbe nemmeno da stupirsi che a questo punto si riuscisse nella magia di licenziare una legge di Stabilità che poi si modifichi in un secondo tempo quando la realtà si sarà imposta. Perché sembra che la politica non si stia preoccupando delle reali coperture. Tanto in futuro l'Inps farà i conti e a qual punto si discuterà di altri problemi.
Come fu per il Tfr in busta paga non si sa se la misura troverà consenso perché rischia di non avere alcuna convenienza per i diretti interessati. Non c'è infatti alcuna certezza del costo effettivo che l'anticipo pensionistico possa imporsi sulle tasche di chi ne farà richiesta. Senza contare che la tassazione pur bassa resta confermata al 15%. Per chi sceglie volontariamente, ci saranno, infine, sicuramente costi superiori alla spesa complessiva del rimborso ventennale dell'anticipo bancario.
Non vorremmo, con tutte queste incertezze, trovarci ad avere una legge di (In)Stabilità piuttosto che una Manovra vera e propria.