
Nonostante gli scandali portati alla luce dalla Verità, l'Italia è pronta a sostenere il bis del leader macedone Zoran Zaev. In piena continuità con la linea soft di Federica Mogherini.L'ultimo Consiglio europeo è stato caratterizzato dal divieto di ingresso nell'Ue di Albania e Macedonia. La bocciatura si deve esclusivamente alla Francia, secondo cui soprattutto in Macedonia si verificherebbero episodi di corruzione (compresi quelli rivelati dalla Verità) tali da non consentire l'allargamento. Da allora, tanto a Bruxelles, quanto in Macedonia, la Francia è considerata la grande traditrice degli ideali europeisti. E se l'ambasciatore di Parigi a Skopje, Christian Thimonier, è giornalmente sotto attacco mediatico da parte delle televisioni nazionali controllate dal premier Zoran Zaev, il Parlamento europeo ha condannato ieri la Francia, la Danimarca e i Paesi Bassi per aver bloccato i negoziati con le due capitali balcaniche. In realtà la rigida posizione mantenuta da Giuseppe Conte nella riunione dei capi di governo ha contribuito al completo insuccesso delle trattative. Il nostro premier ha infatti ciecamente portato avanti la linea di Federica Mogherini senza adattarla alle mutate condizioni, bloccando di fatto il dialogo con la Francia. Zaev nelle sue numerose filippiche contro Macron non accenna mai al ruolo giocato dall'Italia per il fatto che martedì verrà in visita ufficiale da Conte per cercare di trovare delle possibili soluzioni allo stallo. Ricevendo un premier condannato a passare alla storia per essere al vertice di un Paese i cui cittadini vengono giornalmente dilaniati dal sistema di corruzione politico e giudiziario, le cui prove sono state portate alla luce dalla Verità durante l'estate, ovvero vengono condannati a decine di anni di prigione con l'accusa di terrorismo per il solo fatto d'aver protestato in Parlamento, Conte purtroppo conferma la linea politica e le strategie adottate in passato dal governo di Matteo Renzi e da Lady Pesc. Come riportato in passato dal nostro giornale, furono gli accordi presi tra Renzi ed il premier socialista albanese Edi Rama unitamente all'amministrazione Obama a favorire la presa di potere del leader socialista macedone Zoran Zaev, avvenuta sulla base di intercettazioni telefoniche illegali effettuate da servizi segreti stranieri presenti a Skopje e proteste di piazza finanziate da George Soros. Le stesse intercettazioni che la Mogherini indirettamente fece divenire legali inventandosi la figura di un procuratore speciale che potesse utilizzarle per favorire la lotta politica di Zaev. Un pubblico ministero che ora, a causa delle nostre rivelazioni dimostranti l'uso criminale del materiale, si trova in carcere. Tanto per Zaev, quanto per Conte, l'attività investigativa portata innanzi negli ultimi anni dal nostro giornale nei confronti delle manipolazioni internazionali, che hanno aiutato Zaev a prendere il potere, e del regime di corruttela che ne è scaturito, rappresentano una non lieve fonte di comune imbarazzo. Zaev deve molto all'Italia e ora che a Roma vi è nuovamente un governo amico è convinto di ritrovare in Conte il sostegno avuto in passato. Conte da parte sua invece, oltre che riposizionare la politica estera del Paese nel solco della tradizione renziana, è conscio di dover gestire il dossier macedone in modo tale che non gli scoppi un nuovo scandalo legato sul modello Spygate. Al di là di singoli contrasti dentro il Consiglio europeo, la Francia si è rifiutata di aprire le negoziazioni con la Macedonia soprattutto in quanto non desiderava offrire a Zaev una scusante per rimanere al potere. Le negoziazioni verranno certamente avviate in un futuro prossimo, ma Parigi desidera che ciò avvenga dopo che i cittadini macedoni avranno avuto la possibilità di esprimersi alle urne. Decidendo di sostenere il collega macedone già ora, invece, il premier Conte spera di ridargli qualche possibilità di ritornare alla guida della Paese. In tal modo la politica estera dell'accoppiata Renzi-Mogherini verrebbe confermata e Skopje garantirebbe il silenzio sulle nostre eventuali responsabilità negli eventi che hanno preceduto la salita al potere di Zaev.
Mattia Furlani (Ansa)
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