2021-04-03
Conte si prende i grillini senza dire nulla
Giuseppi ricompare in streaming per essere acclamato leader del Movimento. Ma i nodi scoperti dei pentastellati restano inevasi: non una parola su Rousseau, alleanze, amministrative e collocazione internazionale. In compenso manda in pensione i vaffa.Il ritorno del dottor Divago. Con la consueta inclinazione a rimandare tutto, Giuseppe Conte ricompare da leader del Movimento 5 stelle per una passerella in streaming con la pochette piatta (senza punte, unica modifica sostanziale) e una stupenda libreria Aiazzone alle spalle, d'ordinanza per gli statisti virtuali. Dopo due mesi di preparazione, il professore di Volturara Appula abbandonato dal Paese al banchetto del mercato fuori da Palazzo Chigi, recupera visibilità e poco altro. Nel suo «I have a dream» digitale non va oltre la promessa «rifonderemo il movimento» senza dire come. Si collega da casa alle dieci di sera (piattaforma Zoom) nel rispetto del fatidico favore delle tenebre e cloroformizza gli eletti con un annuncio e due punti chiave. Il primo sta nell'accettazione formale della leadership («Su invito di molti di voi e di Beppe Grillo ho deciso di raccogliere questa sfida») pur senza tessera del partito in tasca, i secondi sono capisaldi di facciata, buoni per ogni avventura politica: 1) la promessa di vergare una Carta dei principi e dei valori per dare «un'identità forte al popolo pentastellato», 2) la concretizzazione di un «chiaro assetto interno» alla base della linea politica e della catena di comando.Parole messe insieme con la consecutio giusta (in questo è sempre stato un giro avanti ai suoi colonnelli), intenzioni per ora scritte sulla sabbia in riva al mare in vista delle vacanze di Pasqua. Parla di giustizia sociale, etica pubblica, ecologia integrale, lotta alla criminalità: un'insalata di principi come la rucola degli anni Ottanta. È il Conte di sempre, palleggiatore fumoso stile centrocampista portoghese, che dice una cosa e la smentisce nella frase successiva. Esempio: «La regola dell'uno vale uno è fondamento di democrazia, ma quando si tratta di assumere responsabilità istituzionali occorrono persone con specifiche competenze». È veltroniano nell'indecere e nell'uso del «ma anche»: mi piace al burro, ma anche al sugo. Per questo piace ai piddini nostalgici dell'Ulivo.«Questa non è un'operazione di marketing», spiega compiaciuto. Infatti è un'operazione di facciata, priva di contenuti, perché tutti i temi forti che negli ultimi due mesi hanno spaccato, dilaniato, deluso il mondo pentastellato rimangono lì, sculture astratte, installazioni dadaiste in attesa di risposte concrete. Conte non dice nulla sui nodi interni. Niente sul rapporto con Davide Casaleggio e la piattaforma Rousseau, liquidati con la frase sibillina «la democrazia digitale è frutto della tecnologia, che non è neutra, e a chi gestisce i dati si richiede la massima trasparenza e la massima chiarezza». Niente sulle regole del comitato di presidenza, anche se è sua intenzione varare «regole rigorose per contrastare correnti e cordate». Meno di niente sul delicato argomento dei rimborsi parlamentari, alla base di litigi ed espulsioni.L'ex premier si guarda bene dall'affrontare anche il secondo nodo, quello che riguarda le alleanze con gli altri partiti, anche se il grande abbraccio con il Pd per la sopravvivenza di entrambi è scontato. Cosa pensa di Mario Draghi e del suo governo, al quale (sembra a sua insaputa) i grillini stanno dando voti sostanziali? Non pensa nulla. Forse dopo Pasqua, si attendono sorprese nell'uovo. Zero assoluto sui candidati nelle grandi città, e questo non è un dettaglio. A Milano e Torino la sinistra riformista (l'unica che conta) non vuole vedere i pentastellati nei paraggi, li considera autentici sfollagente in chiave elettorale; il Nord produttivo non è interessato al rosario di No e al giustizialismo vuoto come ragione di vita. Quanto a Roma, Virginia Raggi ha deciso di ricandidarsi da sola e l'ex premier si è limitato a lasciare a Grillo (il tutor della formidabile kinderheim politica) il compito di disinnescarla. Il discorso di Conte è una traversata del deserto anche sulle strategie e i rapporti con l'estero. Il Giuseppi battezzato da Donald Trump - che avrebbe voluto tenersi la delega sui Servizi fino alla pensione -, cammina sulle uova. Ha guidato il governo più filocinese della storia d'Italia ma non se lo ricorda. Servirebbe una spiegazione, un indirizzo, soprattutto nel momento in cui il suo ex ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, si è definito «autentico atlantista». E allora che fine ha fatto la Via della Seta? E allora il tifo per Xi Jinping che promana dal blog di Grillo è una linea politica per tutto il movimento o solo fanatismo personale? Sull'argomento l'interesse è notevole, soprattutto perché i suoi parlamentari stanno puntellando un esecutivo guidato da un tecnico europeista, atlantista, che guarda a Joe Biden anche quando quest'ultimo tratta Pechino con ruvido pragmatismo. Cipria e ambiguità, la cifra di mister pochette non è cambiata. Si esce dallo streaming dentro un sacco, nessuna domanda e nessuna risposta. Lui in cattedra e gli allievi collegati in Dad. Ai quali riserva una delicata tirata d'orecchi: «In passato il M5s è ricorso a espressioni giudicare spesso aggressive ma ogni fase ha la sua storia, dobbiamo essere consapevoli che la politica non si deve lasciar sopraffare dalla polemica». Il Vaffa finisce definitivamente in cantina, per la primavera-estate si porta il cantico dei cantici. Un colpo al cuore per statisti dell'insulto come Danilo Toninelli, Paola Taverna, Riccardo Ricciardi. «Avremo un centro di formazione permanente», si immagina anche per le buone maniere. È bene che i muscolari dell'indignazione permanente lo sappiano, per Conte i nuovi grillini sono sardine che ce l'hanno fatta. Il dottor Divago ha finito. Mentre le tenebre s'infittiscono rimane un'unica certezza: meglio Draghi, anche se ostaggio di Speranza, anche su una gamba sola.
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello (Imagoeconomica)
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello: «Dopo il 2022 il settore si è rilanciato con più iscritti e rendimenti elevati, ma pesano precariato, scarsa educazione finanziaria e milioni di posizioni ferme o con montanti troppo bassi».