2020-05-18
Conte mente in tv, ma le Regioni lo inchiodano
Dopo la passerella di sabato sera, il premier costretto a un summit notturno con i governatori. «Non firmo», lo strappo di Vincenzo De Luca che si appella alla Costituzione. Ieri in serata la resa: il Dpcm recepisce le richieste. Intanto i positivi scendono sotto quota 70.000.Comprereste un'auto usata da quest'uomo? Tale è il livello di sfiducia nei confronti di Giuseppe Conte, che i governatori regionali, da lui, non comprerebbero nemmeno un Dpcm nuovo. Ricapitoliamo l'ultimo raggiro tentato nel suk di Palazzo Chigi. Sabato sera Conte si è impossessato dei telegiornali per mettere le penne del pavone e rendere ufficiale l'avvenuto accordo con le Regioni. Dal punto di vista formale, il premier annunciava un decreto legge (norma quadro sulle riaperture) che avrebbe fatto da cornice a un Dpcm più dettagliato, che a sua volta avrebbe dovuto recepire le istanze regionali, consentendo in ultima battuta a ciascun governatore di varare la propria ordinanza. Ma, dal punto di vista sostanziale, dopo una lunga e insensata resistenza da parte di Roma, l'intesa doveva essere quella di un cedimento di Palazzo Chigi. Il governo - questo era stato negoziato - avrebbe dovuto recepire come allegato le linee guida più flessibili preparate dalle Regioni (quelle più ragionevolmente basate sul metro di distanza), cestinando i cervellotici protocolli Inail-Iss (quelli dei 4 metri al ristorante e dei 5 metri tra file di ombrelloni, per capirci).Che qualcosa non stesse andando per il verso giusto si era già capito in conferenza stampa, vista l'enfasi che Conte stava riservando al potere di intervento di Roma, in caso di risalita delle curve di contagio. Il gioco e la narrazione del premier erano scoperti: se tutto andrà bene, sarà merito di Roma; se qualcosa andrà male, sarà colpa dei governatori, con relativo potere statale di disporre nuove chiusure. Insospettiti, i governatori hanno voluto vedere le carte, scoprendo che, diversamente dalle promesse, le loro linee guida non erano state integralmente recepite nel Dpcm. Morale: all'una di notte, sollevazione generale dei presidenti delle Regioni, nuova videoconferenza con Conte e Francesco Boccia, fino (ore 3.30) al nuovo cedimento di Palazzo Chigi: con la promessa che i protocolli regionali sarebbero stati allegati al Dpcm.Cosa che però, fino al pomeriggio di ieri, era ancora da verificare, scatenando i sospetti di quasi tutti e le ire anche dei governatori di sinistra. Il più scatenato è stato Vincenzo De Luca, ospite su Rai 3 di Lucia Annunziata: «La Campania non ha firmato l'intesa Stato-Regioni. C'è un clima di confusione sulle regole, basti pensare che siamo a domenica pomeriggio e ancora non c'è il testo ufficiale del Dpcm per le riaperture di lunedì mattina». Ma il punto più delicato è il tentativo di scaricabarile denunciato da De Luca: «È chiaro che sia necessaria una flessibilità regionale, ma sulle norme fondamentali non è accettabile che ministero della Salute e governo scarichino opportunisticamente le decisioni sulle Regioni». Un avviso a non violare la Costituzione riguardo alla salute dei cittadini e un no netto all'intesa proposta dal premier, che secondo l'Ansa, avrebbe finito per convincere e coinvolgere anche il Molise. Giustamente sospettosi anche gli altri governatori, tutti con la penna in mano, cioè pronti a firmare la loro ordinanza, ma prima desiderosi di avere certezza definitiva sul recepimento delle loro istanze. Ecco Attilio Fontana: «Manca solo la mia firma che sarà messa appena ricevuto il Dpcm di Conte. Le Regioni, unite e compatte, hanno ottenuto che le linee di indirizzo da loro proposte fossero parte integrante del Dpcm, per evitare contrasti interpretativi. Ma soprattutto per rendere più chiare per i cittadini le regole cui fare riferimento. Con le linee guida dell'Inail nessuno sarebbe riuscito a ripartire». Stessa linea da parte di Luca Zaia: «Ieri (l'altro ieri, ndr) avevo detto che non firmavo la nuova ordinanza, perché volevo vedere il Dpcm. Oggi (ieri, ndr) vi dico che l'ordinanza l'ho scritta, manca solo la mia firma. Aspetto solo, in via prudenziale, di vedere il testo, siccome abbiamo a che fare con Roma e ci sono sempre sorprese…».A sua volta, ospite su Rai 3 di In mezz'ora in più, anche Giovanni Toti ha tenuto il punto: «Stiamo ancora aspettando il Dpcm sulle regole su cui abbiamo lavorato per tutta la notte». Occorrono «regole che i cittadini, gli esercenti, gli artigiani, possano comprendere e applicare, altrimenti si trasforma in una falsa partenza». Il nodo si è sciolto verso le 18.20, quando Palazzo Chigi ha annunciato la firma del Dpcm, alla fine cedendo alle Regioni (e adottando il loro documento, divenuto l'allegato 17 al Dpcm). A cascata, sono iniziate ad arrivare le ordinanze regionali. E da ora le Regioni potranno derogare agli standard nazionali sia nel senso di una maggiore chiusura che nel senso di una maggiore apertura.Quanto al resto del Dpcm, è confermata la riapertura per oggi di ristoranti, bar, negozi; il 25 di palestre e piscine; il 15 giugno di teatri, cinema e spettacoli. Tra le polemiche, resta confermata la chiusura delle scuole. Comicamente si precisa (ma siamo ormai oltre metà maggio!) che sono chiusi gli impianti sciistici. Dal 3 giugno doppia ulteriore riapertura: degli spostamenti interregionali, e degli spostamenti da e per i più vicini Paesi esteri (Paesi Ue, area Schengen, più Regno Unito). Ieri, intanto, Francesco Boccia ha preannunciato per giovedì un'informativa «per raggiungere un accordo sulle semplificazioni per le procedure amministrative».Intanto, ulteriori notizie rassicuranti sono venute dal bollettino medico nazionale: gli attualmente positivi sono scesi sotto quota 70.000 (non accadeva dal 28 marzo), e anche il numero delle vittime (145) è il più basso dall'inizio del lockdown, mentre ben 12 Regioni o non hanno registrato morti o non hanno avuti nuovi contagi. Resta un'ultima questione. Dopo il loro spettacolare fallimento, a cosa servono le task force di Conte? Che si attende a scioglierle? Il buon senso dei 20 governatori è stato molto più utile delle 16 task force e dei loro quasi 500 membri.
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Charlie Kirk (Getty Images)