2020-11-12
«Conte deve condividere le scelte con chi conosce bene il territorio»
Massimiliano Fedriga (Ansa)
Il governatore friulano Massimiliano Fedriga: «È impensabile che sia un algoritmo a chiudere le aree più produttive della nazione. Alcune misure uccidono l'economia, non il virus. Serve un modello predittivo, invece si continua a inseguire». Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli-Venezia Giulia, la sua Regione diventerà arancione o rossa?«Ancora non lo so sappiamo».Ne ha parlato con il ministro della Salute, Roberto Speranza?«L'ho sentito qualche giorno fa. Mi ha detto che da noi, così come in Veneto ed Emilia-Romagna, i famosi 21 parametri tengono. Il problema, per il momento, è soltanto l'indice Rt sopra 1,5». Dunque?«Rimaniamo in zona gialla perché il nostro sistema sanitario sta reggendo, seppur in mezzo a tante difficoltà. Ma se dovessimo superare anche solo un altro parametro, non rischiamo la zona arancione: passiamo direttamente in quella rossa».Per questo, assieme al governatore del Veneto, Luca Zaia, e il presidente dell'Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, siete pronti a emanare un'«ordinanza congiunta»?«Serve a evitare i rischi di assembramento, cercando di non compromettere le attività economiche. Sempre che il governo non decida prima un lockdown soft generalizzato». Cosa prevede?«Ad esempio, vieta la consumazione in piedi degli aperitivi a partire dalle 15».La guerra dello spritz?«Diciamo uno spritz ordinato». Poi? «Nel fine settimana chiuderemo anche gli outlet, i centri commerciali e la grande distribuzione». Quando entreranno in vigore le nuove misure?«Venerdì. E dovrebbero durare almeno due settimane». Eviterete così ulteriori limiti imposti da Roma?«Stiamo chiedendo proprio questo. Ed è necessario, ovviamente, assicurare ristori per le attività che saranno penalizzate». Non è un modo per togliere le castagne dal fuoco al governo?«Il mio problema è un altro: dare risposte alle esigenze sanitarie ed economiche dei cittadini. È passata la novella dello scaricabarile tra Regioni e governo, certo. Ma noi abbiamo sempre dimostrato di prenderci le responsabilità, anche prima dell'esplosione della pandemia. Quando scoppiò il primo focolaio a Vo' Euganeo, nel padovano, il Friuli-Venezia Giulia decise di anticipare la chiusura di tutte le scuole e le università della Regione. Era il 23 febbraio. E il lockdown generale arrivò solo il 10 marzo». «Non ha molto senso e può essere controproducente» commentò il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia.«In realtà, quelle scelte hanno funzionato. Tra i territori del Nord, siamo quello che ha retto meglio. Sia per la tempestività delle misure, che per il senso dei responsabilità dei cittadini». Invece ci sono suoi colleghi che, per evitare cali di popolarità, starebbero aspettando decisioni dall'alto.«Ad esempio?»Vincenzo De Luca? «Ricordo però che è stato lui a chiudere le scuole prima di tutti. Non mi sembra che non sia voluto intervenire. Ed è proprio per questo che l'hanno attaccato ferocemente. Piuttosto: se decide misure più restrittive nella sua regione in osservanza all'ultimo dpcm, come mai il ministro dell'Istruzione, Lucia Azzolina, sente il diritto di criticare platealmente chi attua una legge votata persino da lei?».E perché allora, con Zaia e Bonaccini, non avete provato a coinvolgere anche il governatore campano, pure lui a rischio? «Perché le nostre tre Regioni hanno una situazione simile: un Rt alto e un sistema sanitario più forte. Ma c'è anche una ragione geografica: siamo contigui. Le mie decisioni incidono pure sul Veneto: dove lavorano, tra l'altro, anche tanti residenti in Friuli- Venezia Giulia. E viceversa. Per questo, con Zaia, abbiamo sempre cercato di prendere misure analoghe. E lo stesso vale tra il suo territorio e la confinante Emilia-Romagna». La Campania, come voi, è ancora in zona gialla. Nonostante le ambulanze in fila e gli ospedali pieni…«Dicono che i loro 21 parametri restano sostenibili. Ma onestamente non riesco a fare una valutazione precisa. Anche perché non sono ancora riuscito a capire il peso specifico di ogni singolo criterio». Vale di più l'indice Rt o l'occupazione delle terapie intensive?«Chi lo sa? E comunque bisognerebbe cambiare approccio. Fare attività predittive piuttosto che valutazioni sul pregresso. Altrimenti, continueremo sempre a inseguire il virus».Il governo favorisce le Regioni dello stesso colore politico?«Non lo voglio nemmeno ipotizzare. Durante una pandemia come questa, non sarebbe un problema ma un crimine».La sanità della sua Regione, invece, sembra tenere.»Siamo in difficoltà e sotto stress. Ma era già un sistema solido, che abbiamo provato a rafforzare. I posti in terapia intensiva sono aumentati da 120 a 175. Così come sono cresciuti i letti per i malati meno gravi. E stiamo riconvertendo alcuni ospedali in presidi Covid e altre Rsa in strutture intermedie, per la semplice degenza. Ma il problema più grande resta un altro».Ovvero?«Il personale. Possiamo avere tutti i reparti e i caschi per la ventilazione assistita del mondo, ma se poi non abbiamo chi apre quei reparti e sa usare quei caschi non abbiamo risolto niente. In Italia si è solo tagliato. Mancano pneumologi, infettivologi, anestesisti e infermieri». Il governo, lo scorso marzo, aveva annunciato assunzioni di massa.«Io non le ho viste». Cosa nei pensa degli ultimi dpcm?«La mia preoccupazione è questa: misure che mettono in ginocchio l'economia non servono poi a combattere il virus. Tutte le categorie economiche che ho incontrato nelle ultime settimane mi hanno detto che sono disposte e fare sacrifici. Ma pretendono risultati concreti nella lotta alla pandemia».Meglio dividere l'Italia in zone tricolore o un lockdown soft generale?«Se fosse dipeso da me, avrei scelto una misura univoca a livello nazionale. Per poi, eventualmente, far decidere altri inasprimenti. Bisogna tenere conto delle esigenze di ogni Regione. E solo chi è sul territorio ha una visione completa dei problemi. Non si può far chiudere la Lombardia, che è la zona più produttiva del Paese, da un algoritmo».L'Italia è ormai una tecnocrazia?«No. Penso però che la politica debba riprendersi la propria responsabilità, anche con scelte impopolari. I tecnici dovrebbero essere di supporto, invece sono diventati i decisori finali».Per il suo partito, la Lega, siamo ormai alla «dittatura sanitaria». «È chiaro che in momento così confuso, in cui c'è grande incertezza, nessuno ha in tasca soluzioni facili. È normale fare errori e prendere decisioni non opportune. Onestamente, mi sembra di vedere problemi simili in ogni parte del globo. Per questo, ho fatto un appello».Quale? «Condividere ogni scelta con le Regioni e l'opposizione». Il premier, Giuseppe Conte, è solito annunciare i dpcm agli avversari politici pochi minuti prima della conferenza stampa: con una telefonatina.«Appunto. Condividere invece vuol dire scegliere insieme». Sarebbe questo, dunque, lo sbaglio più madornale del governo?«Sì. E lo dimostrano i fatti. Quando c'è stata collaborazione sono state fatte scelte utili al Paese. Come a giugno: nel momento delle riaperture dei confini e delle attività economiche. Le prime ipotesi dei tecnici erano del tutto insufficienti. Ma, dopo il confronto con le regioni, hanno cambiato fortunatamente rotta».Il premier, in verità, pensa di fare esattamente il contrario. Vuole modificare il titolo V della costituzione, per inserire la clausola di supremazia dello Stato sulle Regioni.«È un errore gravissimo. Ci vedo il tentativo di un vero scaricabarile».Cioè?«Buttare lì una cosa del genere durante la pandemia non è soltanto un errore di merito, ma anche di metodo. Nel merito, sono profondamente contrario».E nel metodo?«Si vuole sottintendere che le cose vanno male o sono andate male per colpa delle Regioni. Questa, semplicemente, è una menzogna».È anche un atto ostile al progetto federalista della Lega?«Questo sarebbe un fine troppo alto. Il ragionamento, invece, mi sembra più terra terra. Ho paura che non ci sia dietro una visione istituzionale del Paese, ma solo uno scudo alle critiche. Vorrei dare un consiglio: piuttosto che inseguire balzane idee di centralismo spinto, suggerirei di seguire quanto ha fatto la Germania. La cancelliera, Angela Merkel, ha riunito tutti i governatori dei land tedeschi. E, insieme, hanno deciso cosa fare per il Paese».Invece Conte, in tv, sembrava non conoscere bene nemmeno i criteri delle chiusure.«Succede quando le decisioni non sono condivise». È pronto a dare battaglia al premier? Dopo Bonaccini, potrebbe essere lei il prossimo presidente della Conferenza delle Regioni…«Battaglia, no. È l'ultima cosa che serve».Ma è lei il prescelto? «Non lo so. Bonaccini vuole lasciare. E ci sono diversi ipotesi».Tra cui Fedriga… «Certo. Ma l'importante è che le Regioni continuino a lavorare insieme come hanno fatto finora: al là dei loro colori politici».