
In gravi condizioni i ragazzi di etnia sinti che vivono nella bidonville a Sale, piccolo Comune piemontese. I giovani forse si sono colpiti a vicenda in un duello, ma gli inquirenti sono sulle tracce di un terzo sospettato.Due colpi di pistola andati a segno, alla testa. E che, stando alle ferite, sembrano non essere stati sparati a bruciapelo, ma dalla media distanza. Come in un duello. Ma è presto per rendere definitiva questa ipotesi, almeno stando alle indagini dei carabinieri della compagnia di Tortona, in provincia di Alessandria, che dall'altra notte stanno cercando di capire cosa è accaduto a Sale, tranquilla cittadina di 4.000 anime. Anche perché gli investigatori hanno notizia di un'altra persona ferita in modo più lieve, che però non si sarebbe fatta medicare al pronto soccorso. Di certo, per ora, c'è che due minorenni di etnia sinti della famiglia Vinotti sono in pericolo di vita dopo una sparatoria. Uno ricoverato ad Alessandria, l'altro a Novi Ligure. Questo è lo scarno contenuto della prima Cnr, la Comunicazione della notizia di reato, inviata dai militari in Procura.Le indagini sono coordinate dal pubblico ministero Lisa Iovane della Procura di Alessandria che segue gli sviluppi investigativi insieme ai colleghi della Procura del Tribunale per i minorenni di Torino (che si sta occupando anche della morte, la notte di capodanno, di un tredicenne rom ucciso mentre raccoglieva un petardo accanto al campo nomadi di Asti). I due feriti, entrambi quindicenni, sono imparentati tra loro. E appartengono alle famiglie di giostrai che da tempo ormai sono residenti nella zona. La scena da Far West è avvenuta sulla circonvallazione esterna di Sale, a pochi metri dal campo nomadi di piazza Winston Churchill. Lì, accanto a una cabina dell'energia elettrica, i giostrai si sono insediati stabilmente con le loro roulotte, proprio tra la piazza, che viene usata anche come parcheggio degli autobus di linea, e alcune abitazioni residenziali dell'immediata periferia cittadina. A provare che stanno accanto alla piazza da tempo ci sono due alberi, ai quali è stato annodato un cavo, che fanno da stendibiancheria. Su un altro albero è stata montata un'antenna per la ricezione del digitale terrestre. Le giostre a catena, quelle con i seggiolini, sono smontate e riposte nel cassone di un tir. L'attività da giostrai è ferma a causa delle misure per contenere la diffusione del coronavirus. Al loro servizio è stato posizionato lì anche un grosso cassonetto per i rifiuti. E ora la strada che porta al campo nomadi è stata chiusa dai carabinieri, che per tutta la giornata di ieri hanno cercato reperti utili all'inchiesta. Comprese le armi che hanno sparato. Al momento, proprio perché sul posto non sono state ritrovate le pistole, regge anche l'ipotesi che a sparare possano essere state altre persone.Purtroppo l'unico testimone, uno dei due ragazzi, che nonostante avesse ancora il proiettile in corpo quando è stato sentito dai militari (prima di entrare in sala operatoria), ha detto di non ricordare nulla. Con l'altro ferito, che è in ospedale ad Alessandria, i carabinieri non sono riusciti a parlare, perché, stando alla diagnosi, è in gravi condizioni e rischia di morire. Anche lui dovrà subire un delicato intervento. Solo dopo potrà incontrare gli investigatori per rendere la sua versione dei fatti.La scena del crimine pare sia un filare di alberi alle spalle di un ripetitore della telefonia mobile. Le gazzelle dei carabinieri stanno facendo avanti e indietro dal piccolo comando stazione di via Dante Alighieri, dove sono arrivati da Alessandria anche gli investigatori del nucleo investigativo del reparto operativo. I parenti dei due feriti sono stati i primi a finire in caserma, sentiti come persone informate, per capire se si è trattato di un diverbio, di un incidente, di un regolamento di conti o di un agguato da parte di altre persone. Sul sito web del quotidiano La Stampa i cronisti ipotizzano che «lo scontro a fuoco al campo nomadi di Sale con ogni probabilità è avvenuto a causa delle divergenze tra i componenti della famiglia Vinotti». Dalle prime notizie riportate dalla stampa locale, ma per ora non confermate dagli investigatori, «pare che a sparare sia stata una terza persona e che uno dei due minorenni abbia risposto al fuoco». Al momento, però, non si ha notizia del ritrovamento di ulteriori bossoli. Le piste battute, tra mezze conferme, insomma, per ora sono queste. Anche le armi usate (i carabinieri ipotizzano arma corta calibro 22) non aiutano a definire ancora lo scenario investigativo: si tratta di un tipo di munizioni molto diffuso. Sembra siano stati gli stessi parenti a trasportare i due ragazzini in ospedale verso le due di notte. «All'interno del nostro comune c'è ormai da anni il campo dei giostrai con una quarantina di persone che pur vivendo dentro case mobili sono stanziali al punto che molti di loro hanno la residenza qui», ha spiegato il sindaco di Sale Lazzarina Arzani ad Alessandria News. Il sindaco ha anche mandato la polizia municipale a presidiare l'area. «La speranza», ha aggiunto, «è che si risolva nel migliore dei modi il problema dal punto di vista sanitario senza che i ragazzi coinvolti riportino conseguenze, poi ci sarà tempo per valutare l'accaduto».
Francobollo sovietico commemorativo delle missioni Mars del 1971 (Getty Images)
Nel 1971 la sonda sovietica fu il primo oggetto terrestre a toccare il suolo di Marte. Voleva essere la risposta alla conquista americana della Luna, ma si guastò dopo soli 20 secondi. Riuscì tuttavia ad inviare la prima immagine del suolo marziano, anche se buia e sfocata.
Dopo il 20 luglio 1969 gli americani furono considerati universalmente come i vincitori della corsa allo spazio, quella «space race» che portò l’Uomo sulla Luna e che fu uno dei «fronti» principali della Guerra fredda. I sovietici, consapevoli del vantaggio della Nasa sulle missioni lunari, pianificarono un programma segreto che avrebbe dovuto superare la conquista del satellite terrestre.
Mosca pareva in vantaggio alla fine degli anni Cinquanta, quando lo «Sputnik» portò per la prima volta l’astronauta sovietico Yuri Gagarin in orbita. Nel decennio successivo, tuttavia, le missioni «Apollo» evidenziarono il sorpasso di Washington su Mosca, al quale i sovietici risposero con un programma all’epoca tecnologicamente difficilissimo se non impossibile: la conquista del «pianeta rosso».
Il programma iniziò nel 1960, vale a dire un anno prima del lancio del progetto «Gemini» da parte della Nasa, che sarebbe poi evoluto nelle missioni Apollo. Dalla base di Baikonur in Kazakhistan partiranno tutte le sonde dirette verso Marte, per un totale di 9 lanci dal 1960 al 1973. I primi tentativi furono del tutto fallimentari. Le sonde della prima generazione «Marshnik» non raggiunsero mai l’orbita terrestre, esplodendo poco dopo il lancio. La prima a raggiungere l’orbita fu la Mars 1 lanciata nel 1962, che perse i contatti con la base terrestre in Crimea quando aveva percorso oltre 100 milioni di chilometri, inviando preziosi dati sull’atmosfera interplanetaria. Nel 1963 sorvolò Marte per poi perdersi in un’orbita eliocentrica. Fino al 1969 i lanci successivi furono caratterizzati dall’insuccesso, causato principalmente da lanci errati e esplosioni in volo. Nel 1971 la sonda Mars 2 fu la prima sonda terrestre a raggiungere la superficie del pianeta rosso, anche se si schiantò in fase di atterraggio. Il primo successo (ancorché parziale) fu raggiunto da Mars 3, lanciato il 28 maggio 1971 da Baikonur. La sonda era costituita da un orbiter (che avrebbe compiuto orbitazioni attorno a Marte) e da un Lander, modulo che avrebbe dovuto compiere l’atterraggio sulla superficie del pianeta liberando il Rover Prop-M che avrebbe dovuto esplorare il terreno e l’atmosfera marziani. Il viaggio durò circa sei mesi, durante i quali Mars 3 inviò in Urss preziosi dati. Atterrò su Marte senza danni il 2 dicembre 1971. Il successo tuttavia fu vanificato dalla brusca interruzione delle trasmissioni con la terra dopo soli 20 secondi a causa, secondo le ipotesi più accreditate, dell’effetto di una violenta tempesta marziana che danneggiò l’equipaggiamento di bordo. Solo un’immagine buia e sfocata fu tutto quello che i sovietici ebbero dall’attività di Mars 3. L’orbiter invece proseguì la sua missione continuando l’invio di dati e immagini, dalle quali fu possibile identificare la superficie montagnosa del pianeta e la composizione della sua atmosfera, fino al 22 agosto 1972.
Sui giornali occidentali furono riportate poche notizie, imprecise e incomplete a causa della difficoltà di reperire notizie oltre la Cortina di ferro così la certezza dell’atterraggio di Mars 3 arrivò solamente dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. Gli americani ripresero le redini del successo anche su Marte, e nel 1976 la sonda Viking atterrò sul pianeta rosso. L’Urss abbandonò invece le missioni Mars nel 1973 a causa degli elevatissimi costi e della scarsa influenza sull’opinione pubblica, avviandosi verso la lunga e sanguinosa guerra in Afghanistan alla fine del decennio.
Continua a leggereRiduci
Il presidente torna dal giro in Francia, Grecia e Spagna con altri missili, caccia, radar, fondi energetici. Festeggiano i produttori di armi e gli Stati: dopo gli Usa, la Francia è la seconda nazione per export globale.
Il recente tour diplomatico di Volodymyr Zelensky tra Atene, Parigi e Madrid ha mostrato, più che mai, come il sostegno all’Ucraina sia divenuto anche una vetrina privilegiata per l’industria bellica europea. Missili antiaerei, caccia di nuova generazione, radar modernizzati, fondi energetici e contratti pluriennali: ciò che appare come normale cooperazione militare è in realtà la struttura portante di un enorme mercato che non conosce pause. La Grecia garantirà oltre mezzo miliardo di euro in forniture e gas, definendosi «hub energetico» della regione. La Francia consegnerà 100 Rafale F4, sistemi Samp-T e nuove armi guidate, con un ulteriore pacchetto entro fine anno. La Spagna aggiungerà circa 500 milioni tra programmi Purl e Safe, includendo missili Iris-T e aiuti emergenziali. Una catena di accordi che rivela l’intreccio sempre più solido tra geopolitica e fatturati industriali. Secondo il SIPRI, le importazioni europee di sistemi militari pesanti sono aumentate del 155% tra il 2015-19 e il 2020-24.
Imagoeconomica
Altoforno 1 sequestrato dopo un rogo frutto però di valutazioni inesatte, non di carenze all’impianto. Intanto 4.550 operai in Cig.
La crisi dell’ex Ilva di Taranto dilaga nelle piazze e fra i palazzi della politica, con i sindacati in mobilitazione. Tutto nasce dalla chiusura dovuta al sequestro probatorio dell’altoforno 1 del sito pugliese dopo un incendio scoppiato il 7 maggio. Mesi e mesi di stop produttivo che hanno costretto Acciaierie d’Italia, d’accordo con il governo, a portare da 3.000 a 4.450 i lavoratori in cassa integrazione, dato che l’altoforno 2 è in manutenzione in vista di una futura produzione di acciaio green, e a produrre è rimasto solamente l’altoforno 4. In oltre sei mesi non sono stati prodotti 1,5 milioni di tonnellate di acciaio. Una botta per l’ex Ilva ma in generale per la siderurgia italiana.
2025-11-20
Mondiali 2026, il cammino dell'Italia: Irlanda del Nord in semifinale e Galles o Bosnia in finale
True
Getty Images
Gli azzurri affronteranno in casa l’Irlanda del Nord nella semifinale playoff del 26 marzo, con eventuale finale in trasferta contro Galles o Bosnia. A Zurigo definiti percorso e accoppiamenti per gli spareggi che assegnano gli ultimi posti al Mondiale 2026.





