2025-06-13
Confindustria stende la Ribera: ci fa sbattere
Duro attacco delle imprese dell’energia al commissario che ha proposto una tassa sulle auto inquinanti per favorire le elettriche: «È inaccettabile, la transizione non può mai basarsi su divieti». La soluzione è la neutralità tecnologica ma Bruxelles la snobba.Elkann rinnega sé stesso, ora attacca le regole Ue: «Norme più smart». Ma era lui che difendeva il Green deal.Lo speciale contiene due articoli.Il mercato, soprattutto quello italiano, continua a dare prove di «repulsione» verso l’auto elettrica? Bene. Bruxelles prende nota ma non fa un plissé. Anziché chiedersi per quale motivo l’utente medio respinga i veicoli a batteria nonostante gli incentivi a profusione erogati da governi dell’Unione, tira dritto per la sua strada. E arriva a proporre una tassa ulteriore sulle vetture inquinanti. Per la serie, non importa che i prezzi delle Ev siano sproporzionati rispetto al potere d’acquisto dei cittadini Ue, ancor meno è un problema la mancanza di colonnine o la complessità della manutenzione, la questione si risolve in un modo molto semplice: rendo meno conveniente le automobili che mi fanno concorrenza. Un altro balzello e passa la paura. Il concetto era stato messo nero su bianco da Teresa Ribera, il più importante vicepresidente della Commissione Europea. Plenipotenziaria per il Green deal, ma non solo. Perché l’ex ministro ambientalista spagnolo ha anche le deleghe sulla Concorrenza. Così un paio di settimane fa, durante la giornata delle raccomandazione, quando l’Europa consegna le pagelle agli Stati membri rispetto ai risultati da raggiungere, non si è fatta troppi problemi nel «suggerire» un’ulteriore tassazione sulle auto di proprietà e le auto aziendali sulla base della CO2 emessa.Già all’epoca, era fine maggio, l’Unem (Unione nazionale degli imprenditori dell’energia e del petrolio), l’associazione di Confindustria, non l’aveva presa bene. la reazione era stata del tipo: la proposta di tassare ulteriormente le auto di proprietà e le auto aziendali sulla base della CO2 emessa potrebbe essere condivisibile se le emissioni venissero calcolate sull’intero ciclo di vita e non solo allo scarico. Ma visto che non è così, è chiaro che ci troviamo di fronte a un tentativo di rendere meno vantaggioso il motore endotermico per favorire forzatamente una più rapida diffusione dei veicoli elettrici.Ieri, però, nel corso dell’assemblea annuale, l’associazione guidata da presidente Gianni Murano, è stata, se possibile ancora più esplicita. «L’Europa», ha spiegato l’ad e Direttore generale di Esso Italiana, «rischia di smarrire definitivamente la propria centralità industriale. Una transizione efficace non può mai basarsi su divieti, ma deve puntare su pluralità di soluzioni, innovazione e cooperazione tra industria e istituzioni. Ingiustificata e inaccettabile è la proposta di tassare ulteriormente le auto di proprietà e le auto aziendali sulla base della Co2 emessa, avanzata di recente dalla Commissaria europea per la transizione ecologica, Teresa Ribera». Anche perché, continua il ragionamento dell’associazione di Confindustria, tra Iva, tasse di immatricolazione e proprietà, accise sui carburanti e altre imposte varie, «il settore dell’auto a livello europeo genera un gettito fiscale di quasi 400 miliardi di euro, cioè circa il doppio del bilancio Ue». Del resto una strada alternativa c’è e l’Europa si guarda bene dal seguirla. Secondo l’Unem, se si vuole raggiungere l’obiettivo della decarbonizzazione in modo socialmente ed economicamente sostenibile, si deve consentire a tutte le tecnologie di dare il proprio contributo concreto alla riduzione delle emissioni, da considerare sull’intero ciclo di vita. Insomma, deve prevalere il principio di neutralità tecnologica.«Il Piano di azione europeo sull’automotive», evidenzia il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, intervenendo all’assemblea Unem, «ci appare ancora profondamente inadeguato, con troppe lacune sia sulla neutralità tecnologica sia su un possibile contributo dei carburanti ecologici, che possono spingere la decarbonizzazione del parco circolante». E già. Anche perché la desertificazione industriale di cui sopra non aspetta certo che Bruxelles si ravveda. Da mesi i catastrofici dati sulle immatricolazioni delle auto in Europa (in buona parte provocati dai macroscopici errori della transizione green) si ripercuotono sull’occupazione diretta e sull’indotto. Stellantis poche ore fa ha annunciato una procedura di licenziamento collettivo, con incentivo all’esodo, per 610 lavoratori tra Mirafiori e l’area torinese. E gli altri siti, da Termoli per arrivare fino a Melfi non se la passano certo meglio. Mentre Marelli, l’ex gioiellino del gruppo (il maggior produttore di componenti per auto in Italia), schiacciato da 4,9 miliardi debiti ha presentato negli Stati Uniti istanza di accesso al Chapter 11. Una sorta di concordato che consentirà alla società che era stata ceduta al fondo Usa Kkr di proseguire le sue attività produttive. I vertici continuano a dare rassicurazioni sul futuro del circa 6.000 dipendenti italiani. Ma con i tempi che corrono rimangiarsi la parola è un attimo. Se iniziasse a farlo anche la Ribera, ci rimetteremmo sulla buona strada.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/confindustria-stende-ribera-2672363130.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="elkann-rinnega-se-stesso-ora-attacca-le-regole-ue" data-post-id="2672363130" data-published-at="1749804138" data-use-pagination="False"> Elkann rinnega sé stesso: ora attacca le regole Ue Fino a poco tempo fa era l’unica casa automobilistica a difendere a spada tratta il Green deal di Bruxelles, al punto che mentre tutto il settore, in coro, chiedeva di rimodulare le scadenze sulle emissioni, andava avanti come se nulla fosse. Ora il dietrofront. Forse è la linea del nuovo Ceo, Stefano Filosa, che sembra voler girare pagina rispetto al predecessore Carlos Tavares, fatto sta che ieri Stellantis ha sferrato un duro attacco alle regole della Ue.Improvvisamente si è accorta che le regole europee penalizzano l’automotive e che rappresentano un ostacolo alla competizione internazionale, specie quella con i marchi cinesi. Intervenendo all’Automotive News Europe Congress al Museo dell’Auto di Torino, il presidente di Stellantis, John Elkann, ha messo sotto accusa l’iper-regolamentazione comunitaria che «è stata la causa dell’aumento dei costi negli ultimi anni».«Da qui al 2030 entreranno in vigore circa 120 nuove normative», ha spiegato Elkann. «Se guardiamo ai nostri ingegneri, oltre il 25% di loro lavora solo per garantire la conformità normativa, quindi senza generare valore aggiunto. Abbiamo bisogno di una regolamentazione smart, intelligente», anche per fare auto piccole, sul modello delle K-Car giapponesi. Le normative più rigide in materia di emissioni e la transizione verso l’elettrico impongono di investire in nuove tecnologie e infrastrutture, incrementando i costi di produzione.Per rispettare i limiti di emissioni sempre più stringenti, come quelli previsti dalla normativa Euro7, in vigore dal 1° luglio 2025 per le nuove omologazioni, i costruttori devono investire in tecnologie sofisticate che secondo Acea, l’associazione dei costruttori di auto, portano ad aumenti fino a 2.600 euro per veicolo mentre la Commissione Ue parlava al massimo di 450 euro. Elkann ha ricordato che «la prima generazione della Fiat 500 pesava circa 400 kg mentre quella che produciamo oggi pesa tre volte tanto. E ovviamente, più peso significa più energia da consumare, e questo non è positivo per l’ambiente». Quindi un fallimento degli obiettivi della politica verde europea.Già un mese fa, nel corso del «Future of the car summit», il presidente di Stellantis aveva pungolato Bruxelles sollecitando una rapida decisione sul futuro dell’automotive e incalzando sulla questione dei costi. Anche allora aveva sottolineato che «alcune auto sono troppo costose, fondamentalmente a causa di una regolamentazione che le ha rese così care». A questo punto «l’Europa deve decidere cosa vuole fare se vuole essere una nazione che costruisce auto o che le compra», aveva detto Elkann. E se la sfida è fornire auto che siano eco sostenibili e che la gente vuole comprare, bisogna anche che i prezzi siano concorrenziali. Allo stato dei fatti invece Bruxelles sembra non aver attenzione all’andamento del mercato, troppo concentrata com’è nella definizione di regole che assicurino la realizzazione del Green deal. Noi lo diciamo da tempo, Elkann fino a pochissimo tempo fa la pensava diversamente.
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