
La misura ha avuto un successo trasversale senza marcate differenze fra Mezzogiorno e Regioni del Nord. Nel 2021 scadrà: Pd e renziani vanno all'attacco e chiedono di rivedere anche il Rdc. I grillini si ribellano.Dopo che quota 100 è stata approvata anche per il 2020, c'è già chi pensa a cosa succederà dopo il 31 dicembre 2021, giorno in cui finirà la fase sperimentale della misura voluta dall'ex governo gialloblu. Nonostante, dunque, al momento non sia prevista alcuna revisione, il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, ha già fatto sapere che per il nuovo anno si prevedono due commissioni, una al Cnel e una al ministero del Lavoro, per capire come affrontare il futuro.A confermare che per il momento non ci saranno cambiamenti ci hanno pensato fonti interne a Palazzo Chigi che ieri hanno spiegato che «Non è all'ordine del giorno dell'agenda di governo alcuna revisione». Intanto, però, le polemiche sulla continuazione di quota 100 non sono mancate. Il ministro delle Politiche Agricole, la renziana Teresa Bellanova, ha detto ieri di attendersi che «il governo cambi passo e che non ci siano totem». Il presidente dei senatori Pd, Andrea Marcucci, sempre ieri ha aggiunto: «Quota 100 e reddito di cittadinanza sono un'eredità del governo con Matteo Salvini. Il primo provvedimento, particolarmente ingiusto verso i giovani, scade comunque nel 2021, il reddito di cittadinanza sta andando peggio delle peggiori previsioni. Possono anche non essere in agenda revisioni immediate, ma è sicuramente il tempo di iniziare a valutare. Non abbiamo toccato quota 100 per garantire la certezza delle leggi, ma tutti sono consapevoli dei suoi limiti enormi».Non ci è voluto molto ieri perché arrivasse una replica dal Movimento 5 stelle: «Ancora una volta ci ritroviamo a leggere notizie infondate che riguardano reddito di cittadinanza e quota 100. Chiariamo subito una cosa: per il Movimento 5 stelle queste due misure non si toccano e non ci sarà nessuna modifica fino a che saremo al governo», ha fatto sapere il partito attraverso il Blog delle stelle.Cosa succederà, dunque, dopo il 2021? Tra le ipotesi più gettonate c'è quella di un sistema quota 100 con requisiti differenti. A decidere se percorrere o meno questa strada ci penserà una squadra di esperti del Cnel composta da Alberto Brambilla, Angelo Pandolfo, Cesare Damiano, Marco Leonardi, Michele Raitano e Michele Faioli. L'obiettivo è capire come risolvere il nodo dello scalone di cinque anni che nascerebbe tra gli ultimi pensionati di quota 100 e chi non potrà accedervi per qualche mese. L'idea, in questo caso, potrebbe essere quella di andare in pensione con 64 anni di età e 36 di contributi calcolando l'assegno mensile solo con il sistema contributivo, come avviene per l'altra misura previdenziale, Opzione donna, riservata alle lavoratrici e confermata anche per il prossimo anno.C'è poi la proposta del numero uno dell'Inps, Tridico. L'idea sarebbe quella di avere un sistema che non consideri la pensione sulla base della vecchiaia, ma sulla gravosità del lavoro stesso. Del resto, è già stata confermata in manovra una commissione tecnica per lo studio della attività gravose. Un'altra ipotesi, sempre firmata da Tridico, è quella di un sistema che tenga conto della condizione dei giovani italiani che praticano attività lavorative piuttosto discontinue, creando così un fondo integrativo pubblico che permetta di coprire il periodo in cui si versano meno contributi.Al momento, insomma, non c'è nulla di concreto, ma le istituzioni si stanno attivando per trovare una soluzione in tempi relativamente brevi. «Su quota 100», ha detto ieri il premier Giuseppe Conte, «torneremo a interrogarci. È chiaro che il modo migliore, come indirizzo politico, è affrontare il tema distinguendo i lavori usuranti da quelli che non lo sono e operare le decisioni conseguenti. L'idea in questo caso è quella di superare quota 100, che si esaurirà nel 2021, così come la legge Fornero, con una riforma strutturale del sistema pensionistico. Una nuova architettura “flessibile", a cui sta lavorando soprattutto il presidente dell'Inps Pasquale Tridico, che prevede di modulare l'uscita dal mondo del lavoro in base all'occupazione svolta, con una sorta di “sistema a punti"».Ma come è andata nel 2019 quota 100? Secondo l'Inps sono state presentate 201.000 domande (in base agli ultimi dati ufficiali aggiornati all'11 novembre, mentre secondo il deputato della Lega Claudio Durigon il totale del 2019 è stato di 227.000 domande). Di queste, al momento, ne sono state accolte circa 150.000 e ne sono state analizzate 166.000.Oltre 80.000 domande sono arrivate da lavoratori che avevano fino a 63 anni, 84.000 richieste, invece, sono arrivate da chi aveva tra i 63 e i 65 anni, mentre solo 36.000 da chi aveva più di 65 anni. Perlopiù a richiedere l'accesso al quota 100 sono stati professionisti di sesso maschile (148.629 domande), mentre le donne sono state 52.393. Dando uno sguardo ai tipi di gestione previdenziale che hanno richiesto accesso alla norma voluta dall'esecutivo M5s-Lega, si nota come le domande siano arrivate in maggior parte da lavoratori dipendenti (71.603 domande) e dalla gestione pubblica (61.590). Seguono gli artigiani (18.669 richieste), i commercianti (18.178), il cumulo (15.026), i fondi speciali (10.960), spettacolo e sport (561) e gestione separata (87).Su base geografica, sono arrivate 16.648 richieste da chi lavora a Roma e 10.041 da chi opera a Milano. In terza posizione troviamo Napoli con 8.555 domande, seguita da Torino (7.725) e Palermo (4.985). Poco meno, 4.985, le richieste in arrivo da Bari e 4.217 da Catania. Poche le differenze a livello numerico, poi, tra Firenze (3.823), Bologna (3.784) e Genova (3.658). Tra le città che, invece, con meno lavoratori che hanno utilizzato quota 100, secondo i dati Inps, ci sono Sondrio (416 richieste), Fermo (425), Aosta (434), Vibo Valentia (440), Crotone (477), Gorizia (482), Isernia (497), Verbano Cusio Ossola (497), Vercelli (545) e Lodi (573). Si vede subito, dunque, come la norma per andare in pensione anticipatamente abbia interessato in modo omogeneo tutta la penisola senza una particolare prevalenza di richieste da Nord o da Sud. Il 2020 sarà dunque un anno decisivo perché il governo dovrà spiegare che strada intende intraprendere. Intanto, però, secondo il bilancio 2020 dell'Inps, per questa norma la spesa prevista è di 5,2 miliardi di euro.
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.
Donald Trump (Ansa)
La Corte Suprema degli Stati Uniti si appresta a pronunciarsi sulla legittimità di una parte dei dazi, che sono stati imposti da Donald Trump: si tratterà di una decisione dalla portata storica.
Al centro del contenzioso sono finite le tariffe che il presidente americano ha comminato ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act (Ieepa). In tal senso, la questione riguarda i dazi imposti per il traffico di fentanyl e quelli che l’inquilino della Casa Bianca ha battezzato ad aprile come “reciproci”. È infatti contro queste tariffe che hanno fatto ricorso alcune aziende e una dozzina di Stati. E, finora, i tribunali di grado inferiore hanno dato torto alla Casa Bianca. I vari casi sono quindi stati accorpati dalla Corte Suprema che, a settembre, ha deciso di valutarli. E così, mercoledì scorso, i togati hanno ospitato il dibattimento sulla questione tra gli avvocati delle parti. Adesso, si attende la decisione finale, che non è tuttavia chiaro quando sarà emessa: solitamente, la Corte Suprema impiega dai tre ai sei mesi dal dibattimento per pronunciarsi. Non è tuttavia escluso che, vista la delicatezza e l’urgenza del dossier in esame, possa stavolta accelerare i tempi.






