2021-01-17
Con questo governo raccogliticcio il Recovery è un «pianto Marshall»
Gli aiuti americani funzionarono perché nel frattempo Alcide De Gasperi aveva sconfitto i comunisti e creato un esecutivo forte. Quando gli eredi di Palmiro Togliatti li paragonano ai fondi europei dovrebbero ricordarselo.La retorica europeista accentuatasi negli ultimi giorni da parte dei 5 stelle, armata sempre più in rotta al soldo di Brancaleone da Volturara Apula, e del Pd che vuole diluire l'identità italiana nella melassa continentale, continua a ripetere che il Recovery fund è un'occasione unica, che siamo a un tornate della storia perché quel piano è più imponente di quello che dal 1948 al 1951 gli Usa misero in atto per iniettare nell'economia del Vecchio continente distrutta dalla guerra quasi 12,8 miliardi di dollari. Non paghi di tanto vuoto trionfalismo, dicono che senza Giuseppe Conte - il Brancaleone da Volturara Apula - i soldi non ci sarebbero. E in effetti non ci sono. Per ora sono solo promessi soldi e probabilmente non promossi visto che il Recovery italiano è scritto con i piedi e con la sfiducia alla gola è più una piova dantesca di sussidi che la costruzione di una cattedrale per usare un'espressione usata da Matteo Renzi passata troppo sotto silenzio, ma ci torneremo... Ciò che c'è è un Paese percosso e attonito che scivola inesorabilmente nelle sabbie mobili della povertà senza più la scala mobile per il sostegno di redditi e pensioni; quanto all'ascensore sociale è rotto da un pezzo. Ma la psuedosinistra non lo sa e si bea di redditi di cittadinanza e di professioni di sudditanza all'eurocrazia. Lo schema impolverato che si ritira fuori in questa circostanza è il governo Ursula (senza Italia viva, che tanto per loro se l'Italia è morta è meglio), cioè quella tonta alleanza che ha eletto a capo della Commissione europea frau Von der Leyn capace di farsi prendere in giro anche dalla Pfizer mentre l'europeissima Angela Merkel si compra i vaccini per conto suo. In nome di questo europeismo si aggiunge che votare è impossibile - questa è la concezione dei sinceri democratici del Partito democratico, quanto agli stellati, loro pensano che basti internet dove l'uno vale l'altro - perché se vincono i barbari della destra l'Europa si sdegna e ci presenta il conto! Ora si potrebbe obiettare che i barbari erano quelli che stavano a Nord del Reno, ma la storia ormai in Italia si studia poco, anche in Dad. Il punto però non è questo. È che paragonare il Recovery italiano al piano Marshall è un refuso della storia: qui siamo al pianto Marshall. Occorrerà ricordare che Alcide De Gasperi il 3 gennaio del 1947 andò in America a compiere quello che è rimasto negli annali come il «viaggio del pane». Confiderà a Giulio Andreotti: «Solo i santi potranno far andare bene questo viaggio». De Gasperi tornerà e tra l'aprile e il giugno del 1947 il Pci - per nostra fortuna - sarà estromesso dal governo. Accadrà in tutta Europa. Quando cominciano ad arrivare i dollari americani De Gasperi ha vinto le elezioni del 18 aprile 1948 portando la Dc al 48,51 per cento dei voti. Cioè De Gasperi gestisce da solo e in coalizione con Giuseppe Saragat e l'Unione socialista con la maggioranza assoluta dei consensi il miliardo e duecento milioni di dollari che il piano Marshall destina all'Italia. Se è vero, come sostengono i laudatores di Giuseppe Conte, che il Recovery fund è dieci volte tanto il piano Marshall è possibile farlo gestire da un governo che si regge sulle spalle di alcuni trafficoni del sottobosco parlamentare? Cercheranno di convincerci che il trasformismo parlamentare è nelle mani del ministro dell'interno Luciana Lamorgese come fosse un'operazione umanitaria di accoglienza dei migranti della politica? Oppure sentiremo riecheggiare le note di Jovanotti che sogna una grande chiesa che va da Conte a Mastella passando per Cesa? Non si rendono conto, gli enfatizzatori del Recovery, che più parlano della centralità e dell'epocalità dell'occasione che l'Europa bontà sua ci offre con i soldi nostri e più rendono paradossale affidare il futuro dell'Italia per i prossimi sette anni di contabilità e i prossimi trenta di fattibilità nelle mani di un governo che sta in piedi con il ricatto dei costruttori? La domanda andrebbe posta a Sergio Mattarella. Per affermare ciò che il coro dei politicamente corretti nega: e cioè che le elezioni politiche sono indispensabili proprio in conseguenza del Recovery fund. Non si può far decidere da un governo raccogliticcio il futuro delle nostre prossime generazioni. Lo grida la democrazia, lo afferma il buon senso, lo impone la storia che a impostare, gestire e attuare il Next Genration Ue - mai nome fu tanto stridente - sia un governo sorretto dalla maggioranza dei consensi! Altrimenti si passa dal piano al pianto Marshall. Possibile che il diktat ricevuto dall'Europa sia così forte da non far porre al presidente della Repubblica il dubbio se non stia consegnando l'Italia al ridicolo della storia e alla disperazione del presente? Possibile che gli eredi di quel Palmiro Togliatti che orgogliosamente sputò sulla cittadinanza italiana siano oggi ancora succubi dell'idea di distruggere l'identità nazionale per pigliarsi la rivincita sul piano Marshall impedendo al popolo di votare e al centrodestra di salire legittimamente al potere? Così siamo davvero al pianto Marshall, siamo all'Europa che dice soldi sì, ma a condizione che non facciate votare gli italiani. Siamo ai trenta denari di Giuda con i quali si compra la crocifissione della democrazia! Siamo all'assurdo che 209 miliardi di euro (la metà sono soldi nostri) in sei anni possono essere impegnati da un governo di minoranza perché si vuole e impedire che al potere vada un governo sostenuto dalla maggioranza dei cittadini. Presidente Sergio Mattarella si specchi nella storia e ci spieghi questo cortocircuito della storia. Altrimenti non ci resta che il pianto. Senza neppure Marshall.