2019-07-05
Con l’aiuto di Putin si può spezzare l’asse francotedesco
Lo Zar dialoga a lungo con Sergio Mattarella e Giuseppe Conte, dimostrando ottimi rapporti con Roma. Che punta al disgelo tra Russia e Usa.È stata una giornata particolarmente impegnativa quella di Vladimir Putin ieri a Roma. Il presidente russo in visita di Stato lampo in Italia ha prima avuto un incontro di cinquantacinque minuti con papa Francesco in Vaticano, nel quale si è parlato di dossier come Venezuela, Siria e Ucraina. Successivamente si è recato in visita al Quirinale dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con cui ha discusso a lungo, quasi un'ora e mezzo, soprattutto di Libia. Poi ha partecipato a un faccia a faccia della stessa durata con il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, cui è seguita una cena a Villa Madama alla presenza dei vicepremier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Proprio prima di ripartire, lo «Zar» ha infine incontrato anche l'amico Silvio Berlusconi. Il clima generale è apparso molto positivo, i rapporti tra i due Paesi sono stati definiti «eccellenti» da Conte, «nonostante le sanzioni». Nella conferenza stampa di ieri pomeriggio, il presidente russo ha evidenziato il tema della cooperazione economica e culturale tra Russia e Italia, definendo «efficace» il dialogo con Mattarella e Conte, e affermando che Roma resta un partner molto importante per Mosca. Conte, dal canto suo, ha auspicato un dialogo tra Bruxelles e il Cremlino, mentre entrambi i presidenti si sono mostrati fiduciosi su un superamento delle sanzioni europee contro la Russia.Questo viaggio italiano di Putin potrebbe rivelarsi ricco di implicazioni geopolitiche per il governo gialloblù. E, in particolare, per la Lega. Non è un mistero che il Carroccio punti da sempre sulla possibilità di una distensione tra Washington e Mosca. Non solo Matteo Salvini ha costantemente mostrato un profondo apprezzamento verso il presidente americano, Donald Trump, ma ha anche criticato, spesso duramente, le sanzioni economiche imposte dall'Unione europea al Cremlino per la questione della Crimea: misure che, secondo il leader leghista, produrrebbero un significativo danno economico al nostro Paese.In questo senso, quella che a molti commentatori è semplicisticamente parsa come opportunistica schizofrenia, potrebbe in realtà celare un obiettivo ben più complesso e ambizioso da parte della Lega: favorire un disgelo tra Stati Uniti e Russia, permettendo all'Italia di giocare un ruolo diplomatico di primo piano e scommettendo sulla possibilità di lasciarsi alle spalle – una volta per tutte – il vecchio e bellicoso paradigma della Guerra Fredda. Si tratta, a ben vedere, di una strategia tutt'altro che aleatoria. Segnali concreti che potrebbero favorire questa distensione infatti ce ne sono. In primo luogo, le recenti elezioni presidenziali ucraine hanno determinato un cambiamento di non poco conto. La sconfitta di Petro Poroshenko (notorio falco antirusso) ha permesso l'ascesa dell'attore Volodymyr Zelensky: un profilo che, per quanto resti ancora sotto molti aspetti un'incognita, inaugurerà prevedibilmente una fase distensiva con il Cremlino. In secondo luogo, non bisogna poi ignorare il ruolo di Viktor Orban: anche il premier ungherese sta puntando molto sulla distensione tra Washington e Mosca, rafforzando contemporaneamente i propri legami con entrambe. In un simile contesto, l'Italia potrebbe sfruttare il clima favorevole per partecipare attivamente a quest'opera di mediazione. Il viaggio di Putin a Roma è avvenuto del resto poche settimane dopo la visita dello stesso Salvini a Washington, dove ha incontrato – tra gli altri – il vicepresidente americano, Mike Pence. In tal senso, questo tentativo di mediazione da parte di Roma potrebbe avere qualche interessante obiettivo. In primis, rilanciare il ruolo dell'Italia a livello internazionale, al di là della debole e farraginosa diplomazia di Bruxelles. In secondo luogo, con questa mossa il governo gialloblù potrebbe sperare di assestare un deciso colpo all'asse franco-tedesco. Se la cancelliera Angela Merkel intrattiene infatti rapporti freddi con Trump, le relazioni del presidente francese, Emmanuel Macron, risultano tese sia con l'inquilino della Casa Bianca che con quello del Cremlino. In questo senso, un governo tendenzialmente antifrancese e antitedesco come quello gialloblù potrebbe avere molto da guadagnare nel farsi promotore di un disgelo tra Washington e Mosca. Una strategia che, secondo alcuni, sarebbe sintomo di populismo e improvvisazione. Eppure, non è certo la prima volta nella sua storia che l'Italia cerca una sponda (soprattutto americana) per contrastare l'alleanza tra Berlino e Parigi. Lo fece, per esempio, Silvio Berlusconi nei primi anni 2000, quando si avvicinò a George W. Bush, e prima di lui Amintore Fanfani nel 1963 quando attuò una convergenza con John Kennedy. La differenza rispetto al passato è che la Gran Bretagna non sembra in grado di contribuire a controbilanciare l'asse franco-tedesco. La strada che l'Italia sta cercando di intraprendere non è priva di rischi, ma potrebbe portare molti frutti, a partire dalla stabilizzazione di alcune aree calde (Libia in primis). Roma potrebbe però anche trovare due valide sponde per quanto riguarda la politica interna. Se ha spesso ricevuto critiche a livello europeo, la politica migratoria del governo gialloblù mostra non poche affinità con quella adottata da Donald Trump e Vladimir Putin. Entrambi i presidenti auspicano infatti un'idea di sovranità forte, accompagnata da un controllo vigile dei flussi migratori, oltre che da un saldo presidio dei confini nazionali. Stati Uniti e Russia potrebbero, insomma, fornire un sostegno alle attuali politiche migratorie del Viminale. Un obiettivo cui Salvini sembra essere interessato a puntare. Soprattutto dopo i recenti attriti con Germania e Francia sul caso Sea Watch 3.
Pier Silvio Berlusconi (Ansa)
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