2021-10-10
Franz Botré: «Con il Trofeo Arbiter premiamo i sarti artisti del su misura»
Il direttore dell’omonima rivista, che ieri ha incoronato Orrù: «Gli appassionati si fanno cucire anche pigiami e mutande»Forbici, aghi, spilli, ditale e metro giallo. Sembra incredibile, eppure bastano così pochi utensili per trasformare un tessuto, già di per sé un capolavoro, in un’opera d’arte qual è l’abito su misura. Un vero peccato che ne parli poco ma c’è chi, come Franz Botré, direttore della rivista Arbiter, ne ha fatto un vero e proprio credo. «Arbiter è, e sarà, il punto di aggregazione su cui fondare e costruire insieme il futuro del fatto a mano su misura in Italia», dice, «stabilendo insieme i principi che governano i valori in questo campo e la loro gerarchia. L’arte del sapere, di fare, di saper fare e di far sapere». Su queste basi è nato l’evento Milano Su Misura e il Trofeo Arbiter giunti alla seconda edizione, una due giorni terminata ieri e organizzata al Principe di Savoia di Milano. Di cosa si tratta?«Parliamo di 28 sarti, 13 artigiani, due convegni e due esposizioni, più gli approfondimenti, le interviste e i commenti dei maestri artigiani della mente, della mano e della materia. E a conclusione della 48 ore, la sfilata dei clienti dei sarti e la cena di gala, con le premiazioni e l’assegnazione del trofeo ai magistri (vinto da Gianfranco Orrù) e agli iuvenes vincitori».Come si svolge la gara?«Il momento clou è stata la sfilata dei sarti con l’assegnazione del Trofeo Arbiter, il primo grande riconoscimento alla sartoria maschile. Dopo mesi di lavoro, i 28 maestri portano in passerella le loro creazioni realizzate scegliendo tra i tessuti Loro Piana, partner dell’evento».Due le categorie.«Sì, magistri e iuvenes per gli under 35; due i temi assegnati, uno per ciascuna categoria, che i maestri hanno interpretato secondo la loro visione in un esercizio impeccabile di stile in equilibrio tra etica ed estetica. Fabrizio Ciafrei, managing director della textile division di Loro Piana, ha voluto dare un consiglio ai sarti: “Divertitevi. Fatelo con i nostri tessuti, giocate quando interpretate l’eleganza maschile più classica, aggiungendo qualche tocco di modernità”. Chi ha partecipato alla prima edizione ha aumentato il lavoro, per esempio Francesco Florio, ragazzo siciliano con sartoria a Roma che ha vinto il premio con il miglior pantalone, ha aperto a Parigi». Da chi era composta la giuria?«Ad assegnare i premi sono stati i 13 membri del collegio giudicante. Esperti, appassionati, collezionisti di arte, estimatori del bello e fatto bene, interpreti di cultura e buon gusto. Arrivano dall’Italia, dalla Francia, dalla Germania, dalla Serbia con il compito di premiare la sartoria italiana. I premi in palio sono stati 12, uno di questi è quello del pubblico e dei social: i lettori e il pubblico hanno votato attraverso i social di Arbiter». Il su misura funziona?«Sta tornando. Da quando facevo Monsieur fino ad Arbiter oggi, parlo a chi va in sartoria, un uomo che non viene addobbato da uno stilista ma ha la cultura per scegliere con il suo sarto le stoffe, gli interni, i bottoni. Un uomo diverso, che spazia dalla scarpa, alla camicia, alla biancheria intima, alle calze e alle mutande, tutto su misura. Non vuole farsi vestire da altri». Chi veste dal sarto?«Soprattutto professionisti. Il 55% dei nostri lettori tra i 30 e i 49 anni è avvocato. E poi tanti giovani che si stanno avvicinando a un modo di vestire che li differenzia». Eppure vediamo uomini totalmente ineleganti.«È vero. A esempio, nelle foto di Daniel Craig, vestito da sartorie londinesi, si possono notare abiti pieni di difetti. Possiamo dirlo, è ridicolo e chi capisce di sartoria lo trova penoso. E poi non ha camicie con i gemelli. I lettori di Arbiter queste cose le notano». In questi due giorni non si è parlato solo di moda.«Il su misura è un mondo ampio, dalla casa all’auto: Bmw è salita a bordo della seconda edizione del Trofeo Arbiter. Nel suo Dna ci sono il tema dell’eleganza e della personalizzazione per rendere unica l’auto. Le macchine nuove saranno iPhone con quattro ruote, costruite in base alle richieste del cliente». Sarti e sartorie hanno un futuro?«Certo. Maurizio Dallocchio, professore della Bocconi, ha raccontato proprio come dal punto di vista manageriale debbano crescere queste realtà. Non si deve solo pensare a come disegnare gli abiti ma bisogna anche studiare e fare corsi. Un bravo sarto non realizza più di due o tre abiti alla settimana, invece, in una sartoria dove magari sono in otto o dieci di abiti ne fanno molti di più, quindi si devono gestire il magazzino, l’approvvigionamento dei tessuti e i pagamenti. Si deve essere molto bravi come sarti ma anche aprire la testa sul resto». Non è mancata la ricerca di Loro Piana.«Ha messo l’accento sulla richiesta, anche femminile, di vestire su misura. Ma mancano le sarte. E una certa comunicazione. I giornali parlano della moda guardando agli stilisti e ai marchi». Il concetto di vivere su misura cosa significa? «Non a caso abbiamo ospitato artigiani di ogni tipo. Nell’esposizione abbiamo spaziato dalle calze di Bresciani a Damiani che fa i gemelli su misura, ai manichini di Toscanini, alle camicie di Siniscalchi o alle scarpe di Banzola. Saskia Wittmer, arrivata a studiare storia dell’arte a Firenze anni fa, per cercare di guadagnare qualcosa è andata a lavorare da un calzolaio e si è talmente innamorata del mestiere che ha smesso di studiare e produce scarpe su misura straordinarie. Artigiani di altissima levatura. Il camiciaio ti fa anche il pigiama e le mutande su misura. Un uomo abituato a indossare solo capi su misura deve possedere preparazione e cultura e sceglie in modo diverso anche l’auto, l’orologio, il vino, il ristorante e l’albergo».
(Totaleu)
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