2021-05-16
«Con il design Milano si rilancia nel mondo»
Gilda Bojardi (Photo by Pietro D'aprano/Getty Images)
L'ideatrice del Fuorisalone: «Torneremo a settembre con un'edizione diversa ma che mostrerà la vitalità della città e delle aziende. Ci serve il contatto fisico col pubblico. Le nostre imprese sono creative e hanno la capacità di seguire le trasformazioni del settore».Il riconoscimento è arrivato in occasione dei 30 anni del Fuorisalone, da lei ideato nel 1990. A Gilda Bojardi era quasi ovvio che venisse assegnato il Compasso d'oro alla carriera. D'altronde «l'avvocato» («Ma il mio destino era un altro»), direttore di Interni dal 1994, ha saputo far crescere il settore del design in modo esponenziale sia con la rivista nata nel 1954 sia grazie agli eventi e alle installazioni sparse per la città durante il Fuorisalone in concomitanza del Salone del mobile (che quest'anno si terrà in edizione ridotta dal 5 al 10 settembre). L'intera filiera, secondo Federlegnoarredo, conta 71.500 imprese, 307.000 addetti e un fatturato di quasi 40 miliardi.Dopo la laurea, si è votata a ben altro.«Non era scritto che facessi quello. Ho superato gli esami da procuratore e una volta diventata avvocato ho chiuso la professione per dedicarmi ad altre strade molto più divertenti, almeno per me».Come arriva nel mondo del design?«Incontri fortuiti che mi hanno spinto a fare altro. Ugo La Pietra, Alessandro Mendini, Ettore Sottsass, Andrea Branzi, Antonio Citterio, Giulio Cappellini, Michele De Lucchi e tanti altri. Tutte persone che ho avuto modo di conoscere e ognuno mi ha insegnato qualcosa, ero all'inizio della carriera». Interni più che una rivista è un vero e proprio sistema.«Ha attraversato l'evoluzione del gusto ed è testimone del cambiamento del design e dell'arredamento. Credo che quello che dobbiamo ammirare è la creatività dei progettisti italiani e internazionali e la capacità delle imprese italiane di seguire questa grande trasformazione di proposte che regolano l'economia del settore. Alla base c'è l'imprenditoria».Il lungo periodo di chiusure ha bloccato le industrie?«Non direi. Le imprese sono state chiuse poco se non durante il primo lockdown, ma poi hanno continuato a produrre pur nel rispetto dei protocolli. La macchina non si è mai fermata. Per questo siamo stati stimolati a comunicare già l'anno scorso con la Interni designer's week. L'anno scorso a settembre la prima edizione e quest'anno in aprile la seconda, in un momento ancora più difficile perché eravamo in zona rossa quando abbiamo iniziato a organizzare. Fortunatamente il primo giorno, il 12 aprile, siamo diventati zona arancione e di conseguenza tutti gli showroom hanno spalancato le porte». La Designer's week è andata bene, eppure sono sorte polemiche sul Salone del mobile, fino alle dimissione del presidente Claudio Luti?«Non sono coinvolta nella gestione del Salone ma credo, come ha dichiarato Luti, che all'interno non ci fosse un'indicazione univoca per quanto riguardava le decisioni da prendere. Ala fine verrà proposta un'edizione di Salone differente. Sono molto contenta del fatto che si farà. Bisogna comunicare anche a livello internazionale che Milano vive di design. Io sono più concentrata sul Fuorisalone dove tutte le anime si sono unite. Fuorisalone è ormai un'etichetta ben precisa. Le aziende presenteranno i loro prodotti e faranno allestimenti negli spazi della città. C'è la necessità dell'aspetto fisico, di parlare con i progettisti, gli imprenditori, gli architetti. Siamo ben felici di avere la tecnologia ma non è sufficiente».Lei ha inventato il Fuorisalone, una formula magica.«Importante è stato il sistema di comunicazione, il mettere in rete tutti gli eventi e promuoverli. All'inizio abbiamo dovuto far breccia tra gli architetti e i designer internazionali affinché venissero a Milano. Penso a Ron Arad, per esempio, giunto con i suoi prototipi perché non lavorava ancora con le aziende. E a molti altri nomi non ancora famosi, esplosi più avanti. I primi anni è stato un vero e proprio lavoro di sollecitazione. L'inizio è stato faticoso perché non avevano il sistema a nostro favore. Nessuno poteva immaginare lo sviluppo che c'è stato successivamente. Due anime, Fiera e Fuorisalone, con l'affermazione di un ruolo ben preciso per la città».Ora le due anime convivono.«Direi di sì. C'è un rapporto con le aziende super costruttivo perché non si può pensare alla parte cittadina se non in collaborazione con tutte le imprese e i designer. Una coesistenza indipendente dove tutti abbiamo lo stesso linguaggio comune, ovvero il design e la cultura del progetto, con la città che partecipa affiancata dalle istituzioni in modo ufficiale. Perché a livello internazionale parlando di Salone si intende anche il Fuorisalone e viceversa. Il denominatore comune è il progetto, è chiaro che siamo un unicum all'interno di organizzazioni differenti». È cambiato, dopo quello che abbiamo vissuto, l'approccio alla casa?«Senza dubbio. Nel periodo del lockdown più duro rappresentava la nostra vita, l'ufficio, il punto d'incontro, la scuola. È cambiato l'utilizzo dei mezzi digitali. Abbiamo anche capito le necessità concrete di arredo. E il fatto di stare più in casa ha stimolato nuovi acquisti. Non potendo spendere per andare al ristorante o per un vestito abbiamo tutti dedicato una maggiore attenzione all'arredo. Lo confermano anche le aziende che hanno visto aumentare i consumi». Le novità di settembre?«Torneremo in Statale con il Fuorisalone con l'evento Interni creative connections. Ci rifacciamo al claim del Padiglione Italia di Expo 2020 che si terrà a Dubai, Beauty connects people: la bellezza come elemento di connessione tra le persone, ma anche come espressione di genio creativo e ricchezza culturale. Ritorniamo ai termini della consapevolezza, della cura intesa come sostenibilità nella progettazione e nei processi produttivi. Bisogna pensare al recupero dei materiali da riciclo». Secondo lei «sostenibilità» è una parola sulla quale si pone attenzione autentica?«Come non mai, perché è una necessità. Il fare consapevole è sì un'indicazione di metodo, ma è assolutamente necessario per chi fa impresa». Ora si riempiono tutti la bocca con la parola ambiente. Non è solo una moda?«La sostenibilità bisogna calarla nella realtà delle cose, deve diventare un metodo per produrre e per consumare. Siamo coinvolti tutti in prima persona». Però siamo ancora molto indietro.«Le trasformazioni hanno bisogno di tempo e questa è una trasformazione epocale. Noi dobbiamo stimolare il cambiamento».
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)