2020-02-10
Con gli aumenti Iva Giuseppi terrorizza gli albergatori più della pandemia
Hotel e ristoranti sono in crisi per il virus cinese e Conte valuta più tasse sui consumi. Il Mef smentisce, ma qualcuno pagherà.Buone notizie per i ristoratori, gli albergatori e pure per gli italiani. Siccome il 2020, a causa dell'epidemia di coronavirus, rischia di essere un anno nero per il turismo, il nostro governo si apprestava ad alzare le tasse su menu e soggiorni in hotel. Ovvio: c'è un settore che potrebbe trovarsi in difficoltà per fattori esterni e la maggioranza giallorossa tende la mano. Peccato che quella stessa mano volesse impugnare il bastone del fisco e prepararsi a tirare una stangata.Niente di nuovo, intendiamoci. Da giorni infatti raccontiamo che il governo nato per non far scattare l'aumento dell'Iva si prepara a fare proprio ciò che aveva giurato che non avrebbe mai fatto. Gli indizi raccolti dai nostri cronisti infatti lasciavano intuire che alla fine, per far quadrare i conti, il ministero dell'Economia avrebbe usato la leva dell'Iva, ricorrendo sia ai tagli delle agevolazioni in vigore per alcuni settori, sia a veri e propri aumenti dell'imposta su beni e servizi attualmente favoriti. La novità di ieri riportata da qualche giornale consisteva nel fatto che a essere nel mirino erano i ristoranti e gli alberghi, i quali rischiavano di vedersi alzata l'aliquota fiscale. Uno scherzetto che per il settore si rivelerebbe una vera e propria batosta, soprattutto perché l'anno è iniziato sotto la cattiva stella del virus cinese. Lo ha detto l'altroieri il governatore della Banca d'Italia, ma lo ribadiscono anche tutti i principali studi di ricerche economiche. L'epidemia non sarà a impatto zero sul Pil italiano, perché la paura del contagio rallenterà non solo gli investimenti delle imprese, per la preoccupazione di una frenata globale dei consumi, ma soprattutto i viaggi, con la conseguenza che il settore condannato a soffrire di più sarà proprio quello del turismo. Basti dire che secondo una ricerca di Confesercenti, i cinesi che arrivano in Italia ogni anno contribuiscono mediamente a far crescere il fatturato di ristoranti e alberghi per una cifra vicina al mezzo miliardo di euro. Il 2020 poi, era considerato un anno importante, perché erano stati sottoscritti alcuni accordi che avrebbero dovuto favorire l'aumento dei visitatori in arrivo da Pechino. Le stime oscillano a seconda di chi le fa, ma si parlava di milioni di cinesi pronti a invadere le città d'arte e pure trattorie e pizzerie, piazzandosi ai primi posti per spesa pro capite.Poi però è arrivato il coronavirus e a un tratto le prenotazioni delle agenzie di viaggio cinesi sono crollate, con il risultato che alberghi e ristoranti corrono il serio rischio di vedere precipitare i loro affari. E non solo per i cinesi, ma perché la paura del contagio indurrà molti a non partire e a non prendere l'aereo. E di fronte a questo scenario nero come la pece, il governo che fa? Si preparava ad alzare le tasse sul settore minacciato dall'infezione. Del resto è noto che dalle parti di Palazzo Chigi si aggirano dei noti premi Nobel per l'economia. Mentre altrove si riducono le tasse per far tornare le aziende e incentivarle a investire, ma anche per spingere i consumi, da noi le si aumentano promettendo di diminuirle. Da un lato si dà un taglietto all'Irpef, cioè alle imposte sul reddito, dicendo agli italiani che d'ora in poi avranno più soldi in busta paga. Dall'altro si alza l'Iva sui consumi per reperire le risorse utili a finanziare il «taglietto». Anche senza coronavirus e crollo del turismo cinese, chiunque capirebbe che il risultato sarebbe a saldo zero, in quando i soldi entrati da una tasca se ne uscirebbero dall'altra, per via di una spesa più salata. Tuttavia, considerando il pericolo del contagio e il vero e proprio crollo delle prenotazioni (nei ristoranti cinesi i tavoli sono desolatamente vuoti), ciò che serviva era proprio un incoraggiamento con un prelievo fiscale più pesante, che certo avrebbe aiutato pizzerie e trattorie a rimpiazzare i turisti cinesi con quelli italiani. Qualcuno alla fine deve aver spiegato agli scienziati al governo che la tassa sui menù e le camere d'albergo era una scemenza e alla fine il ministero dell'Economia ha smentito. Ma non c'è da gioire per la buona notizia.Perché un governo che passa il suo tempo a discutere di prescrizione, partorendo alla fine un accordicchio che salvi la faccia a chi, come Renzi, giurava che non avrebbe mai fatto passare la riforma, non può pensare a come far crescere l'economia e ridurre le tasse. Che, giova ricordarlo, nel 2021 e nel 2023 potrebbero ulteriormente salire a causa del mancato rispetto delle clausole di salvaguardia. Un regalino che agli italiani rischia di costare oltre 40 miliardi. Questo significa che ci sono almeno 40.000 motivi per mandare a casa Conte e compagni il più in fretta possibile.