
Jorge Bergoglio furioso, il porporato rischia lo stato laicale. Un suo ex collaboratore: «Per imporsi usava dossieraggi e intimidazioni».«Non sarai nel conclave che eleggerà il mio successore. Non sei più cardinale. I magistrati che stanno conducendo l'inchiesta mi hanno informato, so di quanto denaro ti sei appropriato. Hai svuotato l'obolo. Eri riuscito a imbrogliarmi, mi hai ingannato per anni, ma ora ti caccio, non avrai mai più la mia fiducia».Venticinque minuti di colloquio durissimo, 500 milioni di euro di buco dalle casse del Vaticano, l'obolo di San Pietro, che ora è pericolosamente vuoto, una rimozione preludio di un processo come da più di 100 anni non accadeva in Vaticano. Tolti tutti i diritti cardinalizi, lo stipendio e la pensione, l'immunità diplomatica, il titolo onorifico è all'esame del tribunale della Segnatura Apostolica per la riduzione allo stato laicale.Nel pomeriggio di giovedì 24 settembre, il Papa ha deciso di fare a modo suo, ha scelto di liquidare quello che fino al 2018 era stato il suo principale collaboratore, tanto da riuscire molte volte a manipolarne le decisioni, il cardinale Angelo Becciu. Lo ha fatto a sorpresa rispetto ai tempi di un'inchiesta su un ammanco monstre di 500 milioni di euro più o meno, che si sta conducendo in Vaticano in modo spedito ma riservato, grazie alle informazioni dettagliate fornite ai magistrati da un importante collaboratore del cardinale, anzi dell'ex cardinale Becciu, il quale ha deciso di parlare, di dire tutto, sia pur con grande paura, un timore reverenziale e una sottomissione psicologica alla quale a quanto pare Becciu era solito sottoporre, tra lusinghe e minacce, coloro che vivevano e lavoravano nella sua orbita.Becciu dunque non sospettava nulla, nemmeno quando è stato convocato dal receptionist di Santa Marta all'improvviso nel tardo pomeriggio. Dal ritorno dall'estate in Sardegna si era regolarmente informato sulla sua situazione, e solo qualche sera prima ad alcuni amici aveva detto di essere certissimo che l'inchiesta sarebbe stata insabbiata. Era tranquillo anche se prima di ogni incontro pretendeva che l'interlocutore allontanasse qualunque cellulare. Ma lo aspettava un colloquio terribile. Il Papa, seduto nella sua poltrona blu, lo ha subito affrontato sulla perdita di fiducia. Gli ha contestato l'uso del sigillo ex audentia sanctissimi, utilizzato per anni come strumento di potere supremo, usato per giustificare ai collaboratori qualsiasi sua azione. Così per esempio era stato coperto l'invio di 100.000 euro alla diocesi di Ozieri da destinare alla cooperativa Spes del fratello Tonino. Detto in termini brutali, Becciu avrebbe utilizzato e apposto quel timbro anche per documenti falsi e sempre senza che il Papa potesse sapere e controllare che cosa veniva firmato e dunque autorizzato. Quando il cardinale ha cominciato a capire che cosa stava succedendo, ha balbettato una frase del tipo «e adesso come facciamo a spiegare questa cosa alla stampa e al resto del mondo», ma Bergoglio non lo ascoltava. Ha proseguito il j'accuse, contestandogli di aver consegnato alla stampa dossier che avrebbero dovuto restare segreti, come quello di Ricca e quello di Peña Parra, tutti e due esposti al pubblico ludibrio con dossier sull'omosessualità alla vigilia di nomine, rispettivamente allo Ior e alla Segreteria di Stato, non gradite a Becciu; ma anche le notizie riservate sulla salute del segretario di Stato, Pietro Parolin, suo grande nemico. Il Papa lo ha accusato di aver utilizzato come complici facendoli arricchire i fratelli. Gli ha detto che ha sempre usato la politica come arma di ricatto e ha introdotto nella Santa Sede ogni risma di finanziere e affarista, avvelenando così l'operazione di trasparenza da lui avviata all'inizio del pontificato. Becciu negava, la bocca secca, e a un certo punto si è alzato in piedi per tentare di dare più forza alle sue risposte, ma tutto è stato inutile. Ora la parola passa a un processo che è nella sua istruttoria alla dirittura di arrivo. Erano due anni che la fiducia in Becciu era sparita, che il segretario Parolin era lentamente ma inesorabilmente riuscito a portare alla luce le evidenze dei tradimenti di Becciu, minando nel Papa quella fiducia totale di cui il cardinale aveva goduto. Era una fiducia conquistata con consumata abilità. Il suo importante collaboratore, il testimone della svolta, ha scritto in un memoriale consegnato agli inquirenti la sua interpretazione del metodo Becciu: «Ripercorrendo a ritroso tutto il film, la parola chiave è “mellifluamente". Non ci siamo accorti, e giorno dopo giorno eravamo sempre più assorbiti. Ci faceva sentire utili, importanti, ci chiedeva pareri e ci dava compiti da svolgere. È stato ciò che in inglese si chiama grooming, tolettare il cavallo, è il metodo tipico dei pedofili, che ti entrano nell'anima e ti fanno fare ciò che vogliono. Purtroppo te ne rendi conto dopo, quando la frittata è fatta». Certo è che per dargli retta Bergoglio aveva sacrificato i collaboratori a cui teneva di più, quelli le cui nomine aveva difeso e caldeggiato: Milone, Ricca, Zanchetta, Chaouqui. Lui non li voleva o li voleva danneggiare, arrivava nelle stanze del papa e lo convinceva. Il ruolo del segretario Parolin sembrava inesistente perché i suoi collaboratori per primi erano convinti che fosse l'altro l'uomo del Papa. E di fatto lo era. Nomine, questioni delicate, viaggi, politica, finché finalmente con l'inizio dell'inchiesta in Segreteria di Stato, l'incantesimo ha iniziato a spezzarsi, a Bergoglio è stato chiaro quale qualità di personaggi avesse fatto entrare: speculatori, finanzieri d'assalto. Un esempio per tutti: ogni giorno Becciu riceveva il dottor Crasso, ex banchiere del Credit Suisse, che su indicazione di Becciu aveva creato Sogenel, una società di intermediazione finanziaria di cui l'unico cliente era la Segreteria di Stato. Più di 500 milioni euro in 4 anni sono passati per quella società, alcuni partiti verso le casse del finanziere Mincione per l'acquisto di un palazzo a Londra pagato una cifra esorbitante; altri in investimenti che poi finivano a finanziarie piccole società in paradisi fiscali schermate da Trust, che gli inquirenti ritengono nascondessero i nomi dei fratelli di Becciu: Tonino, Mario e Francesco. Le società venivano amministrate tramite il figlio di Crasso, Andrea. Sono Panama, Lugano, Londra, la Slovenia, i Paesi utilizzati per rubare sul tasso di redditività dei fondi investiti; una parte del reddito partiva verso le società dei Becciu. Imprese artigiane capitalizzate per milioni di euro: una che faceva pane, una infissi e birra. Angel's beer a maggior gloria del cardinale finanziatore, e Pollicina, ironia sulla statura. L'operazione di pulizia è drastica, anche se appare tardiva perché, sia pur all'inizio di un processo che sarà a sua volta un grande affare mediatico, il recupero del denaro perduto appare difficile e quel denaro è il denaro con il quale la Chiesa si sostenta.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





