2025-06-19
L’unica certezza dei nostri espertoni: comunque vada, The Donald sbaglia
Per gli editorialisti di punta il risultato non cambia mai. Se l’America non agisce è egoista, se appoggia Gerusalemme è guerrafondaia. In ogni caso il presidente è amico di Putin, anche quando gli rema contro.Dunque Donald Trump sbaglia. A fare che cosa non importa davvero. Ciò che conta è che egli sbaglia. Egli «isola e azzoppa gli alleati occidentali» (così La Stampa) perché vuole gestire da solo la crisi fra Israele e Iran. Anzi, peggio: egli è a sua volta solo, solissimo. «Vede gli antichi alleati dell’Atlantico e del Pacifico allontanarsi, gli amici su cui puntava, il leader russo Vladimir Putin sordo ai suoi richiami e il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, certo di saperlo persuadere alla propria offensiva, con argomenti solo in parte noti, la Cina di Xi Jinping non cedere di un palmo sui dazi, le guerre in Ucraina, Gaza» (così Gianni Riotta su Repubblica). Trump è in difficoltà, «non può più sostenere tutto e il contrario di tutto come ha fatto fin qui» (così Massimo Gaggi sul Corriere della Sera), insomma è un cialtrone e un fallito. E per carità, in questa fase i critici hanno gioco facile, perché tutto sembra volgere al peggio. La pace in Ucraina è difficile da ottenere, le trattative vanno per il lungo e sono estenuanti. In Medio Oriente la situazione peggiora, e di nuovo la pace appare lontana. Tutto ciò non contribuisce certo a rafforzare l’immagine di presidente della pace che The Donald aveva voluto offrire di sé al momento di insediarsi. Considerato ciò, è ovvio che vi sia terreno fertile per le critiche, anche le più feroci. Viene tuttavia da chiedersi quale sarebbe - secondo gli illustri commentatori di casa nostra - la strategia da seguire per risultare trionfatori nel grande gioco geopolitico. Perché a leggere editoriali e dotte analisi non è che se ne traggano visioni catartiche. A dire il vero, la sensazione netta è che qui si contesti Trump per partito preso, per il gusto di farlo e perché non è un liberal, e oltre a ciò non si vada. Piccolo esempio. Per mesi si è ripetuto che The Donald è un autocrate amico dei dittatori che vuole imporre un regime fascista negli Usa. I più stimati intellettuali progressisti ci hanno detto che Trump è sottomesso a Putin e vuole regalargli l’Ucraina, incurante delle sofferenze della popolazione. Orbene, se ciò è vero come mai oggi il presidente americano si schiera contro l’Iran? Se è amico del dittatore Putin e ne è succube, se è tra i capi del club dei cattivi destroidi, allora perché si è schierato con Israele? Ricordiamo che con lo Stato ebraico, in questo frangente, si sono allineati praticamente tutti. Il cancelliere tedesco Merz ha ringraziato Netanyahu perché sta «facendo il lavoro sporco per noi». Emmanuel Macron (o almeno una delle personalità che popolano la sua scatola cranica rendendolo comicamente ondivago) ha dichiarato di essere «pronto a difendere Israele». Ci risulta che questi due, Macron e Merz, siano tra i volenterosi bellicisti che contestano le posizioni statunitensi sull’Ucraina e vorrebbero continuare la guerra fino alla caduta di Putin. Fanno parte di un gruppo nato proprio per colmare la lacuna lasciata dal presunto disimpegno di Trump in Europa. A questo punto qualcosa non torna. Che dovrebbe fare Trump secondo i così geniali amici progressisti? Se supporta Israele e Netanyahu è complice di un pazzo guerrafondaio genocida. Se non lo supporta aiuta indirettamente l’Iran e dunque è complice di pazzi guerrafondai aspiranti genocidi. Se dice che non sono affari suoi le guerre del mondo, i volonterosi lo accusano di abbandonare l’Europa e corrono a fare ambiziosi piani per il riarmo. Se invece mette becco, lo accusano di non sbrogliare velocemente le matasse. Se non solidarizza con i palestinesi di Gaza è complice del massacro, anzi è succube di Netanyahu, peggio ne è segretamente il mandante. Ma se Donald imponesse la chiusura delle forniture di armi a Israele, come pensate che lo descriverebbero qui? Come un amico dell’Iran, un sodale di Putin che fa favori ad altri sodali di Putin. Merz ne parlerebbe male, Macron si indignerebbe per le sorti trascurate di Israele. Certo, dite voi: chissenefrega di Merz e Macron, giusto? E invece no. Perché se te ne freghi di questi e dell’Ue diventi un eversore, uno che vuole sbriciolare l’unità europea per dominarci meglio. La realtà è che a volersi infilare nel groviglio di cortocircuiti come questi si rischia di sprofondare in abissi di insulsaggine in cui vale tutto e il suo contrario. Il fatto è che Trump sarebbe contestato dai progressisti anche se adottasse il loro programma, che del resto è totalmente contraddittorio. Essi infatti si ergono a strenui difensori dell’Occidente e della Nato ma solo perché Biden ha tenuto a battesimo la guerra in Ucraina. Finché c’era Biden sono stati molto cauti e silenti su Israele, e ora invece si scatenano anche se ciò significa andare contro l’Occidente che difende l’Ucraina. Il dramma sta tutto qui. Nel fatto che si continua a leggere con le lenti del moralismo ciò che in realtà è complicato e sfuggente gioco di forze, danza suggestiva di poteri. Le nazioni agiscono per interesse, non in nome di nobili principi morali. Anche i sinceri sinistrorsi agiscono esattamente così: si scatenano su Gaza per andare contro Trump, e per lo stesso motivo gridano sulla questione ucraina. Stanno con l’Occidente se ciò aiuta a contestare Trump, e stanno contro l’Occidente se ciò serve al medesimo scopo. Ecco la sconveniente verità: il progressismo globale non ha posizioni o valori, ha solo interessi. E chi danneggia tali interessi diviene un nemico totale da abbattere con ogni mezzo. In questo quadro, il problema non è se Trump si contraddice o mente: è che lo fa per le ragioni sbagliate.
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