Bruxelles ammette: per realizzare il Green deal servono altri 620 miliardi l’anno. Ma bypassa l’Aula con un testo modificato.
Bruxelles ammette: per realizzare il Green deal servono altri 620 miliardi l’anno. Ma bypassa l’Aula con un testo modificato.Mercoledì 12 luglio sarà il giorno del voto a Strasburgo sulla cosiddetta legge Natura, ovvero l’insieme di norme che renderebbero inutilizzabile come minimo il 30% delle aree verdi ed eliminerebbero qualunque intervento umano su almeno 25.000 chilometri di percorsi fluviali. La sfida inizierà comunque il giorno prima, martedì 11, con la discussione in plenaria appunto sulla Nature restoration fissata nell’agenda dell’Europarlamento dalle 9 alle 11.50. Il progetto di legge, sponsorizzato dai socialisti e contrastato dal Ppe, finora è stato respinto tre volte da altrettante commissioni parlamentari (inclusa quella per l’Ambiente) e regola vorrebbe che in Parlamento ora finisca la versione originale che era quella più «strong» con indicazione di votare contro. La commissione Ambiente si sta, però, muovendo per far approdare sul tavolo della plenaria di martedì il documento più mitigato approvato dal Consiglio Ue, nonostante il no dell’Italia. Lo scorso 30 giugno Stéphane Séjourné, leader del gruppo liberale Renew Europe del Parlamento europeo, ha dichiarato a Politico che avrebbe cercato di salvare la legge proponendo un testo di compromesso, «una nuova versione più equilibrata che garantisca l’unità del mio gruppo e allo stesso tempo possa trovare una maggioranza». Insomma, Renew Europe ha presentato emendamenti che ripropongono il testo approvato dal Consiglio a giugno. La proposta di regolamento sul ripristino degli ecosistemi «è chiaramente una prova», con cui il leader del Ppe Manfred Weber «sta testando una maggioranza di destra all’Europarlamento, con i conservatori dell’Ecr, Id e anche parte di Renew, ormai è un gioco politico, il testo del regolamento non c’entra più nulla», ha attaccato ieri il presidente della commissione Ambiente dell’Eurocamera, il macroniano Pascal Canfin. Dal Ppe arriva la voce del presidente Manfred Weber e del capodelegazione di Forza Italia all’Eurocamera, Fulvio Martusciello, che in un editoriale congiunto invitano la Commissione Ue «a ricominciare da capo» con i lavori sul testo. Gli obiettivi della legge, stando all’editoriale, «vanno ben oltre i nostri impegni internazionali che abbiamo sottoscritto» e «non hanno alcuna considerazione delle conseguenze sociali ed economiche». Tra le conseguenze più impattanti della legge, secondo i due leader popolari, vi sarebbe quella sull’inflazione alimentare, in un momento in cui «in alcuni Paesi europei, i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati di oltre il 20%». Riguardo al clima di accusa e di scontro politico sollevato nelle ultime settimane, Weber e Martusciello sottolineano come «il dibattito, che è stato falsamente inquadrato come un’opposizione tra sostenitori e nemici della natura, riguarda in realtà l’impatto delle politiche sul cambiamento climatico sulla vita degli europei». Nel frattempo, come ha rivelato ieri il quotidiano MF, nell’ultima relazione annuale di previsione strategica è stato messo nero su bianco che per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione che l’Unione europea si è data con il Green deal e con Repower Eu servono investimenti aggiuntivi per 620 miliardi l’anno. A questi, si sommeranno poi ulteriori 92 miliardi per raggiungere gli obiettivi del Net-zero industry act. Nel periodo 2021-2027, l’Unione europea è già pronta a spendere 578 miliardi ossia il 30% del suo bilancio. Ma nonostante la Commissione ammetta che si tratta di un piano, se non irrealizzabile, di certo costosissimo, continuano le grandi manovre affinché il Parlamento cada nella trappola e alla fine la legge passi. Così come continuano le pressioni dell’«alfiere» della politica green made in Ue, il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue, Frans Timmermans, che ha contribuito a distruggere la cosiddetta maggioranza Ursula facendo implodere tutto. Nei giorni scorsi ha sottolineato che «la Commissione è sempre pronta a negoziare, come ha fatto con il Consiglio». In realtà, il modello di trattativa di Timmermans è più vicino a quello della minaccia. Lo ha confermato il 14 giugno, in una intervista a La Verità, la relatrice ombra del Ppe, la deputata tedesca Christine Schneider, quando ha raccontato le pressioni che ha ricevuto dall’esecutivo Ue e in particolare dal commissario. Al pressing di Timmermans se aggiungono altri. In una lettera inviata il 6 luglio ai membri dell’Europarlamento, 84 stagisti che lavorano a Strasburgo hanno lanciato un accorato appello agli eurodeputati a votare la legge Natura e a sostenere regole «che potrebbero fornire alla nostra generazione e al pianeta Terra almeno una possibilità di un futuro più luminoso». Quasi un volantino ispirato da Greta Thunberg, che però è su carta intestata del Parlamento europeo (mentre l’amministrazione dovrebbe essere al di sopra della politica e intervenire solo sulle procedure legali) ed è firmato solo da 62 persone: altri 22 hanno aderito preferendo però rimanere anonimi.
Maurizio Landini (Ansa)
- Aumentano gli scontenti dopo il divorzio dalla Uil. Ma il leader insiste sulla linea movimentista e anti Meloni In vista di elezioni e referendum è pronto a imporre il fedelissimo Gesmundo come segretario organizzativo.
- Proteste contro l’emendamento che chiede di comunicare 7 giorni prima l’adesione.
Lo speciale contiene due articoli.
Da mesi, chi segue da vicino le vicende del sindacato e della politica economica del Paese si pone una domanda, se vogliamo banale: ma è possibile che di fronte alla trasformazione della Cgil in una sorta di movimento d’opposizione al governo, ai continui no rispetto a qualsiasi accordo o contratto di lavoro che possa coinvolgere la Meloni e a cospetto di un isolamento sempre più profondo, non ci sia nessuno che dall’interno critichi o comunque ponga qualche domanda a Maurizio Landini?
2025-11-16
Borghi: «Tassare le banche? Sostenibile e utile. Pur con i conti a posto l’Ue non ci premierà»
Claudio Borghi (Ansa)
Il senatore della Lega: «Legge di bilancio da modificare in Aula, servono più denari per la sicurezza. E bisogna uscire dal Mes».
«Due punti in più di Irap sulle banche? È un prelievo sostenibilissimo e utile a creare risorse da destinare alla sicurezza. Le pensioni? È passato inosservato un emendamento che diminuisce di un mese l’età pensionabile invece di aumentarla. La rottamazione? Alla fine, anche gli alleati si sono accodati». Claudio Borghi, capogruppo della Lega in commissione Bilancio del Senato e relatore alla legge di bilancio, sciorina a raffica gli emendamenti di «bandiera» del suo partito con una premessa: «Indicano una intenzione politica che va, poi, approfondita». E aggiunge: «Certo, la manovra avrebbe potuto essere più sfidante ma il premier Giorgia Meloni non ha fatto mistero di volerci presentare nella Ue come i primi della classe, come coloro che anticipano il traguardo di un deficit sotto il 3% del Pil. Io, però, temo che alla fine non ci daranno alcun premio, anche perché, ad esempio, la Bce ha già premiato la Francia che ha un deficit superiore al nostro. Quindi, attenti a non farsi illusioni».
Roberto Fico (Ansa)
Dopo il gozzo «scortato», l’ex presidente della Camera inciampa nel box divenuto casa.
Nella campagna elettorale campana c’è un personaggio che, senza volerlo, sembra vivere in una sorta di commedia politica degli equivoci. È Roberto Fico, l’ex presidente della Camera, candidato governatore. Storico volto «anticasta» che si muoveva in autobus mentre Montecitorio lo aspettava, dopo essere stato beccato con il gozzo ormeggiato a Nisida, oggi scaglia anatemi contro i condoni edilizi, accusando il centrodestra di voler «ingannare i cittadini». «Serve garantire il diritto alla casa, non fare condoni», ha scritto Fico sui social, accusando il centrodestra di «disperazione elettorale». Ma mentre tuona contro le sanatorie, il suo passato «amministrativo» ci racconta una storia molto meno lineare: una casa di famiglia (dove è comproprietario con la sorella Gabriella) è stata regolarizzata proprio grazie a una sanatoria chiusa nel 2017, un anno prima di diventare presidente della Camera.
Edmondo Cirielli e Antonio Tajani (Ansa)
L’emendamento alla manovra di Fdi mira a riattivare la regolarizzazione del 2003. Così si metterebbe mano a situazioni rimaste sospese soprattutto in Campania: all’epoca, il governatore dem Bassolino non recepì la legge. E migliaia di famiglie finirono beffate.
Nella giornata di venerdì, la manovra di bilancio 2026 è stata travolta da un’ondata di emendamenti, circa 5.700, con 1.600 presentati dalla stessa maggioranza. Tra le modifiche che hanno attirato maggiore attenzione spicca quella di Fratelli d’Italia per riaprire i termini del condono edilizio del 2003.
I senatori di Fdi Matteo Gelmetti e Domenico Matera hanno proposto di riattivare, non creare ex novo, la sanatoria introdotta durante il governo Berlusconi nel 2003. Obiettivo: sanare situazioni rimaste sospese, in particolare in Campania, dove la Regione, all’epoca guidata da Antonio Bassolino (centrosinistra), decise di non recepire la norma nazionale. Così migliaia di famiglie, pur avendo versato gli oneri, sono rimaste escluse. Fdi chiarisce che si tratta di «una misura di giustizia» per cittadini rimasti intrappolati da errori amministrativi, non di un nuovo condono. L’emendamento è tra i 400 «segnalati», quindi con buone probabilità di essere discusso in commissione Bilancio.






