2018-05-24
Come salvarsi dalla dipendenza da cellulare
Smartphone, tablet e social network possono avere effetti devastanti sulla nostra esistenza, creando ansie e isolamento sociale. La studiosa americana Catherine Prince ha elaborato un semplice programma che aiuta a liberarsi dall'ossessione tecnologica.Quando mettiamo uno smartphone o un tablet in mano a un ragazzino, probabilmente siamo convinti di fargli un bel regalo. Gli compriamo l'ultimo modello, in modo che non sfiguri davanti agli amici. Magari ci arrabbiamo un po' se lo vediamo sempre impegnato a digitare con la foga di un diavolo della Tasmania, ma ci diciamo che in fondo i ragazzi di oggi fanno così, e lasciamo correre. Invece, sarebbe il caso di stare molto più attenti, perché le conseguenze di quel digitare forsennato potrebbero essere gravissime. Nei prossimi giorni Einaudi pubblicherà in edizione italiana Iperconessi, saggio di Jean Twenge, psicologa della San Diego State University, che La Verità presentò ai lettori qualche mesi fa. Questa signora ha realizzato uno studio molto dettagliato sull'aumento dei sintomi depressivi e dei tentativi di suicidio negli adolescenti. Questa analisi, racconta la studiosa, «ha rilevato che la generazione di adolescenti che io chiamo iGen - nati dopo il 1995 - è più portata a sperimentare problemi di ordine mentale rispetto alle precedenti». C'è qualcosa che influisce pesantemente sulla vita di questi ragazzi: gli smartphone. Stando ai dati raccolti dall'autorevole Pew Research Center statunitense, a partire dal 2012 il possesso di smartphone da parte dei più giovani è cresciuto del 50%. In quell'anno, i casi di depressione e suicidio hanno cominciato ad aumentare. Nel 2015, ben il 73% dei giovani americani aveva in mano un telefonino, e i sintomi depressivi si sono diffusi a macchia d'olio. L'uso compulsivo di dispositivi digitali causa depressione. E, soprattutto, genera dipendenza. Gli studi scientifici sull'argomento sono molteplici, e a fornirne una panoramica piuttosto esaustiva ci ha pensato Catherine Price, laureata a Yale, firma di numerose riviste scientifiche internazionali e autrice di Come disintossicarti dal tuo cellulare, appena stampato in Italia da Mondadori. La signora va dritta al punto: «Molte delle sostanze chimiche inebrianti del cervello e dei sistemi di ricompensa che conducono alle dipendenze da sostanze stupefacenti vengono rilasciate e attivate ogni volta che controlliamo il telefono [...]. Le società che producono i telefoni e le app non soltanto sono consapevoli dei loro effetti sul cervello, ma imbottiscono i loro prodotti di caratteristiche capaci di attivarli, con l'esplicito obiettivo di indurci a dedicare la maggior quantità possibile di tempo e di attenzione ai nostri dispositivi». Nei casi più gravi conviene rivolgersi a specialisti onde evitare il peggio, ma anche chi pensa di non avere alcun problema nel gestire il proprio telefonino dovrebbe dare uno sguardo al libro di Catherine Price. Nelle prime pagine, troverete lo «Smartphone compulsion test» ideato da David Greenfield, psichiatra dell'Università del Connecticut e fondatore del Centro per la dipendenza da Internet e dalle nuove tecnologie. Se ottenete un punteggio superiore ai 5 punti, significa che, effettivamente, avete un problema di dipendenza. Non preoccupatevi: la grande maggioranza delle persone che hanno scelto di sottoporsi al test hanno ottenuto lo stesso risultato, cioè hanno mostrato di soffrire di una compulsione. Ecco perché la Price propone un programma di «disintossicazione» piuttosto elementare, ma efficace. Un primo passo per liberarsi dall'ossessione per la tecnologia che ogni giorno ci domina. Il percorso «detox» si articola in quattro settimane, ma le prime due sono quelle più dirompenti e dunque fondamentali. Le altre aiutano a fare opera di mantenimento. Per questo, nella tabella che trovate qui sopra, abbiamo riportato soltanto i passaggi che riguardano i primi quattordici giorni. Il primo passo consiste nel rendersi conto di quanto tempo si trascorre guardando il telefonino. In Fermate le macchine (Sperling & Kupfer) ho raccontato l'esperimento condotto da Kevin Holesh, fondatore di Moment (scaricabile all'indirizzo https://inthemoment.io), un'app che calcola quanti minuti trascorrete attaccati allo smartphone, al tablet e agli altri strumenti digitali. «Moment serve a tracciare il tempo che passate ogni giorno a guardare lo schermo», mi ha raccontato Holesh, «e vi aiuta a mettere un limite». Insomma, questa app vi dà una mano a disintossicarvi dalla tecnologia. Esattamente ciò che, da qualche anno, sta facendo Kevin. «Decisamente. Sto lavorando per stare il più possibile lontano dai “perditempo". Per me, sono i siti di notizie, Reddit e Twitter. Li ho sostituiti con la lettura di un libro». Catherine Price suggerisce di scaricare un'app di questo tipo, così da rendervi conto di quanta attenzione dedicate al vostro apparecchio. «Gli americani controllano lo smartphone circa 47 volte al giorno», spiega la Price. «Per le persone tra i 18 e i 24 anni, la media è di 82. In totale, sono più di 9 miliardi di controlli al giorno». Non solo. «In media gli americani dedicano più di 4 ore al giorno al telefono, che equivale a 28 ore a settimana, 112 al mese o 56 intere giornate in un anno». Sono cifre spaventose, e quelle registrate in Europa non sono molto diverse. Dunque, cominciate a fare attenzione ai vostri gesti. Eliminate le applicazioni che vi rubano più tempo, soprattutto quelle dei social network, se possibile. E cominciate a cercare alternative. Per esempio, invece di passare un'ora seduti incollati allo schermo, cercate di fare attività fisica, o magari di leggere un libro. Possono sembrare banalità, ma non lo sono. Le nuove tecnologie, a differenza di quelle a cui la maggioranza degli adulti di oggi era abituata, sono appositamente progettate per catalizzare l'attenzione e generare dipendenza. Provate a immaginare come sarebbe la vostra giornata senza lo smartphone: probabilmente vi verrà un attacco d'ansia. Certo, non sempre è possibile «disintossicarsi» in maniera radicale, anche perché i dispositivi digitali sono divenuti strumenti indispensabili per il lavoro. Ma basta poco. Basta crearsi qualche spazio di libertà, momenti in cui il telefonino resti spento, appoggiato lontano. Non è semplice come può sembrare, ma è indispensabile: è l'unico modo per non diventare schiavi di una tecnologia asfissiante.
Il generale Salvatore Luongo e l'ad del Gruppo FS Stefano Antonio Donnarumma (Arma dei Carabinieri)
L’accordo prevede, in aderenza alle rispettive competenze ed attribuzioni, una collaborazione volta a prevenire e contrastare le infiltrazioni criminali e i reati contro la pubblica amministrazione, le violazioni ambientali, a vigilare sul rispetto della normativa in materia di collocamento della manodopera, previdenza e sicurezza nei luoghi di lavoro, ed a prevenire rischi, eventi o azioni che possano compromettere l’incolumità delle persone e l’integrità delle infrastrutture.
L’intesa rinnova e rafforza una collaborazione già avviata, con l’obiettivo di diffondere e promuovere la cultura della legalità, con particolare attenzione alle fasce più vulnerabili della società e di sviluppare ulteriori sinergie per assicurare la protezione delle risorse e dei servizi pubblici affidati alla gestione del Gruppo FS Italiane, nonché la sicurezza dei trasporti e la gestione delle emergenze.
Nell’ambito del protocollo, il Gruppo FS Italiane potrà promuovere e organizzare, con la collaborazione di rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri, incontri, seminari e corsi di formazione a favore dei propri dipendenti.
Il Generale Salvatore Luongo, a margine dell’incontro, ha sottolineato che: «Quella di oggi rappresenta la firma di un protocollo di grande valore, perfettamente in linea con le strategie comuni dell’Arma dei Carabinieri e delle Ferrovie dello Stato Italiane», ricordando poi che tra le due istituzioni «Esiste una lunga tradizione di lavoro congiunto e che entrambe sono presenti in modo capillare su tutto il territorio nazionale, e in parte anche all’estero».
Concludendo, Luongo ha evidenziato che «Innovare questa intesa, fondata sulla condivisione di valori e ideali, significa compiere un ulteriore passo avanti per continuare a operare sempre meglio e con maggior efficienza, ognuno nei rispettivi compiti, grazie a un’integrazione sempre più stretta».
L'Amministratore Delegato del Gruppo FS Italiane, Stefano Antonio Donnarumma, ha dichiarato che «La firma di questo protocollo rappresenta un passo importante per rafforzare il presidio della legalità e la tutela della sicurezza nei nostri cantieri, nelle stazioni e lungo le infrastrutture che gestiamo. Lavorare accanto all’Arma dei Carabinieri significa poter contare su un presidio autorevole ed efficace, a garanzia di trasparenza, correttezza e rispetto delle regole. È un impegno che portiamo avanti con responsabilità, nella consapevolezza che solo attraverso la legalità si costruiscono infrastrutture solide, sicure e capaci di generare valore per l’intero Paese».
Nell’ambito della piena attuazione al protocollo, l’Arma dei Carabinieri opererà anche mediante il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, il Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale e la Sicurezza Energetica, i Reparti territoriali e il Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari.
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