2022-02-27
Occhio al fuoco amico sull’Italia
Spedire a Kiev armi e denaro, ammassare truppe in Europa orientale e sbarrare le acque a Mosca, anziché spegnere l’incendio, lo farà divampare. Presto, il caos potrebbe estendersi all’Asia. Con esiti imprevedibili.Lentamente, quasi senza accorgercene, stiamo scivolando verso una guerra mondiale dagli esiti incerti e dalle conseguenze economiche indefinite. Ieri dal nostro ministero della Difesa si sono affrettati a far sapere che l’Italia si appresta ad aumentare il contingente in Romania, per «rafforzare il fianco Est della Nato». Al momento nella base Mihail Kogalniceanu di Costanza, sul Mar Nero, la nostra presenza è limitata a pochi uomini, mentre 240 alpini sono concentrati in Lettonia. Ma presto il battaglione sarà incrementato con l’invio di 1.400 soldati, a cui potrebbero unirsi altri 2.000 uomini. Niente, se si pensa alle truppe schierate da Vladimir Putin per invadere l’Ucraina. E niente pure se si considerano i militari impegnati anche dagli altri Paesi della Nato nell’operazione. Il problema, tuttavia, non è costituito dalle forze schierate sul fianco Est o su quello Nord e nemmeno a Ovest. Né si tratta di capire quali siano le regole d’ingaggio di questi contingenti: quasi sempre il compito delle missioni militari è di pura assistenza ai profughi e di sorveglianza dei confini. No, ciò che conta è che sia l’Europa che gli Stati Uniti si stanno impegnando a finanziare e sostenere la resistenza di Kiev all’invasione russa, con il rischio di un’estensione del conflitto.Le forze in campo, l’esercito ucraino contro quello di Mosca, sono chiaramente sbilanciate. Ma più l’Occidente si darà da fare per puntellare la difesa di Kiev e più si rischierà un massacro di militari e civili, con sviluppi imprevedibili. Militarmente non c’è partita fra le truppe agli ordini di Volodymyr Zelensky e quelle comandate da Vladimir Putin. Si può apprezzare il coraggio degli ucraini e del loro presidente, la loro volontà di opporsi a un’invasione che oltre a fare strage di persone distrugge una democrazia, schiacciandola brutalmente con la forza. Però staccare un assegno di centinaia di milioni di dollari, come ha fatto l’America, o come in parte pensano di fare sia l’Europa che l’Italia non serve a fermare il conflitto ma, paradossalmente, ad alimentarlo. I soldi stanziati a favore della resistenza ucraina non sono e non possono essere decisivi in una guerra che è apparsa fin da subito sbilanciata e dunque contribuiscono solo ad aumentare l’agonia di un popolo, senza peraltro salvarlo. Dopo l’aggressione all’Ucraina, la comunità internazionale ha isolato la Russia di Putin, schierandosi al fianco di Kiev e delle sue ragioni, ma tentare di chiudere in un angolo Mosca può avere anche conseguenze inimmaginabili, che al momento non paiono essere state prese in considerazione. Nel suo intervento prima dell’attacco, Putin ha minacciato non solo l’uso della forza, ma anche l’impiego di armi nucleari e dunque spingere sull’acceleratore in un conflitto che può sfociare in una guerra mondiale non è consigliabile. Certo, non si può rimanere impassibili di fronte a un bullo che rischia di mettere a ferro e fuoco l’Europa, ma forse a questo punto era meglio non arrivarci. Come abbiamo scritto fin dall’inizio, riportando anche le parole scritte da Henry Kissinger ai tempi dell’annessione della Crimea, far entrare l’Ucraina nella Nato rischia di provocare una guerra civile. E infatti a questo siamo. Ora, dopo aver stuzzicato l’orso russo, si pensa di fermarlo armando gli ucraini, ai quali si attribuisce il compito di combattere per noi, mentre i nostri soldati se ne stanno al confine per «sostenere», per lo meno idealmente, la resistenza di Kiev. Ma tutto ciò, invece di spegnere l’incendio, rischia di attizzarlo. Così, come rischia di far esplodere tutto, il blocco navale che si vorrebbe schierare contro Mosca. Fermare i mercantili nella Manica, impedire il transito delle navi nel Mar di Marmara, come sembrava potesse accadere ieri, è un atto di guerra, che potrebbe spingere la Russia alle estreme conseguenze. Sì, pur dichiarando di non voler morire per Kiev, qui tutti stanno giocando con il fuoco e nessuno però sembra aver ben chiaro come potrebbe finire, anche se già si intravedono gli effetti economici con l’aumento dei prezzi del gas. In apparenza, Putin sembra isolato, al punto che al Consiglio di sicurezza dell’Onu solo la Russia ha posto il veto alla bozza di risoluzione che la condanna, mentre la Cina si è astenuta (con India ed Emirati arabi uniti). Tuttavia, Pechino ha le stesse ambizioni di conquista di Mosca. Se lo zar del Cremlino sogna di annettere l’Ucraina, Xi Jinping vuole mettere le mani su Taiwan. Insomma, quello che sta accadendo in Europa sembra la prova generale di ciò che potrebbe succedere domani in Asia, con il rischio che una scintilla faccia esplodere tutto. I disastri compiuti in Medio Oriente dagli Stati Uniti hanno indebolito il ruolo di un’America gendarme nel mondo e oggi non basta annunciare l’invio di qualche migliaio di soldati o lo stanziamento di centinaia di milioni per spaventare l’avversario. Non dico che dovremmo abbandonare l’Ucraina al proprio destino, ma di sicuro nemmeno illuderla. Anche perché non è detto che la guerra per commissione prima o poi non ci coinvolga. E allora ci renderemmo conto che la libertà e la pace non sono cose che si possano delegare per procura.