2024-06-07
Colpo di grazia alla transizione eco. La finanza scappa dai fondi verdi
Barclays rivela che da inizio anno gli investitori hanno ritirato 38 miliardi di dollari dai prodotti azionari sostenibili: i rendimenti sono inferiori alle attese. La realtà spazza via la retorica degli ambientalisti.Le magnifiche sorti e progressive della finanza sostenibile accusano una fragorosa battuta d’arresto. Secondo una ricerca della banca Barclays, nei primi cinque mesi di quest’anno gli investitori hanno ritirato 38 miliardi di dollari dai fondi azionari cosiddetti socialmente responsabili, gli Esg (Environment, social, governance, ovvero investimenti che rispondono a determinati criteri ambientali, sociali e gestionali). Nel solo mese di aprile il deflusso netto è stato di 14 miliardi di dollari. Nei soli Stati Uniti gli investitori hanno ritirato 8,7 miliardi di dollari dai fondi azionari Esg nel primo trimestre e 9 miliardi nel mese di aprile.Un fuggi fuggi compensato solo parzialmente dagli afflussi netti positivi dei fondi obbligazionari, la cui massa gestita è inferiore.Secondo un’altra grande banca, Morgan Stanley, i fondi classificati come Esg ammontavano a fine 2023 a 3.400 miliardi di dollari, il 7,2% del totale delle attività gestite dai fondi. Ben l’87% dei fondi Esg è domiciliato nell’Unione europea, anche se le attività possono essere ovunque nel mondo, solo il 10% è domiciliato negli Stati Uniti e il resto in Asia, in particolare in Giappone. Nel 2023 la massa dei fondi Esg è cresciuta del 15% rispetto al 2022, con un forte rallentamento nell’ultimo trimestre del 2023. Nel 2023 gli ingressi netti nei fondi sono stati di 136 miliardi di dollari, quasi tutti nei primi tre trimestri e quasi tutti in Europa. Negli Stati Uniti, infatti, nel 2023 vi è già stato un deflusso netto di 13 miliardi di dollari. Il calo di afflussi di denaro nei fondi Esg che si sta registrando nel 2024 è il primo calo netto globale da quando esiste la categoria.Complessivamente, sempre secondo Morgan Stanley, il rendimento mediano dei fondi Esg nel 2023 è stato del 12,3%, che si confronta con un +8,6% dei fondi tradizionali, con i mesi di settembre e ottobre 2023 in cui i fondi Esg hanno sottoperformato rispetto ai fondi tradizionali. Ma se si restringe il campo ai fondi domiciliati in Europa, la differenza tra i due investimenti si fa molto sottile, con gli Esg che hanno reso il 13% e i fondi tradizionali l’11,8%. Il rendimento è paragonabile, ma le commissioni una tantum sono più alte in un fondo Esg: secondo l’ultimo rapporto di Esma, l’autorità europea che vigila sul settore finanziario, le spese iniziali sono state sostanzialmente più alte per i fondi Esg (0,23%) rispetto ai fondi non Esg (0,11%).Per concludere con i dati, 100 dollari investiti in fondi Esg nel dicembre 2018 valevano 135 dollari a dicembre 2023, contro i 125 dollari dei fondi tradizionali (fonte Morgan Stanley). Il deflusso netto di capitali è spiegato da diversi fattori. In primis, le performance complessivamente non negative ma certo non straordinarie e, soprattutto, molto al di sotto delle aspettative, gonfiate da massicce campagne di propaganda. È soprattutto la componente azionaria legata all’energia rinnovabile a soffrire di rendimenti molto al di sotto delle attese. Queste sono state gonfiate dall’illusione di alti profitti garantiti dai sussidi di Stato alle energie verdi, profitti che però sono lontani dal manifestarsi, almeno nella misura in cui erano attesi. Questa visione non teneva conto dei fattori di realtà che man mano si sono manifestati, e che pure avrebbero dovuto essere già conosciuti ai professionisti che amministrano masse così ingenti di denaro. Il primo fattore è la posizione di predominio quasi totale della Cina sulle materie prime necessarie alla transizione. Tale posizione dominante rende assai volatili i mercati delle materie prime, come dimostrano le vicende di rame e nichel, le cui quotazioni subiscono scossoni a ogni fiato di Pechino. Il secondo fattore è il rialzo prolungato dei tassi di interesse, che ha spinto fuori mercato molti investimenti già deliberati, facendo crollare le quotazioni di aziende come Orsted. Sono in particolare gli investimenti nell’eolico offshore a soffrire di più degli alti tassi, perché sono quelli a più alta intensità di capitale.Vi sono poi i limiti ai sussidi che le finanze pubbliche possono erogare, considerato che molti Stati dell’Unione europea sono già al di fuori dei parametri consentiti dal Patto di stabilità e dovranno effettuare nel prossimo triennio vigorose manovre correttive. Il che rende meno certi i rendimenti «garantiti» dalle coperture pubbliche.Ultimo fattore è la graduale presa di coscienza della clamorosa sottostima degli investimenti necessari alla transizione, che stanno rendendo la stessa un obiettivo sempre meno credibile. L’International energy agency stima in 4.500 miliardi di dollari all’anno le necessità di investimento per la transizione. Inoltre, la domanda di rame sarebbe tale che il prezzo dovrebbe raggiungere quotazioni stratosferiche.La realtà vince sempre, e la realtà oggi è fatta dei fattori che abbiamo elencato, a cui si aggiungono le condizioni geopolitiche (due guerre e difficoltà nei trasporti marittimi), le tensioni con la Cina sul commercio (vedi la vicenda dei dazi americani) e il prezzo del petrolio, che costa ancora poco, rispetto a tutte le altre fonti di energia, rinnovabili comprese. C’è chi dice che quella dell’Esg sia una bolla simile a quella delle dotcom di inizio secolo: la storia insegna, ma non ha scolari.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.