2022-12-21
Colpiti da un razzo dal fronte russo nella terra di nessuno sul Dnepr
Con il reporter Claudio Locatelli e il traduttore Daniel Andenov, indagavamo sugli anomali attacchi sferrati contro un borgo semideserto, vicino Kherson. Un ordigno ha quasi centrato la nostra auto: siamo vivi per pochi centimetri.Niccolò Celesti, inviato a KhersonNon ci siamo mai tirati indietro dal riportare le notizie di questa guerra, anche le più marginali, siamo una troupe di tre persone, con il giornalista Claudio Locatelli e un giovane traduttore, Daniel Andenov. In questi giorni eravamo arrivati a Kherson, a Nord della città, nel villaggio di Antonivka in prossimità del ponte Antonovsky, recentemente distrutto dopo la ritirata russa. Al di là delle sponde del Dnepr i russi tengono sotto tiro questo villaggio dove sono rimasti principalmente anziani, gli stessi anziani che il giorno prima ci hanno raccontato le loro storie sotto l’occupazione russa: «Ci dicevano che eravamo dei fascisti», una signora russa ci racconterà dopo. «I soldati, i miei stessi concittadini, mi dicevano: “Guardati allo specchio, vedrai una terrorista”». Per due volte abbiamo avuto la sensazione che volessero colpirci. La nostra macchina, bianca e blu con le grandi scritte «Press» su tutti i lati, è indiscutibilmente visibile anche da molto lontano, ma al nostro passaggio sono sempre seguiti i colpi di artiglieria proveniente dall’altro lato del fiume. C’era un funerale, ieri, eravamo in ritardo, volevamo verificare il numero di morti di questi giorni e raccogliere testimonianze. Quando siamo arrivati sul posto attraversando un dedalo di stradine sterrate e sconnesse, davanti al cimitero non c’era più nessuno. Ci siamo fermati con l’auto su una strada perpendicolare, esponendo la parte anteriore, per un attimo, alla strada perpendicolare al fiume, esposta alla visuale russa sull’altra sponda. Avevamo appena finito la manovra per ripararci dietro al muro di una casa, quando davanti a noi è arrivato il colpo. L’esplosione ha alzato la terra, le schegge e i detriti sono finiti sulla parte destra della macchina, dove sedevano Locatelli e Andenov. Dopo il colpo era chiaro che eravamo noi il bersaglio: è iniziata una fuga rocambolesca per eludere il puntamento successivo; la strada dove stazionavamo è stretta e avevamo pochissima visibilità per via dei finestrini esplosi; la vettura piena di attrezzatura che impediva la visuale dallo specchietto retrovisore. Non avevamo molta copertura e dovevamo essere velocissimi. Claudio, seduto al posto del passeggero, ha perso il casco durante l’esplosione e i vetri del finestrino gli hanno procurato alcune ferite sull’orecchio destro; vedevamo il sangue ma non sapevamo se fosse grave o no. Daniel, seduto dietro, anche lui ha perso il casco durante la fuga. La macchina però è finita contro un muretto con il cerchione della gomma destra, già sgonfia, perché colpita dalle schegge dell’esplosione. Siamo andati in retromarcia a forte velocità lungo tutta la via, fino al momento in cui siamo riusciti a girare il muso della vettura e a scappare con una manovra evasiva per alcuni isolati del villaggio. Trovato un posto dove parcheggiare, accanto a dei blocchi di cemento armato, uscendo dalla vettura ci siamo resi conto dell’accaduto, guardando la portiera con tutti i fori delle schegge che ci hanno investiti.Dopo aver medicato l’orecchio di Claudio, abbiamo cercato di fare il punto della situazione sul percorso da prendere per tornare verso Kherson, ma dovevamo comunque passare da uno dei punti esposti direttamente all’altra riva del fiume, da dove ci avevano bersagliati. Durante la discussione, altri colpi sono esplosi intorno a noi. Fortunatamente, l’artiglieria ucraina ha risposto al fuoco, facendo così cessare l’attacco. Abbiamo deciso che la cosa migliore da fare era riprendere la macchina e correre verso la città, anche se senza una ruota; così dopo un breve briefing, siamo tornati sull’unica strada possibile, esposta direttamente alla visuale dell’esercito russo. Abbiamo passato il ponte e gli ultimi edifici, fino a trovare un riparo dietro a a una costruzione dove, per fortuna, alcuni militari ci hanno procurato una gomma nuova per toglierci dall’area. Eravamo i bersagli, e ne abbiamo avuto la certezza dopo aver analizzato i filmati, i fatti avvenuti il giorno prima, i percorsi seguiti, le distanze e tutte le altre informazioni raccolte. Se eravamo qui è anche perché stavamo investigando su degli altri bersagli, gli abitanti del villaggio di Antonivka, e raccogliendo i loro racconti ci iniziavamo a fare alcune domande. Antonivka è il villaggio a nord del famoso Ponte Antonovsky, l’unica vera ragione strategica per bombardare quest’area. Il ponte pero è già distrutto e non c’è motivo alcuno di bombardare un villaggio dove sono rimaste poche persone, che cercano di sopravvivere arrangiandosi di giorno in giorno. Per altro qui vivono ancora molti russi e si dice che ci fossero molti filorussi, che durante l’occupazione vivevano nelle case abbandonate dagli abitanti scappati all’arrivo dell’invasore. Non c’è alcuna presenza militare in quest’area, ce ne siamo resi conto con un po’ di stupore quando il primo giorno abbiamo vistato la zona per la prima volta. Claudio, che stiamo seguendo in questo reportage sul fronte Sud, vuole approfondire e a ragione: la sua esperienza e il suo background anche militare suggeriscono che la situazione è insolita e certamente pronta al cambiamento. La sensazione è proprio quella di una transizione: da tutti e due gli schieramenti di questo conflitto ci sono indicatori di un cambio di strategia. E c’era nell’aria una notizia di cui stavano parlando a bassa voce in molti, ma di cui ieri è arrivata la conferma da parte di funzionari dell’amministrazione Usa alla Cnn: gli Stati Uniti cercheranno di dare all’esercito ucraino delle apparecchiature per trasformare gli ordigni classici in bombe intelligenti. Questo vorrebbe significare una ulteriore svolta nel conflitto, sopratutto in aree come quella di Kherson, dove il fronte è molto vicino e dove la fanteria non può avanzare per via del corso del fiume Dnepr. Certo è che da questo momento l’esercito russo cercherà di mantenere ancora una volta la strategia della tensione, bersagliando obiettivi civili e dei media per creare quanto più caos possibile.