2024-05-03
Coccolano gli ecoteppisti e si inventano gli ecofascisti
Difendere l’ecologia da destra è diventato quasi impossibile. Alle gang di sinistra invece perdonano anche il vandalismo.Ormai non è più sufficiente adeguarsi al discorso dominante. Non basta, cioè, limitare la discussione pubblica agli argomenti che rientrano nei parametri stabiliti dagli attuali padroni del pensiero. Al comune cittadino e a maggior ragione a politici e commentatori è richiesto uno sforzo ulteriore, una più grande prova di fede. Occorre aderire completamente alla narrazione ideologica: non solo occuparsi della questione calata dall’alto in cima all’agenda politica, ma farlo rispettando punto per punto le modalità prestabilite. In caso contrario si viene accusati di eresia e trattati da impresentabili nonostante si dimostri sensibilità alle nuove e incontestabili emergenze.La questione ecologica fornisce clamorose dimostrazioni di questa tendenza. È stato deciso che il catastrofismo radicale debba essere l’unica prospettiva ammissibile per ogni discorso sull’ecologia e il rispetto della natura. Per questa ragione, gli attivisti di movimenti come Extinction Rebellion e Ultima generazione vengono portati in palmo di mano. Lungi dall’essere ribelli antisistema, essi sono l’avanguardia del potere, quelli che vengono utilizzati per spostare in avanti l’asticella di ciò che è ammissibile in nome della lotta alla crisi climatica. Di fronte ai blocchi stradali, agli attacchi alle opere d’arte e a tutte le altre intemerate dei giovani militanti qualsiasi misura liberticida presa dai governi e dagli organismi internazionali apparirà tutto sommato blanda e ragionevole. E se per caso gli attivisti travalicano, danneggiano o causano danni, beh, non ci sono problemi: si attribuiscono gli eccessi all’entusiasmo giovanile. Oppure si agisce come ha fatto la giudice bolognese che ha concesso l’attenuante dei motivi di particolare valore sociale a tre militanti verdi che avevano bloccato una tangenziale (con conseguenti ricadute sui poveri cristi costretti a rimanere prigionieri nel traffico). Secondo la giudice, gli attivisti hanno «agito non certo per soddisfare un interesse personale ed egoistico, ma per uno scopo superiore, nobile e altruistico, ovvero la tutela dell’ambiente, messo a concreto e sempre più allarmante rischio di irreversibile compromissione per via del cambiamento climatico in atto». Se l’intenzione è buona, vale tutto. Chi e come abbia stabilito la bontà suddetta a quanto pare non rileva: ormai è passata una verità inattaccabile, a cui ovviamente aderiscono praticamente tutti i maitre a penser più in vista. Da qualche tempo, infatti, i membri di Ultima generazione sono molto coccolati dagli intellettuali progressisti. Da una parte è abbastanza semplice presumere che in questi imberbi sedicenti rivoluzionari i nostri maturi maestrini rivedano sé stessi, e si ricordino di quando erano giovani manifestanti convinti di migliorare il mondo e ignari di fare invece il gioco del grande capitale.Ecco allora che Gad Lerner firma con entusiasmo la prefazione al libro di Simone Ficicchia, uno dei pochi ad avere uno spessore politico decente in Ultima generazione. «Ficicchia è una persona perbene. I ragazzi come lui ci danno la sveglia», dice il celebre giornalista. E se possiamo credere che il militante sia in effetti un bravo ragazzo in buona fede, sulla «sveglia» ci permettiamo di nutrire molti più dubbi. Un’altra regina dei salotti buoni, Ginevra Bompiani, ha firmato un commento a un volume collettaneo intitolato Ultima generazione: disobbedienza civile e resistenza climatica, il quale contiene vari testi dei nostri bravi ecoentusiasti.Il ritornello è sempre il medesimo: poiché agiscono in nome di un Bene superiore - quello certificato dalla religione ecologista - i militanti green meritano comprensione, ammirazione, assoluzione. Poiché siamo in emergenza, anche le azioni più estreme vanno giustificate.Qui, però, qualcosa non torna. Se fosse vero che l’emergenza giustifica tutto, allora ogni tipo di ecologismo dovrebbe essere accettato e incoraggiato. E invece no. A quanto pare ci sono forme di attenzione alla natura che non possono essere tollerate. Per la precisione tutte quelle che provengono da ambienti identitari o destrorsi.La destra e l’universo conservatore coltivano o da molto tempo un notevole interesse per l’ecologia, intesa spesso come difesa del creato o come tutela di un patrimonio antico minacciato dal culto del progresso. Ebbene, tutto ciò ora viene bollato come «ecofascismo» e demonizzato. Lo mostra con chiarezza un libro di Francesca Santolini intitolato appunto Ecofascisti, in cui si prendono di mira tutti i perfidi destrorsi che sono «appropriarsi» della causa ambientale.«L’ecologismo di estrema destra è tutt’altro che una novità: risale dritto fino alla sua incarnazione su larga scala più aberrante, l’“ecologia nazista”, che impastò misticismo, esoterismo, teoria della razza e nazionalismo per promuovere la purezza del sangue a condizione indispensabile per la realizzazione di un vero equilibrio fra la terra e le comunità umane», scrive la Santolini. «Oggi, a quasi un secolo dal tristemente noto “sangue e suolo” nazista, si stanno diffondendo correnti di pensiero reazionario che sono passate dal negazionismo climatico, hanno attraversato l’interpretazione strumentale dei suoi effetti, e sono approdate a rafforzare contenuti apertamente razzisti».Secondo l’autrice, che firma per Stampa e Repubblica, occorre fare molta attenzione ai fasci verdi. «Il fascismo, o qualcosa di molto simile, potrebbe accadere di nuovo», spiega. «Le sue forme future forse sembreranno avere poco a che fare con il regime fascista che abbiamo conosciuto in Italia un secolo fa. Ma non dobbiamo dimenticare le infinite sfaccettature delle politiche autoritarie. [...] Tante, diverse e inquietanti componenti del nuovo ecologismo di estrema destra molto hanno in comune con i tratti più identitari dell’ideologia fascista. Ossia di «quella peculiare miscela di conservatorismo e repressione fortemente radicata in una visione naturalizzata della società italiana», con cui “il regime fascista mischiava natura e cultura, razza e politica; il bel paesaggio era tale perché popolato dai rurali italiani che lo avevano addomesticato, costruito filare dopo filare, campo dopo campo, villaggio dopo villaggio».Conclusione allarmante: «L’ecofascismo non ha rinunciato alla connessione profonda tra la natura e la razza. Anzi. Più in generale esprime una vera e propria ossessione per la purezza razziale come indicativa di un «ordine naturale». Un’ossessione pericolosa, che abbiamo il dovere di identificare».Così funziona: in nome dell’emergenza e di un presunto Bene comune Ultima generazione è giustificata pure se viola la legge, ma la stessa emergenza e lo stesso bene non sono sufficienti a rendere accettabili quanti vengono identificati come «ecofascisti». L’élite intellettuale illuminata ha stabilito di che cosa si debba discutere, per che cosa ci si debba allarmare e in che modo si debba affrontare il problema. O si prende tutto il pacchetto o si diventa reprobi: perfino l’estinzione deve essere antifascista.
Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti (Ansa)