2022-09-22
Cobra Kai verso la sesta stagione: un elogio della forza, aggiornata ma non stravolta
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La serie che riprende i personaggi di Karate Kid ridicolizza il politicamente corretto, ma spiega anche che per batterlo non basta tornare al mondo di ieri: bisogna evolversi, rimanendo se stessi.La quinta stagione di Cobra Kai, la serie televisiva statunitense creata da Jon Hurwitz, Hayden Schlossberg e Josh Heald per YouTube Premium e poi passata a Netflix, è appena finita e già si pensa alla sesta. Come noto, Cobra Kai narra le vicende dei protagonisti del film culto degli anni Ottanta, Karate Kid, a 30 di distanza dai fatti narrati in quella pellicola. Nel film del 1984, che ebbe tre sequel, il giovane Daniel LaRusso (Ralph Macchio) si trasferiva in California, dove veniva preso di mira da una banda di bulli capitanata da Johnny Lawrence (William Zabka). Ne usciva grazie al karate insegnatogli dal maestro Miyagi (Pat Morita), vincendo proprio contro il suo persecutore il locale torneo di arti marziali. In Cobra Kai, Daniel e Johnny sono degli uomini di mezza età, il cui destino è stato profondamente cambiato proprio da quello scontro: il primo, che veniva da una famiglia povera, è diventato un conosciuto imprenditore, il secondo, cresciuto in un contesto agiato, è un alcolizzato che vive di lavoretti. Quando Lawrence decide di riaprire il Cobra Kai (il dojo dei «cattivi» del film, in cui veniva insegnato ai ragazzi a colpire senza pietà) per insegnare ai giovani di oggi a essere dei duri, Daniel si mette di traverso, riattizzando l'antica rivalità (ma anche insospettabili complicità). Pian piano, stagione dopo stagione, praticamente tutti i personaggi della saga degli anni Ottanta rispuntano fuori. La serie, come detto, è arrivata alla quinta stagione, ma il finale più che aperto lascia intendere che ce ne sarà una sesta, a cui gli autori stanno già lavorando.L'evoluzione del personaggio di Johnny, cattivo a tutto tondo in Karate Kid, è sicuramente la parte più interessante della serie, anche per le sue implicazioni sociali. L'ex bullo è di fatto un relitto degli anni Ottanta: a quella decade risale il suo orizzonte musicale, cinematografico, estetico, le sue abitudini (non sa cos'è Facebook e non riesce a usare un computer), i suoi valori. Ha interiorizzato i linguaggi e le prassi sociali di quegli anni: è un maschio alfa che disprezza le «fighette», mangia solo carne rossa, fa battute «offensive» verso razze e generi. Il suo orizzonte valoriale è quello disegnato dall'era reaganiana, da Rambo e Rocky, dal rock vecchia scuola. Ora, la cosa degna di interesse è che Cobra Kai certo ironizza sul fatto che Johnny sia un relitto fossile di un’epoca passata, ma non lo condanna mai veramente. Tutta la serie mette al centro, anzi, i suoi sforzi di evolvere rimanendo se stesso, di trovare un posto in questa epoca senza tradire i suoi valori. A essere veramente ridicolizzato senza speranza di redenzione è invece il mondo del politicamente corretto istituzionale, come per esempio i consulenti scolastici che raccomandano alle studentesse di non vestirsi da «infermiera sexy» per Halloween e credono di prevenire le risse con gli abbracci o con i «safe space». Risibili nelle loro prescrizioni, questi personaggi appaiono anche del tutto inutili per combattere il bullismo. In Cobra Kai non c’è alcun dubbio che l’unica cosa da fare, nella vita, sia combattere. Tutto sta a capire secondo quale stile e quale etica: quella buona, difensiva, spirituale di LaRusso? Quella cattiva, spietata, immorale del Cobra Kai? Il bello, tuttavia, è che Johnny cercherà una via di mezzo tra le due strade, una sorta di Cobra Kai etico: ugualmente fico e duro, ma all’insegna del rispetto. Quando, alla prima seduta del suo nuovo dojo, si mette a prendere in giro gli allievi per i loro difetti fisici, gli stessi per cui vengono bullizzati a scuola e per cui si sono iscritti a karate, la cosa certo appare traumatica, ma alla lunga vincente. Un allievo ha una malformazione al labbro? Johnny lo irride, ma gli suggerisce di non autocommiserarsi, piuttosto di rompere gli schemi. Il ragazzo si fa crescere una cresta punk e da quel momento cambia la sua vita. Questo suo percorso alla ricerca del karate giusto è però una metafora esistenziale: Johnny cerca di orientarsi in un mondo che è cambiato, modificando alcuni suoi atteggiamenti, ma senza rinnegare ciò che è. E la morale della serie non gli dà torto: per esempio a un certo punto si afferma esplicitamente che il karate puramente difensivo di Daniel ha dei limiti insormontabili. Se Johnny impara da Daniel, anche Daniel impara da Johnny.In questo senso, la morale di Cobra Kai - oltre a una più banalotta e hollywoodiana che potremmo riassumere con la frase di Rocky IV esplicitamente citata: «Se io posso cambiare, e se voi potete cambiare, tutto il mondo può cambiare» - è che il politicamente corretto è una degenerazione oppressiva e inutile, ma per combatterlo non basta restaurare il mondo di ieri. Bisogna evolvere e farsi carico di nuove problematiche culturali emerse in questa epoca. Ma bisogna farlo rimanendo se stessi. Bisogna essere duri. Ma in modo nuovo.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)