2023-01-07
Solo due? Ci sono altri dirigenti da sostituire
Dall’opposizione polemiche ipocrite sullo spoils system del governo. Giorgia Meloni, finora, ha rimosso solo il direttore dell’Aifa (nominato da Roberto Speranza) e il commissario al terremoto (ex Pd). Matteo Renzi, senza aver vinto le elezioni, da premier rivoluzionò i vertici dello Stato.Quando Matteo Renzi divenne presidente del Consiglio, prima di preoccuparsi di regalare 80 euro agli italiani per comprarsi le elezioni europee, si occupò di cambiare i vertici delle partecipate dello Stato. In poche settimane, dimissionò i consigli di amministrazione di Eni, Enel, Ferrovie, Poste, Terna e Rai, tanto per citare le aziende più importanti, e li sostituì integralmente con uomini di sua fiducia. Presidenti, amministratori delegati e perfino capi della comunicazione vennero cacciati a prescindere dal merito e dai risultati, solo perché non erano stati scelti da lui, il «Rottamatore». Dopo le società pubbliche, con analogo criterio, fu la volta dei vertici delle forze armate e della sicurezza. In breve, furono sostituiti i capi della Polizia, dell’Aisi e del Dis, cioè dei servizi di sicurezza, il comandante generale della Finanza quello dei Carabinieri e il capo di Stato maggiore della Marina. A ciò seguì la nomina di 25 prefetti, che andarono a occuparsi della guida di altrettante città; quindi, furono ufficializzate le promozioni di una ventina di ministri plenipotenziari, che furono destinati ad altrettante sedi estere, senza contare gli avvicendamenti alla guida della Farnesina, degli uffici giudiziari e del consiglio di Stato, il cui presidente se ne andò all’improvviso, dimettendosi.Sono certo di essermi dimenticato molte delle scelte effettuate dall’allora premier, il quale, in appena due anni e senza essere mai nemmeno passato per un’elezione, ma avendo vinto «soltanto» le primarie del Pd, rivoluzionò la struttura dello Stato, rimuovendo chi gli si opponeva e mandando in pensione chiunque non si fosse rapidamente assoggettato al nuovo corso. «La politica rivendica il diritto di fare nomine», spiegò l’allora presidente del Consiglio in conferenza stampa. E a chi lo accusava di aver piazzato i suoi uomini ovunque, e di voler mettere addirittura un suo fedelissimo ai vertici della cybersecurity, replicò dicendo che il proprio governo valorizzava le figure istituzionali, non gli amici, anche se il candidato alla guida del nuovo ente anti hacker era uno dei suoi amici e non aveva alcun ruolo istituzionale. Certo, da allora, cioè da quando Renzi scalò la presidenza del Consiglio, occupando tutto ciò che poteva occupare, sono passati anni e ormai il suo governo sembra appartenere a un’epoca geologica lontanissima. Tuttavia, se rammento alcuni passaggi di quel periodo, è solo per evidenziare quanto sia ipocrita la polemica di certi esponenti dell’opposizione sullo spoils system praticato da Giorgia Meloni. Al momento, a essere rimossi sono stati solo il direttore dell’Aifa e il commissario al terremoto delle Marche, il primo nominato da Roberto Speranza e il secondo ex parlamentare del Pd, ma è probabile che nelle prossime settimane altri dirigenti possano essere congedati, compreso il direttore del Tesoro. Avviene a ogni cambio di maggioranza e, come abbiamo visto nel caso di Renzi, a volte le rimozioni si trasformano in una vera e propria decapitazione dell’intera classe dirigente dello Stato, che non risparmia funzionari e amministratori delegati. Dunque, ci vuole una bella faccia tosta (Daniele Capezzone su queste pagine ha usato un’espressione un po’ più forte, ricorrendo a una vecchia pagina di Cuore, l’inserto satirico dell’Unità) per sostenere come hanno fatto alcuni esponenti della sinistra, tra i quali il segretario del Pd, che la sostituzione di Magrini all’agenzia del farmaco e quella di Legnini all’emergenza sisma siano una gestione poco rispettosa della cosa pubblica e una scelta grave e sbagliata. Tutti i governi si affidano a persone e funzionari di cui si fidano e siccome molte nomine, ai vertici delle aziende pubbliche come delle istituzioni, sono più politiche che tecniche, è inevitabile che ogni presidente del Consiglio e ogni ministro vogliano avere al loro fianco dirigenti che conoscono. Che c’è di male? Se davvero cambiare i vertici di un’agenzia o sostituire un commissario fosse un vulnus alle strutture dello Stato, che cosa dovremmo dire di Renzi, ma anche di Letta, Gentiloni, Conte e Draghi, che da premier hanno fatto e disfatto consigli di amministrazione e ministeri? Ma soprattutto, si può governare se l’azione per cui un esecutivo ha ricevuto un mandato dagli elettori è intralciata da un funzionario che è stato scelto da chi ci stava prima e dunque non potrà che mettersi di traverso? In America, a ogni cambio alla Casa Bianca corrisponde un repulisti degli uffici. Dunque, più che stupirsi per la sostituzione di Magrini e Legnini io mi domando: come mai solo loro? Se Giorgia Meloni vuole cambiare il Paese, come dice di avere intenzione di fare, non bastano due nomine. Dunque, mi aspetto il resto.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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