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2022-01-23
Morti covid, ricoveri, vaccini. I numeri italiani non tornano
Ansa
C’è qualche cosa che non torna, quanto meno nei numeri. I primi a non quadrare sono quelli dei contagi nelle scuole. Secondo il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, gli studenti positivi, costretti a seguire la didattica a distanza, sono una minoranza, a dimostrazione che sui banchi tutto funziona a meraviglia. Ma siamo sicuri che sia proprio così? L’Istituto superiore di sanità fornisce i dati all’ingrosso, tanto che si fa fatica a distinguere se si tratti di bambini, adolescenti, minorenni o maggiorenni. Soprattutto, risulta impossibile capire se i contagiati siano vaccinati o meno. Fino a qualche settimana fa, l’Iss rilasciava numeri precisi e suddivisi. Poi, all’improvviso e senza spiegazione, ha deciso di mettere tutto nel calderone, con il risultato che perfino i professori di statistica rimangono confusi di fronte al nuovo sistema di misurazione dei positivi. Una cosa è certa, spiega il professor Antonello Mariotti, docente dell’università Lumsa: in passato, con un ventesimo dei contagiati si chiudevano le aule e si spedivano a casa gli alunni, mentre ora si chiude un occhio e forse anche tutti e due.
A non tornare però è soprattutto il numero dei morti di Covid. Settimane fa ci eravamo permessi di riportare le dichiarazioni del presidente dell’Aifa, il professor Giorgio Palù, il quale in un’audizione parlamentare aveva notevolmente ridimensionato il numero dei decessi per Covid, sostenendo che le morti accertate a causa della malattia erano poche migliaia. Aver pubblicato la notizia ci è costato insulti e accuse di essere cattivi maestri, che contribuiscono alla negazione del virus. In realtà, noi ci eravamo limitati a fare il nostro dovere di cronisti, che consiste nel riportare i fatti anche quando questi non piacciono al governo e ai giornaloni. Tuttavia, ora a mettere in dubbio la conta delle vittime è l’immunologo Guido Silvestri, ossia non proprio un negazionista. Via Twitter, il docente ha sottolineato quanto sia «importante chiedersi quanti, degli oltre 9.000 morti di Covid comunicati dai bollettini dal 1 dicembre a oggi, siano effettivamente morti per questa infezione e non semplicemente con essa». In più, lo studioso accende un faro «sull’assenza di dati specifici da parte di Regioni, Iss, Istat e ministero», senza i quali è difficile fare un confronto con la mortalità generale della popolazione nei 5-10 anni precedenti. In pratica, dopo mesi di allarmi, un epidemiologo del calibro di Silvestri, che certo è difficile schierare fra i no vax, mette in dubbio i dati che quotidianamente vengono snocciolati, lasciando intendere che forse, proprio come scrivemmo settimane fa sulla base delle dichiarazioni di Giorgio Palù, sono sovrastimati.
Non è finita: dalla Spagna arrivano alcuni numeri che fanno riflettere, soprattutto perché i nostri spesso arrivano in ritardo e perché di recente si sono modificati i campioni. In pratica, da Madrid si segnalano tassi di decessi e ricoveri molto diversi dai nostri, nonostante l’andamento dell’epidemia nel Paese guidato da Pedro Sánchez sia molto simile a quella che si registra in Italia. La mortalità e le persone finite in terapia intensiva non sono, come da noi, in maggioranza no vax, ma principalmente di persone vaccinate. A differenza di ciò che accade in Italia, in ospedale i degenti sono per due terzi vaccinati e la percentuale sale di tre quarti se si parla di vittime. Certo, nella penisola iberica sono più avanti di noi per quanto riguarda seconda e terza dose, ma ciò non toglie, anche considerando il paradosso di Simpson, che le percentuali rovesciate colpiscono e fanno riflettere sulle misure messe in campo per combattere il Covid.
Sempre per rimanere in ambito internazionale (e anche perché in alcuni Paesi le tendenze, anche epidemiche, arrivano prima che da noi), alcuni studiosi inglesi hanno lanciato un appello per conoscere i veri numeri dei decessi fra bambini e giovani sottoposti alla vaccinazione anti Covid. Dal primo maggio al 24 dicembre si sarebbero registrati 53 morti in più della media dei cinque anni precedenti, un fenomeno che secondo il centinaio di medici e docenti che hanno sottoscritto il documento, andrebbe indagato con attenzione, per capire quale sia la correlazione fra iniezione e vaccino. Una sensibilità che, nonostante alcuni improvvisi decessi fra i giovani, da noi nessuno sembra avere.
Insomma, dopo due anni di pandemia abbiamo bisogno di numeri certi, non di opinioni ballerine. Di virologi in tv che dispensano pareri smentiti poi dalla pratica o dagli eventi ne abbiamo tutti le tasche piene. Soprattutto non né possiamo più di decisioni che vengono smentite dai fatti, costringendo tutti a improvvise retromarce. Se non ce ne fossero già troppe, servirebbe un’Authority, cioè un istituto indipendente che vigilasse sulla diffusione dei numeri, certificandone l’attendibilità. Certo, poi tocca vedere chi mettere a capo di questo ente. Perché se ci va una delle virostar che abbiamo imparato a conoscere in questi anni, sarebbe come mettere una volpe in un pollaio, e di ciò che succede davvero negli ospedali e nelle scuole ne sapremmo ancora di meno.
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Illustri scienziati come Guido Silvestri hanno dubbi sul metodo di conteggio dei decessi, mentre i dati sui no vax che arrivano da Madrid sono troppo diversi da quelli dell’Iss. Perplessità anche su studenti e reazioni avverse.C’è qualche cosa che non torna, quanto meno nei numeri. I primi a non quadrare sono quelli dei contagi nelle scuole. Secondo il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, gli studenti positivi, costretti a seguire la didattica a distanza, sono una minoranza, a dimostrazione che sui banchi tutto funziona a meraviglia. Ma siamo sicuri che sia proprio così? L’Istituto superiore di sanità fornisce i dati all’ingrosso, tanto che si fa fatica a distinguere se si tratti di bambini, adolescenti, minorenni o maggiorenni. Soprattutto, risulta impossibile capire se i contagiati siano vaccinati o meno. Fino a qualche settimana fa, l’Iss rilasciava numeri precisi e suddivisi. Poi, all’improvviso e senza spiegazione, ha deciso di mettere tutto nel calderone, con il risultato che perfino i professori di statistica rimangono confusi di fronte al nuovo sistema di misurazione dei positivi. Una cosa è certa, spiega il professor Antonello Mariotti, docente dell’università Lumsa: in passato, con un ventesimo dei contagiati si chiudevano le aule e si spedivano a casa gli alunni, mentre ora si chiude un occhio e forse anche tutti e due.A non tornare però è soprattutto il numero dei morti di Covid. Settimane fa ci eravamo permessi di riportare le dichiarazioni del presidente dell’Aifa, il professor Giorgio Palù, il quale in un’audizione parlamentare aveva notevolmente ridimensionato il numero dei decessi per Covid, sostenendo che le morti accertate a causa della malattia erano poche migliaia. Aver pubblicato la notizia ci è costato insulti e accuse di essere cattivi maestri, che contribuiscono alla negazione del virus. In realtà, noi ci eravamo limitati a fare il nostro dovere di cronisti, che consiste nel riportare i fatti anche quando questi non piacciono al governo e ai giornaloni. Tuttavia, ora a mettere in dubbio la conta delle vittime è l’immunologo Guido Silvestri, ossia non proprio un negazionista. Via Twitter, il docente ha sottolineato quanto sia «importante chiedersi quanti, degli oltre 9.000 morti di Covid comunicati dai bollettini dal 1 dicembre a oggi, siano effettivamente morti per questa infezione e non semplicemente con essa». In più, lo studioso accende un faro «sull’assenza di dati specifici da parte di Regioni, Iss, Istat e ministero», senza i quali è difficile fare un confronto con la mortalità generale della popolazione nei 5-10 anni precedenti. In pratica, dopo mesi di allarmi, un epidemiologo del calibro di Silvestri, che certo è difficile schierare fra i no vax, mette in dubbio i dati che quotidianamente vengono snocciolati, lasciando intendere che forse, proprio come scrivemmo settimane fa sulla base delle dichiarazioni di Giorgio Palù, sono sovrastimati.Non è finita: dalla Spagna arrivano alcuni numeri che fanno riflettere, soprattutto perché i nostri spesso arrivano in ritardo e perché di recente si sono modificati i campioni. In pratica, da Madrid si segnalano tassi di decessi e ricoveri molto diversi dai nostri, nonostante l’andamento dell’epidemia nel Paese guidato da Pedro Sánchez sia molto simile a quella che si registra in Italia. La mortalità e le persone finite in terapia intensiva non sono, come da noi, in maggioranza no vax, ma principalmente di persone vaccinate. A differenza di ciò che accade in Italia, in ospedale i degenti sono per due terzi vaccinati e la percentuale sale di tre quarti se si parla di vittime. Certo, nella penisola iberica sono più avanti di noi per quanto riguarda seconda e terza dose, ma ciò non toglie, anche considerando il paradosso di Simpson, che le percentuali rovesciate colpiscono e fanno riflettere sulle misure messe in campo per combattere il Covid.Sempre per rimanere in ambito internazionale (e anche perché in alcuni Paesi le tendenze, anche epidemiche, arrivano prima che da noi), alcuni studiosi inglesi hanno lanciato un appello per conoscere i veri numeri dei decessi fra bambini e giovani sottoposti alla vaccinazione anti Covid. Dal primo maggio al 24 dicembre si sarebbero registrati 53 morti in più della media dei cinque anni precedenti, un fenomeno che secondo il centinaio di medici e docenti che hanno sottoscritto il documento, andrebbe indagato con attenzione, per capire quale sia la correlazione fra iniezione e vaccino. Una sensibilità che, nonostante alcuni improvvisi decessi fra i giovani, da noi nessuno sembra avere.Insomma, dopo due anni di pandemia abbiamo bisogno di numeri certi, non di opinioni ballerine. Di virologi in tv che dispensano pareri smentiti poi dalla pratica o dagli eventi ne abbiamo tutti le tasche piene. Soprattutto non né possiamo più di decisioni che vengono smentite dai fatti, costringendo tutti a improvvise retromarce. Se non ce ne fossero già troppe, servirebbe un’Authority, cioè un istituto indipendente che vigilasse sulla diffusione dei numeri, certificandone l’attendibilità. Certo, poi tocca vedere chi mettere a capo di questo ente. Perché se ci va una delle virostar che abbiamo imparato a conoscere in questi anni, sarebbe come mettere una volpe in un pollaio, e di ciò che succede davvero negli ospedali e nelle scuole ne sapremmo ancora di meno.
David Neres festeggia con Rasmus Hojlund dopo aver segnato il gol dell'1-0 durante la semifinale di Supercoppa italiana tra Napoli e Milan a Riyadh (Ansa)
Nella prima semifinale in Arabia Saudita i campioni d’Italia superano 2-0 i rossoneri con un gol per tempo di Neres e Hojlund. Conte: «Vincere contro un top team dà fiducia, entusiasmo e consapevolezza». Allegri: «Il Napoli ha meritato perché ha difeso molto meglio di noi. Dobbiamo migliorare la fase difensiva, è lì che nascono le difficoltà».
È il Napoli la prima finalista della Supercoppa italiana. All’Alawwal Park di Riyadh, davanti a 24.941 spettatori, i campioni d’Italia superano 2-0 il Milan al termine di una semifinale mai realmente in discussione e torneranno lunedì nello stadio dell’Al Nassr per giocarsi il primo trofeo stagionale contro la vincente di Bologna-Inter, in programma domani sera.
Decidono un gol per tempo di Neres e Hojlund, protagonisti assoluti di una gara che la squadra di Antonio Conte ha interpretato con maggiore lucidità, intensità e qualità rispetto ai rossoneri. Il pubblico saudita, arrivato a scaglioni sugli spalti come da consuetudine locale, si è acceso soprattutto per Luka Modric durante il riscaldamento, più inquadrato sugli smartphone che realmente seguito sul campo, ma alla lunga è stato il Napoli a prendersi scena e risultato. Un successo meritato per i partenopei che rispetto al Milan hanno dimostrato di avere più idee e mezzi per colpire.
Conte ha scelto la miglior formazione possibile, confermando il 3-4-2-1 con l’unica eccezione rispetto alle ultime gare di campionato che riguarda il ritorno tra i titolari di Politano al posto di Lang. Davanti la coppia McTominay-Neres ad agire alle spalle di Hojlund. Ed è stato proprio il centravanti danese uno dei protagonisti del match e della vittoria del Napoli, mettendo lo zampino in entrambi i gol e facendo impazzire in marcatura De Winter. L’ex difensore del Genoa è stato scelto da Allegri come perno della difesa a tre per sostituire l'infortunato Gabbia, un’assenza che alla fine dei conti si è rivelata più pesante del previsto. Ma se quella del difensore centrale era praticamente una scelta obbligata, il turnover applicato in mezzo al campo e sulla corsia di destra non ha restituito gli effetti desiderati. Nel solito 3-5-2 hanno trovato spazio dal primo minuto anche Jashari e Loftus-Cheek, titolari al posto di Modric e Fofana, ed Estupinan per far rifiatare Bartesaghi, uno degli uomini più in forma tra i rossoneri.
Il Napoli ha preso infatti fin da subito l’iniziativa, con Elmas al tiro già al 2’ e con Maignan attento a bloccare senza problemi. Il Milan ha poi avuto due ghiotte occasioni: al 5’ sugli sviluppi di una rimessa laterale Pavlovic ha tentato una rovesciata, il pallone è arrivato a Loftus-Cheek che, solo davanti a Milinkovic-Savic, ha mancato incredibilmente l’impatto; al 16' Saelemaekers ha sprecato calciando alto da buona posizione. È l’illusione rossonera, perché da quel momento sono i partenopei a comandare il gioco. Al 32' McTominay ha sfiorato il vantaggio con un destro di prima poco fuori, mentre Nkunku al 37’ ha confermato il suo momento negativo non inquadrando nemmeno la porta a conclusione di un contropiede che poteva cambiare la partita. Partita che è cambiata in maniera decisiva due minuti dopo, al 39’, quando è arrivato il gol che ha sbloccato la semifinale: da un'azione insistita di Elmas sulla sinistra, il pallone è arrivato a Hojlund il cui tiro in diagonale ha messo in difficoltà Maignan. La respinta troppo corta del portiere francese è finita sui piedi di Neres, il più rapido ad avventarsi sul pallone e a depositarlo in rete. Il Napoli è andato vicino al raddoppio già prima dell’intervallo con un altro contropiede orchestrato da Elmas e concluso da Hojlund, su cui Maignan ha dovuto compiere un mezzo miracolo.
Nella ripresa il copione non è cambiato. Rrahmani ha impegnato ancora Maignan da fuori area, poi al 64’ è arrivato il 2-0 che ha chiuso la partita: Spinazzola ha affondato a sinistra e servito Hojlund, veloce e preciso a finalizzare con freddezza, firmando così una prestazione dominante contro un De Winter in grande difficoltà. Allegri ha provato a cambiare volto alla gara passando al 4-1-4-1 con l’ingresso di Fofana e Athekame, ma il Milan non è riuscito di fatto mai a rientrare davvero in partita. Anzi. Al 73' uno scatenato Hojlund ha sfiorato la doppietta personale. Poi, al 75', il Milan ha regalato alla parte di stadio rossonera la gioia più grande di tuta la serata, ovvero l'ingresso in campo di Modric. Il croato è entrato tra gli applausi del pubblico, ma è solo una nota di colore in una serata che resta saldamente nelle mani del Napoli. Nel finale spazio anche a qualche tensione, sia in campo che in panchina. Prima le scintille tra Tomori e McTominay, ammoniti entrambi da Zufferli. Poi, in pieno recupero, un battibecco verbale tra Oriali e Allegri. E mentre scorrevano i sette minuti di recupero concessi dal direttore di gara, accompagnato dal coro dei tifosi sauditi di fede azzurra «Siamo noi, siamo noi, i campioni dell’Italia siamo noi», è arrivato il verdetto definitivo.
Nel post partita Massimiliano Allegri ha riconosciuto i meriti degli avversari: «Il Napoli ha meritato perché ha difeso molto meglio di noi. Dobbiamo migliorare la fase difensiva, è lì che nascono le difficoltà». Sull’eliminazione da Coppa Italia e Supercoppa è stato netto: «Siamo dispiaciuti, ma il nostro obiettivo resta la qualificazione in Champions, che è un salvavita per la società». Di tutt’altro tono Antonio Conte, soddisfatto della risposta della sua squadra: «Battere il Milan fa morale. Vincere contro un top team dà fiducia, entusiasmo e consapevolezza. Con energia, anche in emergenza, siamo difficili da affrontare». Parole di elogio per Hojlund: «Ha 22 anni, grandi margini di crescita e oggi è stato determinante. Sta capendo sempre di più quello che gli chiedo».
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