2020-10-01
Ci invadono anche i pescatori. Imbarcazione tunisina sperona una nave militare
Le fiamme gialle beccano i nordafricani nelle nostre acque territoriali con le reti calate. Ne nasce un inseguimento in cui vengono sparati 400 colpi in aria. Arrestato il capitano.Con le reti calate in mare a nove miglia dall'isolotto di Lampione, nell'arcipelago delle isole Pelagi, a largo di Lampedusa, pensavano di poter profanare ancora una volta le acque territoriali italiane, quando si sono trovati, di colpo, a poca distanza, una motovedetta militare della Guardia di finanza inviata dalla Capitaneria di porto che aveva intercettato sui radar il motopesca. In porto a Lampedusa nella giornata di ieri era approdato un barchino con 40 tunisini a bordo e per questo motivo erano in corso delle verifiche per accertare se ci fossero nelle vicinanze delle navi dalle quali era stato messo in mare il barchino. I militari, arrivati sul posto, hanno capito subito che si trattava di pesca di frodo, un fenomeno particolarmente diffuso in quella zona, e sono intervenuti, intimando l'alt. Dal peschereccio Mohanel Anmed, con bandiera tunisina, però, hanno fatto orecchie da mercante, tentando una fuga. Chi era al timone ha invertito la rotta nel tentativo di guadagnare l'alto mare. È partito un inseguimento in acque internazionali. Con tanto di colpi sparati in aria. Il Mohanel Anmed, però, non si è fermato per permettere il controllo. Via radio i militari hanno chiesto rinforzi. A supporto della motovedetta sono stati subito inviati il Pv 7 Paolini del comando operativo aeronavale e una vedetta del reparto operativo aeronavale della guardia di finanza di Vibo Valentia. Durante l'inseguimento, durato alcune ore e filmato dai velivoli del comando operativo aeronavale e dell'agenzia europea Frontex (i video sono stati postati su Facebook da Tactical life Italia), nonostante l'esplosione di numerosi colpi sparati in aria a scopo intimidatorio (si parla di 400 eplosioni), il peschereccio non ha consentito l'abbordaggio. E ha avviato, hanno spiegato le autorità, delle manovre che hanno messo in pericolo l'incolumità dei militari, tentando uno speronamento. Il peschereccio è stato costretto a rallentare «solo perché la cima del parabordo è finita nell'elica», ricostruisce il Quotidiano del Sud. I motori del Mohanel Anmed hanno perso spinta. E a quel punto i finanzieri sono saltati sul peschereccio e hanno ammanettato il comandante. Le operazioni si sono svolte con il coordinamento del procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio e dell'aggiunto Salvatore Vella, che hanno aperto un fascicolo. Il capitano del motopesca è stato arrestato con le accuse di resistenza e violenza contro nave da guerra e rifiuto di obbedire agli ordini di una nave da guerra. A seguito di una perquisizione non sono stati trovati né droga né armi, nonostante nel corso della mattinata di ieri la notizia che a bordo ci fossero stupefacenti era circolata in modo insistente. Il peschereccio e le reti sono state sequestrate e sono a disposizione dell'autorità giudiziaria. «Spero vivamente che la giustizia italiana punisca con la massima severità l'equipaggio del peschereccio tunisino sequestrato in queste ore dai nostri militari della guardia di finanza e della Guardia costiera nel porto di Lampedusa», ha dichiarato l'ammiraglio Nicola De Felice, ex numero uno della Marina in Sicilia. Gli animi sono particolarmente accesi. Anche perché solo pochi giorni fa, quasi nello stesso punto ma a circa 12 miglia, un'imbarcazione da pesca siciliana è stata oggetto di un attacco di pirateria da una nave tunisina, anche in quel caso con un tentativo di speronamento. L'assessore regionale per la Pescamediterranea del governo Musumeci, Edy Bandiera, ha tentato per l'ennesima volta di sollecitare il governo: «Chiediamo di attivarsi per un efficace e tempestivo controllo delle acque del Mediterraneo nelle quali operano le barche da pesca siciliane, affinché venga tutelata l'incolumità di equipaggi e pescatori». «È l'ennesimo atto che prova i mancati controlli del governo tunisino sulle sue stesse coste. Cosa ci facevano nelle nostre acque? Occorre maggiore sicurezza e presidi nel canale di Sicilia, lo ribadiamo da mesi», ha tuonato Antonio Catalfamo, capogruppo della Lega nell'assemblea regionale siciliana, che aggiunge: «Trafficanti di migranti, pirati, pescatori abusivi. Questo tratto di mare è diventato per colpa del governo Conte un paradiso per criminali. Ai militari della finanza che sono intervenuti per difendere i diritti dei pescatori siciliani va il nostro plauso e la nostra gratitudine». I complimenti per l'operazione sono arrivati anche dal leader del Carroccio Matteo Salvini: «Onore ai militari della Guardia di finanza e della Guardia costiera». E dal vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani: «Grazie per difendere ogni giorno, a costo della vita, la sicurezza e i confini d'Italia». Mentre dal governo hanno fatto sapere all'agenzia di stampa Nova che la questione «è stata fatta presente dalle autorità italiane a quelle tunisine ai massimi livelli». Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, però, si è beccato il rimbrotto di un ex pentastellato, Sergio Tancredi, consigliere regionale di Attiva Sicilia: «Forse è distratto dalle polemiche politiche interne per accorgersi che con troppa frequenza avvengono azioni contro l'Italia. La sensazione è che contro l'Italia tutto sia possibile. Bisogna pretendere sicurezza in mare, per i pescatori e i marinai. E non si può sperare che la presidenza del Consiglio possa compensare tutte le negligenze. Intanto, è assolutamente necessario un incremento delle nostre attività militari per scongiurare che i mari che circondano la Sicilia diventino scenari ideali per azioni criminose».
Nucleare sì, nucleare no? Ne parliamo con Giovanni Brussato, ingegnere esperto di energia e materiali critici che ci spiega come il nucleare risolverebbe tutti i problemi dell'approvvigionamento energetico. Ma adesso serve la volontà politica per ripartire.