2022-10-26
«Ci faremo sentire dentro l’Unione. Qui per stravolgere tutti i pronostici»
Giorgia Meloni incassa la fiducia alla Camera con 235 voti. «Parto da sfavorita, come l’Italia. Ma usciremo da questa tempesta».Libertà. È una parola che Giorgia Meloni ieri ha ripetuto ben 15 volte nel suo discorso di insediamento alla Camera. Perché, «è la libertà che deve guidare il nostro agire; libertà di essere, di fare, di produrre. Un governo di centrodestra non limiterà mai le libertà esistenti di cittadini e imprese. Vedremo alla prova dei fatti, anche su diritti civili e aborto, chi mentiva e chi diceva la verità in campagna elettorale su quali fossero le nostre reali intenzioni», ha detto ieri il presidente del Consiglio. La libertà e la democrazia sono gli elementi distintivi della civiltà europea contemporanea «nei quali da sempre mi riconosco. E dunque, a dispetto di quello che strumentalmente si è sostenuto, non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso», ha aggiunto Meloni. Che con una promessa di libertà ha anche chiuso il suo intervento citando Giovanni Paolo II: «La libertà, diceva, non consiste nel fare ciò che ci piace, ma nell’avere il diritto di fare ciò che si deve. Io sono sempre stata una persona libera, per questo intendo fare ciò che devo». L’altra chiave per decifrare la linea del governo Meloni sta nella parte quasi finale del suo lungo discorso. «Sono la prima donna incaricata come presidente del Consiglio dei ministri nella storia d’Italia, provengo da un’area culturale che è stata spesso confinata ai margini della Repubblica, e non sono certo arrivata fin qui fra le braccia di un contesto familiare e di amicizie influenti. Rappresento ciò che gli inglesi chiamerebbero l’underdog. Lo sfavorito, per semplificare, che per affermarsi deve stravolgere tutti i pronostici. Intendo farlo ancora, stravolgere i pronostici», ha detto la Meloni. Il messaggio è anche una promessa: ero un underdog, il giocatore sfavorito, come lo è l’Italia, eppure ora sono qua e porterò il Paese fuori dalla tempesta, con «coraggio» e «a costo di non essere rieletta», sovvertendo nuovamente i pronostici. E dichiarandosi anche convinta del fatto che l’Italia abbia bisogno «di una riforma costituzionale in senso presidenziale» che «consenta all’Italia di passare da una democrazia interloquente ad una democrazia decidente». L’inizio del discorso è stato dedicato all’importanza simbolica della sua nomina in quanto «prima donna a capo del governo di questa nazione», elencando un pantheon bipartisan di nomi (senza cognomi) di 16 donne che «hanno costruito con le assi del proprio esempio la scala che oggi consente a me di salire e rompere il pesante tetto di cristallo posto sulle nostre teste». La Meloni donna ma anche militante politica. Ci sono stati, infatti, altri riferimenti più personali legati al suo impegno giovanile. «Confesso che difficilmente riuscirò a non provare un moto di simpatia anche per coloro che scenderanno in piazza contro le politiche del nostro governo. Mi torneranno inevitabilmente alla memoria le mille manifestazioni a cui ho partecipato con tanta passione. Senza mai prendere ordini da alcuno. Al famoso “Siate folli, siate affamati”, di Steve Jobs, io vorrei aggiungere “siate liberi”. Perché è nel libero arbitrio la grandezza dell’essere umano», ha detto.Nel suo discorso la Meloni ha mandato più messaggi: «Negli ultimi giorni sono stati in parecchi, anche fuori dai nostri confini nazionali, a dire di voler vigilare sul nuovo governo italiano. Direi che possono spendere meglio il loro tempo: questo Parlamento ha valide e battagliere forze di opposizione più che capaci di far sentire la propria voce, senza bisogno, mi auguro, del soccorso esterno. E mi auguro che quelle forze convengano con me sul fatto che chi dall’estero dice di voler vigilare sull’Italia non manca di rispetto a me o a questo governo, manca di rispetto al popolo italiano che non ha lezioni da imparare», ha detto senza aggiungere nomi e cognomi. Ma pare chiaro il riferimento a quelle frasi sulla «sorveglianza» francese che hanno fatto da coda velenosa all’incontro con Emmanuel Macron. Il messaggio più chiaro è stato, però, quello rivolto all’Europa. Partendo da una premessa, ovvero che, ha detto, «noi siamo gli eredi di San Benedetto, un italiano, patrono principale dell’intera Europa». Ha poi proseguito: «Non mi sfuggono la curiosità e l’interesse per la postura che il governo terrà verso le istituzioni europee. O ancora meglio, vorrei dire dentro le istituzioni europee. Perché è quello il luogo in cui l’Italia farà sentire forte la sua voce, come si conviene a una grande nazione fondatrice. Non per frenare o sabotare l’integrazione europea, ma per contribuire ad indirizzarla verso una maggiore efficacia nella risposta alle crisi e alle minacce esterne e verso un approccio più vicino ai cittadini e alle imprese». Quanto ai rapporti con la Nato, «l’Alleanza Atlantica garantisce alle nostre democrazie un quadro di pace e sicurezza e che troppo spesso diamo per scontato. È dovere dell’Italia contribuirvi pienamente, perché, ci piaccia o no, la libertà ha un costo e quel costo per uno Stato è la capacità che ha di difendersi e l’affidabilità che dimostra nel quadro delle alleanze di cui fa parte», ha aggiunto.Il contesto nel quale si troverà ad agire il governo è molto complicato, forse il più difficile dal secondo dopoguerra ad oggi. E Meloni ricorre alla metafora della «tempesta», ci siamo dentro «con un’imbarcazione che ha subito diversi danni, e gli italiani hanno affidato a noi il compito di condurre la nave in porto in questa difficilissima traversata. Eravamo consapevoli di quello che ci aspettava, come lo sono tutte le altre forze politiche, anche quelle che governando negli ultimi dieci anni hanno portato un peggioramento di tutti i principali fondamentali macroeconomici, e oggi diranno che hanno le ricette risolutive e sono pronte a imputare al nuovo governo, magari con il supporto di mezzi d’informazione schierati, le difficoltà che l’Italia affronta». Ma la nostra imbarcazione, «l’Italia, con tutte le sue ammaccature, rimane “la nave più bella del mondo”, per riprendere la celebre espressione usata dalla portaerei americana Independence quando incrociò la nave scuola italiana Amerigo Vespucci», ha proseguito. Per poi affrontare il tema del lavoro: la ricchezza «la creano le imprese con i loro lavoratori, non lo Stato tramite editto o decreto. E allora il nostro motto sarà non disturbare chi vuole fare». E poi, per chi è in grado di lavorare, «la soluzione non può essere il reddito di cittadinanza, ma il lavoro, la formazione e l’accompagnamento al lavoro, anche sfruttando appieno le risorse e le possibilità messe a disposizione dal Fondo sociale europeo. Perché per come è stato pensato e realizzato, il Rdc ha rappresentato una sconfitta per chi era in grado di fare la sua parte per l’Italia, oltre che per se stesso e per la sua famiglia».«Il nostro obiettivo è impedire che sull’immigrazione l’Italia continui a farsi fare la selezione in ingresso dagli scafisti», ha tuonato Meloni in aula. Chiarendo però di non voler «in alcun modo mettere in discussione il diritto d’asilo per chi fugge da guerre e persecuzioni». L’idea, ha spiegato la premier, è quella di un «Piano Mattei per l’Africa» (in onore del fondatore dell’Eni), «un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Ue e nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista». È dunque intenzione del governo «recuperare la proposta originaria della missione navale Sophia della Ue che nella terza fase prevista, anche se mai attuata, prevedeva proprio il blocco delle partenze dei barconi dal Nord Africa» accompagnato dalla creazione sui territori africani di hotspot, gestiti da organizzazioni internazionali, «dove poter vagliare le richieste di asilo e distinguere chi ha diritto ad essere accolto in Europa da chi quel diritto non ce l’ha». Il Parlamento le ha dato fiducia. Con 235 voti favorevoli, 5 astenuti e 154 contrari.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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