2019-10-23
Chiuse le indagini sui coniugi Renzi. L’accusa è aver evaso 200.000 euro
La Procura, a Leopolda finita, invia gli atti ai genitori dell'ex premier e ad altri 17 indagati. Babbo e mamma sono sospettati del crac di tre coop e dell'uso di false fatture per circa 400.000 euro allo scopo di frodare il fisco. Con un gesto di magnanimità la Procura di Firenze ha atteso la fine della Leopolda per far recapitare ai 19 indagati per il fallimento di tre cooperative fiorentine l'avviso di chiusura indagini, propedeutico alla richiesta di rinvio a giudizio. Tra gli imprenditori sotto inchiesta ci sono infatti anche i genitori di Matteo Renzi, Tiziano e Laura, a cui viene contestato, in concorso con altri, anche l'utilizzo e l'emissione di fatture per circa 390.000 euro che hanno portato un'evasione - tra Iva non pagata, Ires e Irap - di circa 204.000 euro. Curioso che la notifica arrivi proprio mentre il leader di Italia viva sta battagliando per alzare la soglia oltre la quale per gli evasori scatteranno le manette. Ai due genitori vengono imputate anche plurime ipotesi di bancarotta fraudolenta: documentale (sottrazione dei libri e documenti contabili), per il compimento di operazioni dolose (omesso versamento di contributi previdenziali e imposte, con relativo aggravio del dissesto anche a causa delle sanzioni amministrative), da reato societario (falso in bilancio), più diversi reati tributari compiuti attraverso l'utilizzo e l'emissione di fatture per operazioni inesistenti, il tutto con l'aggravante di aver compiuto più fatti di bancarotta. Totale: dieci capi d'imputazione per lui, nove per la consorte. Ad alcuni indagati viene contestata anche la bancarotta patrimoniale per distrazione.La prima accusa è quella di aver cagionato in modo doloso il fallimento della Delivery Service Italia, società cooperativa dichiarata fallita il 17 giugno 2015. Per quel crac sono indagati - oltre ai genitori, considerati amministratori di fatto - anche gli ex componenti del cda: si va Pier Giovanni Spiteri, amico fotografo della famiglia Renzi, a Roberto Bargilli, ex autista del camper del fu Rottamatore alle primarie per la carica di segretario del Pd, da Simone Verdolin a Pasqualino Furii (altro storico collaboratore del babbo con precedenti per bancarotta). Nell'elenco anche Mariano Massone e la moglie Giovanna Gambino, accusati pure loro di essere stati per un periodo amministratori di fatto. La coppia ha collaborato per anni con i genitori dell'ex premier in diverse avventure imprenditoriali. Massone oggi è coinvolto con Renzi senior anche in un'inchiesta per traffico di influenze illecite e in passato è stato coindagato con lui nell'inchiesta genovese per il crac della Chil Post (Massone è stato condannato, Tiziano prosciolto). Nel caso della Delivery, secondo l'accusa, gli indagati, avrebbero «omesso sistematicamente di versare gli oneri previdenziali e le imposte, così determinando o, comunque, aggravando il dissesto». Inoltre Spiteri, Verdolin, Furii, Massone e Gambino, «in concorso tra loro», sono accusati di aver distratto sei furgoni della società cooperativa. La banda (ma non i Renzi) avrebbe portato via diversi mezzi anche a un'altra coop in dissesto, la Europe Service (dichiarata fallita il 26 aprile 2018), in particolare due Fiat Panda, una Fiat Seicento, una Ford Fiesta e due motocicli.Per questo crac anche accuse di bancarotta documentale: per l'accusa babbo e mamma Renzi, Spitieri, Bargilli, Verdolin, Massone, Gambino, con l'aggiunta dei piemontesi Pierpaolo Fasano e Alberto Ansaldo, «con lo scopo di procurarsi un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori sottraevano i libri e le altre scritture contabili». In questo caso Massone «avrebbe agito d'intesa con tutti gli altri». La maggior parte degli indagati è sotto accusa anche per la gestione della cooperativa Marmodiv, dichiarata fallita nel marzo 2019. Per esempio i coniugi Renzi e Spiteri nella dichiarazione Iva del 2015 e nel modello Unico dello stesso anno presentato ai fini Ires avrebbero inserito 32 fatture considerate dall'accusa fittizie e utilizzate per abbattere gli utili. Ai due genitori, ad altri due ex presidenti, Luca Mirco (avvocato di Tiziano a Genova) e Giuseppe Mincuzzi, vecchio collaboratore dei Renzi, e ai membri del cda, Paolo Terreni, nipote dei Renzi, Carlo Ravasio, padroncino e dipendente della Eventi 6, sono contestate ulteriori undici fatture per «operazioni inesistenti». La stessa combriccola ne avrebbe utilizzate altre 17 allo stesso scopo. L'importo totale è di 200.813 euro, che avrebbero portato a un mancato pagamento (tra Iva, Ires e Irap) di 105.386 euro. Ci sono poi le operazioni a favore della Eventi 6, la storica azienda dei Renzi. I genitori, Mincuzzi, Terreni e Ravasio, tramite la Marmodiv, avrebbero consentito alla ditta di famiglia, tra il 2017 e il febbraio 2018, l'evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto tramite altre cinque fatture per operazioni che i magistrati valutano come «oggettivamente in parte inesistenti». Allo stesso gruppo e all'ultimo presidente della coop, il torinese Aldo Periale, sono contestate cinque fatture emesse tra marzo e giugno 2018. L'importo totale di tali operazioni è di 188.608 euro, per cui non sono state pagate Iva, Ires e Irap per un totale di 98.981 euro. Secondo i magistrati Mincuzzi, i coniugi Renzi e l'ultimo amministratore di fatto, Daniele Goglio, avrebbero contribuito alla bancarotta anche con un falso in bilancio. Nella contabilità del 2017 (approvato dall'assemblea dei soci il 27 giugno 2018), nell'attivo patrimoniale, infatti, avrebbero inserito «crediti per fatture da emettere non corrispondenti al vero» per un importo superiore a 370.000 euro, «così iscrivendo», si legge nell'avviso di chiusura indagini, «a conto economico maggiori ricavi ed evitando di evidenziare una perdita d'esercizio». In questo modo, ricostruisce la Procura, Renzi, Bovoli e Mincuzzi «erano in grado di cedere a Goglio la cooperativa ormai fortemente indebitata». Goglio, a sua volta, da amministratore della Marmodiv, avrebbe distratto la somma complessiva di 278.000 euro, soldi destinati alla Postal Global Service, società a lui riferibile.Mincuzzi, babbo Renzi, Massone e il genovese Massimiliano Di Palma (legale rappresentante della Dmp Italia) avrebbero, infine, aggravato, secondo i magistrati, il dissesto della società con una «colpa grave». Quale? Durante la procedura prefallimentare avrebbero stipulato un contratto di cessione di ramo d'azienda della Marmodiv in favore della Dmp Italia, ma non vi avrebbero dato esecuzione, non trasferendo i dipendenti all'acquirente, né saldando i debiti entro il 31 dicembre 2018. In questo modo avrebbero ritardato la dichiarazione di fallimento della società. I costi di gestione sono rimasti a carico della Marmodiv, che addirittura avrebbe fornito servizi alla Dmp Italia senza conseguire alcun ricavo. Nell'inchiesta sono finiti sotto accusa anche due tra coloro che hanno emesso le fatture incriminate: P. P., cinquantenne srilankese, e P. M., ex volantinatore della Marmodiv, sotto inchiesta per due fatture dell'importo di circa 4.000 euro.
Alan Friedman, Cathy Latorre e Stephen King (Ansa)