Il rialzo dei tassi ha penalizzato i prodotti societari, superati dai Bond variabili e a breve scadenza. L’esperto di Pgim: «Ci aspettiamo maggiore volatilità. Meglio puntare su settori con forti flussi di cassa».
Il rialzo dei tassi ha penalizzato i prodotti societari, superati dai Bond variabili e a breve scadenza. L’esperto di Pgim: «Ci aspettiamo maggiore volatilità. Meglio puntare su settori con forti flussi di cassa».I rialzi dei rendimenti hanno penalizzato i prezzi delle obbligazioni societarie (corporate) che hanno avuto un andamento simile a quello dei governativi. Oggi un paniere di obbligazioni corporate mondiale come l’iShares global corporate bond, che contiene oltre 10.000 titoli di tutti i Paesi sviluppati (gli Stati Uniti pesano per circa il 55%), ha una scadenza media ponderata di poco più di nove anni e un rendimento medio del 3,7%. Il paniere simile europeo (l’iShares core euro corp bond) comprende circa 3.000 titoli con una scadenza media di circa cinque anni e un rendimento a scadenza medio ponderato del 2,4% lordo «Negli ultimi tre anni», dice Salvatore Gaziano, direttore investimenti di Soldiexpert scf, «il paniere globale si è comportato meglio per effetto soprattutto dell’esposizione agli Usa che ha offerto rendimenti migliori e un effetto valutario positivo. Da inizio 2022, però, poco si salva dal diluvio sull’obbligazionario e meglio si sono comportati i Bond con scadenza brevissima o agganciati a tassi variabili».Sul fronte del reddito fisso societario però potrebbero esserci ancora delle opportunità. Basta riuscire a coglierle. «Prevediamo una maggiore volatilità e un aumento del valore nel lungo periodo», spiega Ed Farley, direttore generale e responsabile del team obbligazionario europeo governativo investment grade di Pgim, «Gli spread delle obbligazioni investment grade si trovano o si stanno avvicinando a un’area in cui aggiungere rischio di credito potrebbe essere un’opzione. Le emissioni di reverse yankee (titoli obbligazionari emessi da soggetti statunitensi in valute diverse dal dollaro Usa, ndr) rappresentano un caso emblematico, poiché gli spread in euro sono storicamente più ampi di quelli statunitensi per gli stessi emittenti o per emittenti simili. La nostra ipotesi di base è che gli spread del mercato investment grade statunitense possano ampliarsi nell’area dei 170-180 punti base nella seconda metà dell’anno e potremmo iniziare ad aggiungere rischio una volta entreranno in tale area».Anche i fondamentali societari richiedono una visione diversificata. Da un lato, rimangono solidi e con un andamento positivo, con quasi 50 miliardi di dollari di rising star quest’anno (termine utilizzato per indicare un’emittente il cui rating è passato da non investment grade - speculativo - a investment grade). Inoltre, la compressione del ciclo del credito indica che molte società non hanno avuto abbastanza tempo per fare leverage (contrarre debiti con lo scopo di aumentare il profitto) e i leverage ratio rimangono coerenti con i livelli pre Covid (2,9xlordo o 2,4xnetto). Inoltre, la crescita degli utili e i margini di profitto potrebbero aver raggiunto il picco massimo, presumibilmente portando al ribasso le stime sugli utili.Dove puntare, dunque? Secondo l’esperto di Pgim, verso emittenti che operano in settori con forti flussi di cassa come energia, metalli e chimica, «con riacquisti di azioni e dividendi a un ritmo record (+36% rispetto all’anno precedente)».
L’aumento dei tassi reali giapponesi azzoppa il meccanismo del «carry trade», la divisa indiana non è più difesa dalla Banca centrale: ignorare l’effetto oscillazioni significa fare metà analisi del proprio portafoglio.
Il rischio di cambio resta il grande convitato di pietra per chi investe fuori dall’euro, mentre l’attenzione è spesso concentrata solo su azioni e bond. Gli ultimi scossoni su yen giapponese e rupia indiana ricordano che la valuta può amplificare o azzerare i rendimenti di fondi ed Etf in valuta estera, trasformando un portafoglio «conservativo» in qualcosa di molto più volatile di quanto l’investitore percepisca.
Per Ursula von der Leyen è «inaccettabile» che gli europei siano i soli a sborsare per il Paese invaso. Perciò rilancia la confisca degli asset russi. Belgio e Ungheria però si oppongono. Così la Commissione pensa al piano B: l’ennesimo prestito, nonostante lo scandalo mazzette.
Per un attimo, Ursula von der Leyen è sembrata illuminata dal buon senso: «È inaccettabile», ha tuonato ieri, di fronte alla plenaria del Parlamento Ue a Strasburgo, pensare che «i contribuenti europei pagheranno da soli il conto» per il «fabbisogno finanziario dell’Ucraina», nel biennio 2026/2027. Ma è stato solo un attimo, appunto. La presidente della Commissione non aveva in mente i famigerati cessi d’oro dei corrotti ucraini, che si sono pappati gli aiuti occidentali. E nemmeno i funzionari lambiti dallo scandalo mazzette (Andrij Yermak), o addirittura coinvolti nell’inchiesta (Rustem Umerov), ai quali Volodymyr Zelensky ha rinnovato lo stesso la fiducia, tanto da mandarli a negoziare con gli americani a Ginevra. La tedesca non pretende che i nostri beneficati facciano pulizia. Piuttosto, vuole costringere Mosca a sborsare il necessario per Kiev. «Nell’ultimo Consiglio europeo», ha ricordato ai deputati riuniti, «abbiamo presentato un documento di opzioni» per sostenere il Paese sotto attacco. «Questo include un’opzione sui beni russi immobilizzati. Il passo successivo», ha dunque annunciato, sarà «un testo giuridico», che l’esecutivo è pronto a presentare.
Luis de Guindos (Ansa)
Nel «Rapporto stabilità finanziaria» il vice di Christine Lagarde parla di «vulnerabilità» e «bruschi aggiustamenti». Debito in crescita, deficit fuori controllo e spese militari in aumento fanno di Parigi l’anello debole dell’Unione.
A Francoforte hanno imparato l’arte delle allusioni. Parlano di «vulnerabilità» di «bruschi aggiustamenti». Ad ascoltare con attenzione, tra le righe si sente un nome che risuona come un brontolio lontano. Non serve pronunciarlo: basta dire crisi di fiducia, conti pubblici esplosivi, spread che si stiracchia al mattino come un vecchio atleta arrugginito per capire che l’ombra ha sede in Francia. L’elefante nella cristalleria finanziaria europea.
Manfred Weber (Ansa)
Manfred Weber rompe il compromesso con i socialisti e si allea con Ecr e Patrioti. Carlo Fidanza: «Ora lavoreremo sull’automotive».
La baronessa von Truppen continua a strillare «nulla senza l’Ucraina sull’Ucraina, nulla sull’Europa senza l’Europa» per dire a Donald Trump: non provare a fare il furbo con Volodymyr Zelensky perché è cosa nostra. Solo che Ursula von der Leyen come non ha un esercito europeo rischia di trovarsi senza neppure truppe politiche. Al posto della maggioranza Ursula ormai è sorta la «maggioranza Giorgia». Per la terza volta in un paio di settimane al Parlamento europeo è andato in frantumi il compromesso Ppe-Pse che sostiene la Commissione della baronessa per seppellire il Green deal che ha condannato l’industria - si veda l’auto - e l’economia europea alla marginalità economica.




