2022-01-24
Chicco Testa: «Insensato svenarsi per le rinnovabili se il mondo va a gas»
Il manager: «Le fonti fossili saranno irrinunciabili ancora a lungo. Prendiamone atto o ci rovineremo. Con zero benefici ambientali».«Schiacciamo un interruttore e l’appartamento magicamente si illumina. Ma l’energia elettrica che consumiamo non esiste in natura. Per arrivare al risultato, il processo è molto complesso e ci vogliono investimenti enormi, impianti di produzione, sistemi di trasmissione, linee di distribuzione». Viene naturale fare a Chicco Testa la domanda più banale che gli chiederebbe qualsiasi persona. «Perché la corrente costa così tanto?». Testa è stato presidente di Enel e Acea. Ha ricoperto importanti incarichi in numerose istituzioni finanziarie e industriali. Un passato ancora più remoto come segretario di Legambiente, prima di essere eletto deputato nelle file del Pci - poi Pds - dal 1987 al 1994. Dopodiché la sua trasformazione in manager e successivamente esperto del comparto energia. Non ha paura di assumere posizioni controcorrente anche rispetto ad esponenti di spicco del Pd, pur rimanendo il centrosinistra la sua area culturale di riferimento. «Bacchettando», se serve, uno a caso tipo il segretario Enrico Letta. Ma ora costa veramente tanto la corrente.«Buona parte dell’energia in Italia si produce con il gas. Questo è soggetto a variazioni di prezzo importanti. In passato positive per noi. Il gas è costato veramente poco. Ora le conseguenze di queste variazioni sono negative. Vi è una scarsa offerta rispetto alla domanda. La Cina aumenta i suoi consumi di 750 terawattora in un anno. Per capirci: oltre il doppio dei consumi del nostro Paese (300-320 terawattora). E due terzi di quell’aumento di energia consumata vengono dal carbone. E purtroppo in Italia il costo medio dell’energia è più alto rispetto a quello dei nostri competitor: Europa, Stati Uniti e Cina appunto». Questo aumento sarà duraturo o temporaneo?«Guardo le previsioni degli esperti e ci ragiono. Forse le fiammate che abbiamo visto in questi mesi - e per fiammate intendo 300 euro a megawattora - non sono strutturali. Ma non possiamo attenderci che i prezzi tornino ai livelli ex ante in tempi brevi. Le curve di previsione indicano prezzi alti per tutto il 2022 ed il 2023».Lei è stato ambientalista. E forse è la persona giusta a cui porre questa domanda: non stiamo facendo confusione fra inquinamento e cambiamento climatico?«Sì e bisogna partire da alcuni punti fermi. Mi compiaccio che vi sia un maggior utilizzo di fonti rinnovabili per ragioni economiche (costano poco) e ambientali (inquinano ancora meno). Ma non dimentichiamo che i combustibili fossili - soprattutto il gas - avranno un peso determinante nel nostro mix energetico ancora a lungo. Per non parlare della Cina o altre economie emergenti che hanno tassi di crescita molto alti. Poi ci sono realtà come l’Africa e l’estremo oriente. Paesi come l’Indonesia. Con troppa leggerezza si ritiene di fare a meno dei combustibili fossili dall’oggi al domani. L’altro giorno guardavo i dati pubblicati dall’Agenzia internazionale dell’energia, massima autorità in materia: trent’anni fa nel mondo i combustibili fossili pesavano per l’80% dell’energia prodotta. Oggi «invece» pesano per l’80%. E tenga conto che la torta dei consumi energetici, nel frattempo, si è quanto meno raddoppiata. Quindi vuol dire che è raddoppiato il consumo di carbone, gas e petrolio».Noi ci decarbonizziamo ma la Cina va avanti con le sue centrali. Ci impicchiamo con sacrifici enormi ma il pianeta non se ne accorge neppure?«La Cina ha importanti progetti di decarbonizzazione, sia chiaro. Ma intanto parla di 2060-2070 come data limite, non 2055. Inoltre tutela i suoi interessi. Noi guardiamo a Pechino ma ci sono interi continenti come l’Africa che stanno crescendo molto e hanno fame di quantità di energia enormi. Non potranno averla solo con le rinnovabili. Quindi non mi stupisco che il consumo di carbone nel 2021 abbia fatto +8%. Il consumo di petrolio nel 2021 è cresciuto di oltre il 6% e nel 2022 tornerà a livelli pre Covid. Pensare che metropoli di 20-30 milioni di abitanti possano fare tutto con le rinnovabili è un errore. Uno ha in mente esempi virtuosi sulle rinnovabili in Italia o in Svezia, ma devi misurarti su metropoli immensamente più grandi, come Nuova Delhi o Lagos. Non Bologna o Goteborg. È bene avere in testa una traiettoria, ma dobbiamo guardare anche gli altri. Altrimenti pagheremo costi enormi e non otterremo nulla sotto il profilo ambientale. L’effetto serra non si risolve a livello locale».Anche le cosiddette energie rinnovabili hanno un impatto ambientale. Se io dovessi sostituire una centrale nucleare con un parco di pannelli solari dovrei consumare molto più territorio. E questo ha un costo ambientale.«Bisogna evitare contrapposizioni ideologiche. Ho appena detto che ci servono combustibili fossili e anche il nucleare. Faccio un inciso. Non sto proponendo di fare oggi centrali nucleari in Italia perché ancora per molto tempo non ci sono purtroppo le condizioni. Ma pensare di impedire che altri Paesi facciano le centrali nucleari è una follia. E abbiamo bisogno delle rinnovabili. Dobbiamo prendere atto dello stato di necessità e utilizzare tutte le opzioni. Gli impianti nucleari occupano relativamente poco spazio e producono grandissime quantità di energia. Zero emissioni. Le consiglio un’app Electricity map. Aspetti che controllo (Testa inizia a smanettare sullo smartphone, ndr). Ecco, la Germania che chiude con il nucleare oggi fa 293 grammi di Co2 per chilowattora contro i 100 della Francia coi suoi 56 stabilimenti. Cioè in questo momento emette tre volte la Co2 della Francia che va col suo nucleare».Ma il furore ideologico della Commissione Ue contro i combustibili fossili in favore delle rinnovabili è guidato da cosa? Dalla Germania e dalla sua industria?«Confindustria tedesca è contraria alle scelte del suo governo. Ma la realtà, come dimostrano questi dati, è che chiudendo col nucleare la Germania sta aumentando l’uso del carbone. Vediamo come evolverà la situazione nei prossimi anni. Io faccio i preventivi sulla base dei consuntivi. L’unica previsione esatta è il consuntivo».L’Italia è il più grande importatore di energia al mondo. E sempre se non erro la Francia è il più grande esportatore di energia al mondo. È la nostra centrale elettrica. Scelta saggia o miope?«Non sono così sicuro perché ho in testa il Canada che esporta grandi quantità di energia idroelettrica verso gli Stati Uniti. Ma in Europa siamo i più grandi importatori. Questo sì».Gli economisti hanno le loro metriche. Una è la bilancia commerciale. L’Italia e soprattutto la Germania sono esportatori netti. La Francia ha un imponente deficit commerciale. E questo sarebbe teoricamente un punto di debolezza. Ma coi tempi che corrono non dovremmo forse guardare alla bilancia commerciale energetica? Qui la Francia fornisce energia a tutti. E quindi acquisisce un peso geopolitico non indifferente.«Questa riflessione abbiamo iniziato a farla negli anni Settanta dopo i due shock petroliferi del 1973 e 1979. Con il prezzo del petrolio che da 2-3 euro al barile passa a 20-30 euro. E abbiamo individuato allora questa debolezza energetica europea, non solo italiana. Dipendere dall’estero per l’energia. E questa è una criticità geopolitica enorme. Tutte le centrali nucleari europee che oggi soddisfano un quarto del fabbisogno elettrico (che per inciso è tra il 20 e il 25% del totale dei consumi energetici) nacquero come conseguenza di quella riflessione. Ma quel processo purtroppo si è interrotto e ora siamo forse ancora più dipendenti di prima dall’importazione di combustibili. In un quadro geopolitico teso, visto ciò che accade in Ucraina».Parliamo di nucleare. Perché lo trova infattibile?«Uno dei motivi è che purtroppo abbiamo perso le competenze tecniche e industriali di settore. L’Italia ha detto no al nucleare con due referendum. C’è un orientamento ancora ostile dell’opinione pubblica di cui dobbiamo realisticamente tenere conto. Abbiamo bisogno di molti più laureati in ingegneria nucleare rispetto a quelli di oggi».Si fa un gran parlare di nucleare di nuova generazione. È fuffa o è realtà?«Realtà. Varie aziende americane e inglesi non si sono fermate nella ricerca. Trovo ragionevole la posizione di Cingolani: occhi aperti e monitorare questa ricerca. E se le novità tecnologiche riducono ulteriormente i rischi, allora bisogna pensarci seriamente».Pur provenendo dal mondo della sinistra lei ha severamente bacchettato Enrico Letta per essersi scagliato contro il via libera della Commissione Ue al nucleare. Un pregiudizio ideologico della sinistra contro il nucleare?«È un atteggiamento opportunistico, non un pregiudizio ideologico. Quando ne parlo in privato mi danno tutti ragione. In pubblico devono tenere il punto, soprattutto in questa fase in cui l’alleanza con i grillini è un dato di fatto».La Francia ha 56 centrali nucleari attive ma in questo momento il 20-25% di queste - scrive il Daily Telegraph - è temporaneamente chiuso. Un problema? Un’opportunità per l’Italia?«È normale che vi siano centrali che in maniera ricorrente si fermano per ragioni di manutenzione. I requisiti di sicurezza sono sempre più stringenti. Gli adeguamenti sono all’ordine del giorno. Niente di grave».Quale sarebbe secondo lei il mix energetico ideale per il nostro Paese?«Quello cui punta la Cina».Cioè?«Vado su numeri tondi: 25% di nucleare e 75% di rinnovabili. Sarebbe il mix ideale.»La domanda fuori sacco. La partita del Quirinale come finisce? Una previsione ed un auspicio.«Il mio auspicio è Mattarella presidente e Draghi premier. La mia previsione è Draghi presidente».