2022-08-01
Chi spinge le ragazze all’anoressia
Il Web sta trasformando un disagio personale in sindrome collettiva: siti e blog incoraggiano le adolescenti con disturbi alimentari, spiegano come resistere senza mangiare e svelano i trucchi per nascondere i sintomi a genitori e amiche.La poliziotta Cristina Bonucchi: «L’isolamento ha abbassato l’età. E i predatori cercano vittime fragili che cedono alle richieste più facilmente».Lo speciale contiene due articoliUn buco nero, da cui nessuna stella può tornare a risplendere. Assume questa oscurità il male e il dolore di giovani adolescenti anoressiche che messaggiano su Whatsapp, parlando della propria «ana», l’anoressia. Sono chat intime, in cui ognuna è libera di esprimere se stessa senza il malaugurato giudizio dell’adulto di turno o degli amici preoccupati. Chat che lette con l’occhio del profano assomigliano solo a un mostro che avvelena ragazzine fragili. Il fenomeno è quello dei gruppi pro ana, luoghi virtuali dove ragazzi con disturbi dell’alimentazione si danno appuntamento quotidianamente per scrivere il proprio diario alimentare e spronarsi a non mangiare, cercando di raggiuciò che tanto bramano: le ossa.Approdano in Italia all’inizio degli anni 2000 e si espandono con il boom dei blog. Attorno ai siti personali di tante ragazzine anoressiche si cominciano a creare piccole comunità unite dall’anoressia e dal desiderio di raggiungere la perfezione. Nei blog si scrive tutto ciò che possa aiutare a finalizzare l’obiettivo. Partono tutti rigorosamente con una lettera ad ana, l’anoressia nervosa, che all’interno dei blog viene personificata e, spesso, anche adorata. «Permettetemi di presentarmi. I medici mi chiamano Anoressia nervosa, tu puoi chiamarmi Ana», così comincia. «Diventeremo amiche, ne sono sicura. […] Ti porterò a mangiare sempre meno e a fare sempre più esercizio. Devi accettarlo, non puoi sfidarmi. Sto iniziando a entrare in te. Non ti lascerò più. Sono con te quando ti svegli al mattino e quando corri alla bilancia. Dipendi dalle sue cifre. Pregherai di pesare meno di ieri, della notte scorsa, di poche ore fa. Guardati allo specchio! Strappa via quel grasso schifoso! Sorridi solo quando vedrai spuntare le ossa».L’altro elemento formale e fondamentale presente nei siti è dato dai «comandamenti pro ana», nei quali si legge tra gli altri: «Compra dei vestiti, tagliati i capelli, prendi lassativi, fai di tutto per sembrare più magra». Oppure: «Essere magra e non mangiare sono simbolo di vera forza di volontà e successo».L’admin del sito racconta giornalmente cosa mangia e cosa fa, confessando i pensieri e aspettando i messaggi di risposta dei lettori. Questo uno dei post su un blog ancora aperto, ma a oggi inutilizzato: «Sono tornata da scuola poco fa e avevo una voglia matta di divorare qualcosa. Non era fame, solo una stupida debolezza, quella vocina nella testa che ti dice: “Ma sì, dai, tanto domani recuperi”. Avevo pure aperto la credenza e allungato il braccio ma all’ultimo secondo mi sono fermata e mi sono detta ad alta voce: “No, no e ancora no!”. Ho chiuso la credenza, aperto l’altra, quella dove ci sono piatti e bicchieri, mi sono presa il bicchierone grande e mi sono bevuta un bel po’ di acqua. Per poco non andava a monte tutto. Ma sono riuscita a controllarmi. Il resto della giornata dovrebbe essere tutta in discesa, il momento più pericoloso è passato ma meglio restare in guardia».Come ogni fenomeno del Web, quello dei gruppi pro ana è molto dinamico. Cambia in base all’evoluzione di Internet, delle applicazioni e delle mode. Passati di moda i blog, i gruppi pro ana non si sono estinti, sono solo migrati su altre piattaforme, mutando forma e diventando molto più difficili da controllare. Hanno conquistato i social (Instagram, Tiktok) e le applicazioni di messaggistica (Whatsapp, Telegram, Kik). Le nuove realtà in cui sono approdati si prestano alla scrittura, ma molto di più alla fotografia. Per cui i social in particolar modo si sono riempiti di foto e video motivazionali, con hashtag come #thinspiration con in mostra costole, clavicole sporgenti, girovita stretto e soprattutto il «thigh gap», lo spazio che separa le cosce. Instagram e Tik Tok sono stati molto netti con questi tipi di contenuti. Per la stragrande maggioranza sono stati rimossi e se si effettua una ricerca con parole chiave della filosofia pro ana compare un numero di assistenza per chi soffre di disturbi del comportamento alimentare.Le piattaforme di messaggistica, invece, riuniscono in gruppi chiusi i partecipanti e per entrare è necessario una sorta di colloquio con l’admin del gruppo. La Verità è entrata in possesso di una chat di questo genere: la pubblichiamo in queste pagine. Per le autorità è più difficile controllare le attività sui gruppi per problemi di privacy e per il fatto che non esiste una legislazione precisa sul fenomeno. Sulle app di messaggistica c’è spazio sia per foto quotidiane di schiene scheletriche, per incitarsi vicendevolmente, sia per la trascrizione minuziosa di ogni caloria ingerita nell’arco della giornata. «Martedì 4 febbraio, colazione: caffè 0 kcal, 1 biscotto 38 kcal; pranzo: 1 fetta biscottata integrale 34 kcal, 40 grammi fesa di tacchino 43 kcal; merenda: caffè 0 kcal, 1 biscotto 38 kcal; cena: yogurt 30 kcal, insalata 50 grammi 10 kcal; attività fisica: 510 kcal bruciate». Questa sorta di diario alimentare viene aggiornato incessantemente e in maniera ossessiva, ma il gruppo non si ferma qui: servono anche consigli per mantenere la forma desiderata. In primis, vengono elargiti consigli per dimagrire: bevi un bicchiere d’acqua ogni ora (riempie e depura), se sei tentato dal cibo conta fino a 100 e aspetta 20 minuti, mangia molto lentamente… Poi è necessario nascondere ana ai familiari e ai conoscenti; perciò, «non lasciare che le persone notino come sono larghi i tuoi vestiti»; «non parlare mai del tuo peso con nessuno»; «comportati come se tu non sapessi assolutamente niente di diete e peso»; «di’ che sei stato invitato fuori a cena, poi vai a fare una passeggiata».In Italia i ragazzi con disturbi alimentari sono circa 3 milioni e gli adolescenti in media passano almeno 2,5 ore al cellulare. Il rischio di incappare o ricercare, già consapevoli delle proprie fragilità, contenuti pro ana è alto. Per quanto cerchino di nutrirsi solo del vuoto, sembra di scorgere in questi ragazzi una straripante domanda di pienezza, un anelito da cui escono però distrutti. «Una totalità di cose, una montagna di regali, tutta l’abbondanza possibile dell’avere non fanno l’amore. L’accumulazione e la disponibilità delle merci non sono sufficienti a turare la mancanza a essere del soggetto. Anzi, quando questa illusione viene perseguita secondo una strategia organizzata, essa rafforza, oltre al consumo, proprio il rifiuto del consumo. Che cosa sono in effetti le opere dell’uomo se non sono sostenute dalla fede nell’altro, dall’amore dell’altro?». Così scrive Massimo Recalcati nel saggio sull’anoressia e la bulimia L’ultima cena. Ma chi può fare breccia nei cuori affaticati di questi adolescenti?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/chi-spinge-le-ragazze-allanoressia-2657781455.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="malattie-aggravate-dalla-pandemia-pedofili-in-agguato" data-post-id="2657781455" data-published-at="1659257792" data-use-pagination="False"> «Malattie aggravate dalla pandemia. Pedofili in agguato» «È un fenomeno che potrebbe legarsi anche alla pedopornografia». Così racconta Cristina Bonucchi, direttore tecnico superiore psicologo della polizia di Stato. «I predatori cercano vittime e se la vittima è più fragile sarà più facile indurla ad accondiscendere a qualsiasi tipo di richiesta». Quanto è esteso il fenomeno dei gruppi pro ana in Italia e su che piattaforme sono presenti? Qualche anno fa erano presenti i blog, ora? «Quello che abbiamo rilevato è una progressiva migrazione. Sappiamo che è una caratteristica propria di internet. Le persone negli anni cambiano i servizi che preferiscono. Dieci anni fa i social non erano importanti come oggi. Nel tempo la sensibilità sia dei social sia degli spazi online si è modificata. Ci sono stati vari casi in cui il ruolo dei social è diventato importante per i ragazzi per peggiorare, con consigli su come nascondere digiuni e abbuffate o come dimagrire. Il fenomeno è soprattutto legato a chi è nella patologia. Attualmente il fenomeno si è spostato all’interno di gruppi e su tutti quei circuiti nei quali anche la scelta manageriale del servizio è quella di mantenere la riservatezza di chi li utilizza, perciò la dimensione è complessa». Su Instagram, Facebook, Twitter, Tiktok, le piattaforme sono state molto decise nel rimuovere questi contenuti. «Non solo. Oggi, in una ricerca tematica con parole chiave che richiamano ad anoressia e bulimia, questi social propongono anche strumenti di supporto. Ma il fenomeno ora comprende gruppi Whatsapp e Telegram, su cui è più difficile la sorveglianza, perché bisogna entrare in merito ai contenuti e a ciò che si dicono le persone, e sappiamo che questo è il massimo livello di privacy. Sarebbe necessaria un’analisi testuale che però potrebbe non andare a buon fine per gli slang e le abbreviazioni utilizzate, che il sistema potrebbe non individuare. È necessario che chi è intorno a ragazzi e ragazze fragili includa gli aspetti online tra quelli che in qualche modo vengono guidati e sorvegliati». Agiscono sul dark Web o si entra per conoscenza nei gruppi? «La parte dark io la escluderei, perché parliamo di adolescenti e giovani adulti. C’è sicuramente un passaparola e si parte sempre da quei blog che sono rimasti in piedi dove nel tempo è stata aggiunta l’indicazione di scrivere un messaggio a un certo numero di cellulare per partecipare alle discussioni. Quindi la migrazione è partita dai blog e si è spostata sulla messaggistica, magari con l’indicazione di un numero e da lì a cascata qualcuno ti aggiunge…». Con il Covid questo fenomeno è cresciuto? «Leggendo ricerche e interviste fatte da centri specializzati sembrerebbe che ci sia un abbassamento dell’età media della patologia; quindi, si parla sempre più di preadolescenti. In generale quello che abbiamo rilevato come polizia postale è un riversarsi di minori, di fasce di età sempre più basse su Internet, in conseguenza chiaramente della didattica a distanza, del Covid, delle restrizioni, del lockdown… E questo è un processo irreversibile». Il fenomeno pro ana si può legare alla pedopornografia? «Potrebbe, non possiamo escluderlo. I predatori cercano vittime e se la vittima è più fragile sarà più facile indurla ad accondiscendere a qualsiasi tipo di richiesta. Il cuore dell’adescamento è questa forma di costruzione di un legame pseudo affettivo per indurre il minore a qualsiasi tipo di richiesta, le leve che possono usare sono le più svariate e tra queste ci può anche essere quella di proporsi con un coach pro anoressia. Non è però così ricorrente, però è un elemento e un rischio in cui si può incorrere. L’aspetto online, per chi soffre di disturbi alimentari, è necessario che venga incluso nella sorveglianza e nell’attenzione che si presta perché possono incorrere in ragazzi come loro che li aiutano e danno suggerimenti in questo percorso di malattia». Avete dati su quanti sono i gruppi in Italia? «No, negli anni abbiamo ricevuto le segnalazioni, che erano più frequenti quando il fenomeno era presente sui blog, però è chiaro che è qualche cosa in cui non vi è possibilità di fare sotto copertura. Non c’è il reato di istigazione all’anoressia e alla bulimia; quindi, si deve guardare caso per caso. Resta fondamentale un lavoro per sensibilizzare i giovani e le famiglie perché comprendano quale rischio di amplificazione il Web possa avere in tutte le situazioni di fragilità adolescenziale».
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson