True
2022-08-01
Chi spinge le ragazze all’anoressia
iStock
Un buco nero, da cui nessuna stella può tornare a risplendere. Assume questa oscurità il male e il dolore di giovani adolescenti anoressiche che messaggiano su Whatsapp, parlando della propria «ana», l’anoressia. Sono chat intime, in cui ognuna è libera di esprimere se stessa senza il malaugurato giudizio dell’adulto di turno o degli amici preoccupati. Chat che lette con l’occhio del profano assomigliano solo a un mostro che avvelena ragazzine fragili. Il fenomeno è quello dei gruppi pro ana, luoghi virtuali dove ragazzi con disturbi dell’alimentazione si danno appuntamento quotidianamente per scrivere il proprio diario alimentare e spronarsi a non mangiare, cercando di raggiuciò che tanto bramano: le ossa.
Approdano in Italia all’inizio degli anni 2000 e si espandono con il boom dei blog. Attorno ai siti personali di tante ragazzine anoressiche si cominciano a creare piccole comunità unite dall’anoressia e dal desiderio di raggiungere la perfezione. Nei blog si scrive tutto ciò che possa aiutare a finalizzare l’obiettivo. Partono tutti rigorosamente con una lettera ad ana, l’anoressia nervosa, che all’interno dei blog viene personificata e, spesso, anche adorata. «Permettetemi di presentarmi. I medici mi chiamano Anoressia nervosa, tu puoi chiamarmi Ana», così comincia. «Diventeremo amiche, ne sono sicura. […] Ti porterò a mangiare sempre meno e a fare sempre più esercizio. Devi accettarlo, non puoi sfidarmi. Sto iniziando a entrare in te. Non ti lascerò più. Sono con te quando ti svegli al mattino e quando corri alla bilancia. Dipendi dalle sue cifre. Pregherai di pesare meno di ieri, della notte scorsa, di poche ore fa. Guardati allo specchio! Strappa via quel grasso schifoso! Sorridi solo quando vedrai spuntare le ossa».
L’altro elemento formale e fondamentale presente nei siti è dato dai «comandamenti pro ana», nei quali si legge tra gli altri: «Compra dei vestiti, tagliati i capelli, prendi lassativi, fai di tutto per sembrare più magra». Oppure: «Essere magra e non mangiare sono simbolo di vera forza di volontà e successo».
L’admin del sito racconta giornalmente cosa mangia e cosa fa, confessando i pensieri e aspettando i messaggi di risposta dei lettori. Questo uno dei post su un blog ancora aperto, ma a oggi inutilizzato: «Sono tornata da scuola poco fa e avevo una voglia matta di divorare qualcosa. Non era fame, solo una stupida debolezza, quella vocina nella testa che ti dice: “Ma sì, dai, tanto domani recuperi”. Avevo pure aperto la credenza e allungato il braccio ma all’ultimo secondo mi sono fermata e mi sono detta ad alta voce: “No, no e ancora no!”. Ho chiuso la credenza, aperto l’altra, quella dove ci sono piatti e bicchieri, mi sono presa il bicchierone grande e mi sono bevuta un bel po’ di acqua. Per poco non andava a monte tutto. Ma sono riuscita a controllarmi. Il resto della giornata dovrebbe essere tutta in discesa, il momento più pericoloso è passato ma meglio restare in guardia».
Come ogni fenomeno del Web, quello dei gruppi pro ana è molto dinamico. Cambia in base all’evoluzione di Internet, delle applicazioni e delle mode. Passati di moda i blog, i gruppi pro ana non si sono estinti, sono solo migrati su altre piattaforme, mutando forma e diventando molto più difficili da controllare. Hanno conquistato i social (Instagram, Tiktok) e le applicazioni di messaggistica (Whatsapp, Telegram, Kik). Le nuove realtà in cui sono approdati si prestano alla scrittura, ma molto di più alla fotografia. Per cui i social in particolar modo si sono riempiti di foto e video motivazionali, con hashtag come #thinspiration con in mostra costole, clavicole sporgenti, girovita stretto e soprattutto il «thigh gap», lo spazio che separa le cosce. Instagram e Tik Tok sono stati molto netti con questi tipi di contenuti. Per la stragrande maggioranza sono stati rimossi e se si effettua una ricerca con parole chiave della filosofia pro ana compare un numero di assistenza per chi soffre di disturbi del comportamento alimentare.
Le piattaforme di messaggistica, invece, riuniscono in gruppi chiusi i partecipanti e per entrare è necessario una sorta di colloquio con l’admin del gruppo. La Verità è entrata in possesso di una chat di questo genere: la pubblichiamo in queste pagine. Per le autorità è più difficile controllare le attività sui gruppi per problemi di privacy e per il fatto che non esiste una legislazione precisa sul fenomeno. Sulle app di messaggistica c’è spazio sia per foto quotidiane di schiene scheletriche, per incitarsi vicendevolmente, sia per la trascrizione minuziosa di ogni caloria ingerita nell’arco della giornata. «Martedì 4 febbraio, colazione: caffè 0 kcal, 1 biscotto 38 kcal; pranzo: 1 fetta biscottata integrale 34 kcal, 40 grammi fesa di tacchino 43 kcal; merenda: caffè 0 kcal, 1 biscotto 38 kcal; cena: yogurt 30 kcal, insalata 50 grammi 10 kcal; attività fisica: 510 kcal bruciate». Questa sorta di diario alimentare viene aggiornato incessantemente e in maniera ossessiva, ma il gruppo non si ferma qui: servono anche consigli per mantenere la forma desiderata. In primis, vengono elargiti consigli per dimagrire: bevi un bicchiere d’acqua ogni ora (riempie e depura), se sei tentato dal cibo conta fino a 100 e aspetta 20 minuti, mangia molto lentamente… Poi è necessario nascondere ana ai familiari e ai conoscenti; perciò, «non lasciare che le persone notino come sono larghi i tuoi vestiti»; «non parlare mai del tuo peso con nessuno»; «comportati come se tu non sapessi assolutamente niente di diete e peso»; «di’ che sei stato invitato fuori a cena, poi vai a fare una passeggiata».
In Italia i ragazzi con disturbi alimentari sono circa 3 milioni e gli adolescenti in media passano almeno 2,5 ore al cellulare. Il rischio di incappare o ricercare, già consapevoli delle proprie fragilità, contenuti pro ana è alto. Per quanto cerchino di nutrirsi solo del vuoto, sembra di scorgere in questi ragazzi una straripante domanda di pienezza, un anelito da cui escono però distrutti. «Una totalità di cose, una montagna di regali, tutta l’abbondanza possibile dell’avere non fanno l’amore. L’accumulazione e la disponibilità delle merci non sono sufficienti a turare la mancanza a essere del soggetto. Anzi, quando questa illusione viene perseguita secondo una strategia organizzata, essa rafforza, oltre al consumo, proprio il rifiuto del consumo. Che cosa sono in effetti le opere dell’uomo se non sono sostenute dalla fede nell’altro, dall’amore dell’altro?». Così scrive Massimo Recalcati nel saggio sull’anoressia e la bulimia L’ultima cena. Ma chi può fare breccia nei cuori affaticati di questi adolescenti?
«Malattie aggravate dalla pandemia. Pedofili in agguato»
«È un fenomeno che potrebbe legarsi anche alla pedopornografia». Così racconta Cristina Bonucchi, direttore tecnico superiore psicologo della polizia di Stato. «I predatori cercano vittime e se la vittima è più fragile sarà più facile indurla ad accondiscendere a qualsiasi tipo di richiesta».
Quanto è esteso il fenomeno dei gruppi pro ana in Italia e su che piattaforme sono presenti? Qualche anno fa erano presenti i blog, ora?
«Quello che abbiamo rilevato è una progressiva migrazione. Sappiamo che è una caratteristica propria di internet. Le persone negli anni cambiano i servizi che preferiscono. Dieci anni fa i social non erano importanti come oggi. Nel tempo la sensibilità sia dei social sia degli spazi online si è modificata. Ci sono stati vari casi in cui il ruolo dei social è diventato importante per i ragazzi per peggiorare, con consigli su come nascondere digiuni e abbuffate o come dimagrire. Il fenomeno è soprattutto legato a chi è nella patologia. Attualmente il fenomeno si è spostato all’interno di gruppi e su tutti quei circuiti nei quali anche la scelta manageriale del servizio è quella di mantenere la riservatezza di chi li utilizza, perciò la dimensione è complessa».
Su Instagram, Facebook, Twitter, Tiktok, le piattaforme sono state molto decise nel rimuovere questi contenuti.
«Non solo. Oggi, in una ricerca tematica con parole chiave che richiamano ad anoressia e bulimia, questi social propongono anche strumenti di supporto. Ma il fenomeno ora comprende gruppi Whatsapp e Telegram, su cui è più difficile la sorveglianza, perché bisogna entrare in merito ai contenuti e a ciò che si dicono le persone, e sappiamo che questo è il massimo livello di privacy. Sarebbe necessaria un’analisi testuale che però potrebbe non andare a buon fine per gli slang e le abbreviazioni utilizzate, che il sistema potrebbe non individuare. È necessario che chi è intorno a ragazzi e ragazze fragili includa gli aspetti online tra quelli che in qualche modo vengono guidati e sorvegliati».
Agiscono sul dark Web o si entra per conoscenza nei gruppi?
«La parte dark io la escluderei, perché parliamo di adolescenti e giovani adulti. C’è sicuramente un passaparola e si parte sempre da quei blog che sono rimasti in piedi dove nel tempo è stata aggiunta l’indicazione di scrivere un messaggio a un certo numero di cellulare per partecipare alle discussioni. Quindi la migrazione è partita dai blog e si è spostata sulla messaggistica, magari con l’indicazione di un numero e da lì a cascata qualcuno ti aggiunge…».
Con il Covid questo fenomeno è cresciuto?
«Leggendo ricerche e interviste fatte da centri specializzati sembrerebbe che ci sia un abbassamento dell’età media della patologia; quindi, si parla sempre più di preadolescenti. In generale quello che abbiamo rilevato come polizia postale è un riversarsi di minori, di fasce di età sempre più basse su Internet, in conseguenza chiaramente della didattica a distanza, del Covid, delle restrizioni, del lockdown… E questo è un processo irreversibile».
Il fenomeno pro ana si può legare alla pedopornografia?
«Potrebbe, non possiamo escluderlo. I predatori cercano vittime e se la vittima è più fragile sarà più facile indurla ad accondiscendere a qualsiasi tipo di richiesta. Il cuore dell’adescamento è questa forma di costruzione di un legame pseudo affettivo per indurre il minore a qualsiasi tipo di richiesta, le leve che possono usare sono le più svariate e tra queste ci può anche essere quella di proporsi con un coach pro anoressia. Non è però così ricorrente, però è un elemento e un rischio in cui si può incorrere. L’aspetto online, per chi soffre di disturbi alimentari, è necessario che venga incluso nella sorveglianza e nell’attenzione che si presta perché possono incorrere in ragazzi come loro che li aiutano e danno suggerimenti in questo percorso di malattia».
Avete dati su quanti sono i gruppi in Italia?
«No, negli anni abbiamo ricevuto le segnalazioni, che erano più frequenti quando il fenomeno era presente sui blog, però è chiaro che è qualche cosa in cui non vi è possibilità di fare sotto copertura. Non c’è il reato di istigazione all’anoressia e alla bulimia; quindi, si deve guardare caso per caso. Resta fondamentale un lavoro per sensibilizzare i giovani e le famiglie perché comprendano quale rischio di amplificazione il Web possa avere in tutte le situazioni di fragilità adolescenziale».
Continua a leggereRiduci
Il Web sta trasformando un disagio personale in sindrome collettiva: siti e blog incoraggiano le adolescenti con disturbi alimentari, spiegano come resistere senza mangiare e svelano i trucchi per nascondere i sintomi a genitori e amiche.La poliziotta Cristina Bonucchi: «L’isolamento ha abbassato l’età. E i predatori cercano vittime fragili che cedono alle richieste più facilmente».Lo speciale contiene due articoliUn buco nero, da cui nessuna stella può tornare a risplendere. Assume questa oscurità il male e il dolore di giovani adolescenti anoressiche che messaggiano su Whatsapp, parlando della propria «ana», l’anoressia. Sono chat intime, in cui ognuna è libera di esprimere se stessa senza il malaugurato giudizio dell’adulto di turno o degli amici preoccupati. Chat che lette con l’occhio del profano assomigliano solo a un mostro che avvelena ragazzine fragili. Il fenomeno è quello dei gruppi pro ana, luoghi virtuali dove ragazzi con disturbi dell’alimentazione si danno appuntamento quotidianamente per scrivere il proprio diario alimentare e spronarsi a non mangiare, cercando di raggiuciò che tanto bramano: le ossa.Approdano in Italia all’inizio degli anni 2000 e si espandono con il boom dei blog. Attorno ai siti personali di tante ragazzine anoressiche si cominciano a creare piccole comunità unite dall’anoressia e dal desiderio di raggiungere la perfezione. Nei blog si scrive tutto ciò che possa aiutare a finalizzare l’obiettivo. Partono tutti rigorosamente con una lettera ad ana, l’anoressia nervosa, che all’interno dei blog viene personificata e, spesso, anche adorata. «Permettetemi di presentarmi. I medici mi chiamano Anoressia nervosa, tu puoi chiamarmi Ana», così comincia. «Diventeremo amiche, ne sono sicura. […] Ti porterò a mangiare sempre meno e a fare sempre più esercizio. Devi accettarlo, non puoi sfidarmi. Sto iniziando a entrare in te. Non ti lascerò più. Sono con te quando ti svegli al mattino e quando corri alla bilancia. Dipendi dalle sue cifre. Pregherai di pesare meno di ieri, della notte scorsa, di poche ore fa. Guardati allo specchio! Strappa via quel grasso schifoso! Sorridi solo quando vedrai spuntare le ossa».L’altro elemento formale e fondamentale presente nei siti è dato dai «comandamenti pro ana», nei quali si legge tra gli altri: «Compra dei vestiti, tagliati i capelli, prendi lassativi, fai di tutto per sembrare più magra». Oppure: «Essere magra e non mangiare sono simbolo di vera forza di volontà e successo».L’admin del sito racconta giornalmente cosa mangia e cosa fa, confessando i pensieri e aspettando i messaggi di risposta dei lettori. Questo uno dei post su un blog ancora aperto, ma a oggi inutilizzato: «Sono tornata da scuola poco fa e avevo una voglia matta di divorare qualcosa. Non era fame, solo una stupida debolezza, quella vocina nella testa che ti dice: “Ma sì, dai, tanto domani recuperi”. Avevo pure aperto la credenza e allungato il braccio ma all’ultimo secondo mi sono fermata e mi sono detta ad alta voce: “No, no e ancora no!”. Ho chiuso la credenza, aperto l’altra, quella dove ci sono piatti e bicchieri, mi sono presa il bicchierone grande e mi sono bevuta un bel po’ di acqua. Per poco non andava a monte tutto. Ma sono riuscita a controllarmi. Il resto della giornata dovrebbe essere tutta in discesa, il momento più pericoloso è passato ma meglio restare in guardia».Come ogni fenomeno del Web, quello dei gruppi pro ana è molto dinamico. Cambia in base all’evoluzione di Internet, delle applicazioni e delle mode. Passati di moda i blog, i gruppi pro ana non si sono estinti, sono solo migrati su altre piattaforme, mutando forma e diventando molto più difficili da controllare. Hanno conquistato i social (Instagram, Tiktok) e le applicazioni di messaggistica (Whatsapp, Telegram, Kik). Le nuove realtà in cui sono approdati si prestano alla scrittura, ma molto di più alla fotografia. Per cui i social in particolar modo si sono riempiti di foto e video motivazionali, con hashtag come #thinspiration con in mostra costole, clavicole sporgenti, girovita stretto e soprattutto il «thigh gap», lo spazio che separa le cosce. Instagram e Tik Tok sono stati molto netti con questi tipi di contenuti. Per la stragrande maggioranza sono stati rimossi e se si effettua una ricerca con parole chiave della filosofia pro ana compare un numero di assistenza per chi soffre di disturbi del comportamento alimentare.Le piattaforme di messaggistica, invece, riuniscono in gruppi chiusi i partecipanti e per entrare è necessario una sorta di colloquio con l’admin del gruppo. La Verità è entrata in possesso di una chat di questo genere: la pubblichiamo in queste pagine. Per le autorità è più difficile controllare le attività sui gruppi per problemi di privacy e per il fatto che non esiste una legislazione precisa sul fenomeno. Sulle app di messaggistica c’è spazio sia per foto quotidiane di schiene scheletriche, per incitarsi vicendevolmente, sia per la trascrizione minuziosa di ogni caloria ingerita nell’arco della giornata. «Martedì 4 febbraio, colazione: caffè 0 kcal, 1 biscotto 38 kcal; pranzo: 1 fetta biscottata integrale 34 kcal, 40 grammi fesa di tacchino 43 kcal; merenda: caffè 0 kcal, 1 biscotto 38 kcal; cena: yogurt 30 kcal, insalata 50 grammi 10 kcal; attività fisica: 510 kcal bruciate». Questa sorta di diario alimentare viene aggiornato incessantemente e in maniera ossessiva, ma il gruppo non si ferma qui: servono anche consigli per mantenere la forma desiderata. In primis, vengono elargiti consigli per dimagrire: bevi un bicchiere d’acqua ogni ora (riempie e depura), se sei tentato dal cibo conta fino a 100 e aspetta 20 minuti, mangia molto lentamente… Poi è necessario nascondere ana ai familiari e ai conoscenti; perciò, «non lasciare che le persone notino come sono larghi i tuoi vestiti»; «non parlare mai del tuo peso con nessuno»; «comportati come se tu non sapessi assolutamente niente di diete e peso»; «di’ che sei stato invitato fuori a cena, poi vai a fare una passeggiata».In Italia i ragazzi con disturbi alimentari sono circa 3 milioni e gli adolescenti in media passano almeno 2,5 ore al cellulare. Il rischio di incappare o ricercare, già consapevoli delle proprie fragilità, contenuti pro ana è alto. Per quanto cerchino di nutrirsi solo del vuoto, sembra di scorgere in questi ragazzi una straripante domanda di pienezza, un anelito da cui escono però distrutti. «Una totalità di cose, una montagna di regali, tutta l’abbondanza possibile dell’avere non fanno l’amore. L’accumulazione e la disponibilità delle merci non sono sufficienti a turare la mancanza a essere del soggetto. Anzi, quando questa illusione viene perseguita secondo una strategia organizzata, essa rafforza, oltre al consumo, proprio il rifiuto del consumo. Che cosa sono in effetti le opere dell’uomo se non sono sostenute dalla fede nell’altro, dall’amore dell’altro?». Così scrive Massimo Recalcati nel saggio sull’anoressia e la bulimia L’ultima cena. Ma chi può fare breccia nei cuori affaticati di questi adolescenti?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/chi-spinge-le-ragazze-allanoressia-2657781455.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="malattie-aggravate-dalla-pandemia-pedofili-in-agguato" data-post-id="2657781455" data-published-at="1659257792" data-use-pagination="False"> «Malattie aggravate dalla pandemia. Pedofili in agguato» «È un fenomeno che potrebbe legarsi anche alla pedopornografia». Così racconta Cristina Bonucchi, direttore tecnico superiore psicologo della polizia di Stato. «I predatori cercano vittime e se la vittima è più fragile sarà più facile indurla ad accondiscendere a qualsiasi tipo di richiesta». Quanto è esteso il fenomeno dei gruppi pro ana in Italia e su che piattaforme sono presenti? Qualche anno fa erano presenti i blog, ora? «Quello che abbiamo rilevato è una progressiva migrazione. Sappiamo che è una caratteristica propria di internet. Le persone negli anni cambiano i servizi che preferiscono. Dieci anni fa i social non erano importanti come oggi. Nel tempo la sensibilità sia dei social sia degli spazi online si è modificata. Ci sono stati vari casi in cui il ruolo dei social è diventato importante per i ragazzi per peggiorare, con consigli su come nascondere digiuni e abbuffate o come dimagrire. Il fenomeno è soprattutto legato a chi è nella patologia. Attualmente il fenomeno si è spostato all’interno di gruppi e su tutti quei circuiti nei quali anche la scelta manageriale del servizio è quella di mantenere la riservatezza di chi li utilizza, perciò la dimensione è complessa». Su Instagram, Facebook, Twitter, Tiktok, le piattaforme sono state molto decise nel rimuovere questi contenuti. «Non solo. Oggi, in una ricerca tematica con parole chiave che richiamano ad anoressia e bulimia, questi social propongono anche strumenti di supporto. Ma il fenomeno ora comprende gruppi Whatsapp e Telegram, su cui è più difficile la sorveglianza, perché bisogna entrare in merito ai contenuti e a ciò che si dicono le persone, e sappiamo che questo è il massimo livello di privacy. Sarebbe necessaria un’analisi testuale che però potrebbe non andare a buon fine per gli slang e le abbreviazioni utilizzate, che il sistema potrebbe non individuare. È necessario che chi è intorno a ragazzi e ragazze fragili includa gli aspetti online tra quelli che in qualche modo vengono guidati e sorvegliati». Agiscono sul dark Web o si entra per conoscenza nei gruppi? «La parte dark io la escluderei, perché parliamo di adolescenti e giovani adulti. C’è sicuramente un passaparola e si parte sempre da quei blog che sono rimasti in piedi dove nel tempo è stata aggiunta l’indicazione di scrivere un messaggio a un certo numero di cellulare per partecipare alle discussioni. Quindi la migrazione è partita dai blog e si è spostata sulla messaggistica, magari con l’indicazione di un numero e da lì a cascata qualcuno ti aggiunge…». Con il Covid questo fenomeno è cresciuto? «Leggendo ricerche e interviste fatte da centri specializzati sembrerebbe che ci sia un abbassamento dell’età media della patologia; quindi, si parla sempre più di preadolescenti. In generale quello che abbiamo rilevato come polizia postale è un riversarsi di minori, di fasce di età sempre più basse su Internet, in conseguenza chiaramente della didattica a distanza, del Covid, delle restrizioni, del lockdown… E questo è un processo irreversibile». Il fenomeno pro ana si può legare alla pedopornografia? «Potrebbe, non possiamo escluderlo. I predatori cercano vittime e se la vittima è più fragile sarà più facile indurla ad accondiscendere a qualsiasi tipo di richiesta. Il cuore dell’adescamento è questa forma di costruzione di un legame pseudo affettivo per indurre il minore a qualsiasi tipo di richiesta, le leve che possono usare sono le più svariate e tra queste ci può anche essere quella di proporsi con un coach pro anoressia. Non è però così ricorrente, però è un elemento e un rischio in cui si può incorrere. L’aspetto online, per chi soffre di disturbi alimentari, è necessario che venga incluso nella sorveglianza e nell’attenzione che si presta perché possono incorrere in ragazzi come loro che li aiutano e danno suggerimenti in questo percorso di malattia». Avete dati su quanti sono i gruppi in Italia? «No, negli anni abbiamo ricevuto le segnalazioni, che erano più frequenti quando il fenomeno era presente sui blog, però è chiaro che è qualche cosa in cui non vi è possibilità di fare sotto copertura. Non c’è il reato di istigazione all’anoressia e alla bulimia; quindi, si deve guardare caso per caso. Resta fondamentale un lavoro per sensibilizzare i giovani e le famiglie perché comprendano quale rischio di amplificazione il Web possa avere in tutte le situazioni di fragilità adolescenziale».
Friedrich Merz (Ansa)
Il dissenso della gioventù aveva provocato forti tensioni all’interno della maggioranza tanto da far rischiare la prima crisi di governo seria per Merz. Il via libera del parlamento tedesco, dunque, segna di fatto una crisi politica enorme e pure lo scollamento della democrazia tra maggioranza effettiva e maggioranza dopata. Come già era accaduto in Francia, la materia pensionistica è l’iceberg contro cui si schiantano i… Titanic: Macron prima, Merz adesso. Il presidente francese sulle pensioni ha visto la rottura dei suoi governi per l’incalzare di rivolte popolari e questo in carica guidato da Lecornu ha dovuto congelare la materia per non lasciarci le penne. Del resto in Europa non è il solo che naviga a vista, non curante della sfiducia nel Paese: in Spagna il governo Sánchez è in piena crisi di consensi per i casi di corruzione scoppiati nel partito e in casa, e pure l’accordo coi i catalani e coi baschi rischia di far deragliare l’esecutivo sulla finanziaria. In Olanda non c’è ancora un governo. In Belgio il primo ministro De Wever ha chiesto altro tempo al re Filippo per superare lo stallo sulla legge di bilancio che si annuncia lacrime e sangue. In Germania - dicevamo - il governo si è salvato per l’appoggio determinante della sinistra radicale, aprendo quindi un tema politico che lascerà strascichi dei quali beneficerà Afd, partito assai attrattivo proprio tra i giovani.
I tre voti con i quali Merz si è salvato peseranno tantissimo e manterranno acceso il dibattito proprio su una questione ancestrale: l’aumento del debito pubblico. «Questo disegno di legge va contro le mie convinzioni fondamentali, contro tutto ciò per cui sono entrato in politica», ha dichiarato a nome della Junge Union Gruppe Pascal Reddig durante il dibattito. Lui è uno dei diciotto che avrebbe voluto affossare la stabilizzazione previdenziale anche a costo di mandare sotto il governo: il gruppo dei giovani non aveva mai preso in considerazione l’idea di caricare sulle spalle delle future generazioni 115 miliardi di costi aggiuntivi a partire dal 2031.
E senza quei 18 sì, il governo sarebbe finito al tappeto. Quindi ecco la solita minestrina riscaldata della sopravvivenza politica a qualsiasi costo: l’astensione dai banchi dell’opposizione del partito di estrema sinistra Die Linke, per effetto della quale si è ridotto il numero di voti necessari per l'approvazione. E i giovani? E le loro idee?
Merz ha affermato che le preoccupazioni della Junge Union saranno prese in considerazione in una revisione più ampia del sistema pensionistico prevista per il 2026, che affronterà anche la spinosa questione dell'innalzamento dell'età pensionabile. Un bel modo per cercare di salvare il salvabile. Anche se ora arriva pure la tegola della riforma della leva: il parlamento tedesco ha infatti approvato la modernizzazione del servizio militare nel Paese, introducendo una visita medica obbligatoria per i giovani diciottenni e la possibilità di ripristinare la leva obbligatoria in caso di carenza di volontari. Un altro passo verso la piena militarizzazione, materia su cui l’opinione pubblica tedesca è in profondo disaccordo e che Afd sta cavalcando. Sempre che la democrazia non deciderà di fermare Afd…
Continua a leggereRiduci
«The Rainmaker» (Sky)
The Rainmaker, versione serie televisiva, sarà disponibile su Sky Exclusive a partire dalla prima serata di venerdì 5 dicembre. E allora l'abisso immenso della legalità, i suoi chiaroscuri, le zone d'ombra soggette a manovre e interpretazioni personali torneranno protagonisti. Non a Memphis, dov'era ambientato il romanzo originale, bensì a Charleston, nella Carolina del Sud.
Il rainmaker di Grisham, il ragazzo che - fresco di laurea - aveva fantasticato sulla possibilità di essere l'uomo della pioggia in uno degli studi legali più prestigiosi di Memphis, è lontano dal suo corrispettivo moderno. E non solo per via di una città diversa. Rudy Baylor, stesso nome, stesso percorso dell'originale, ha l'anima candida del giovane di belle speranze, certo che sia tutto possibile, che le idee valgano più dei fatti. Ma quando, appena dopo la laurea in Giurisprudenza, si trova tirocinante all'interno di uno studio fra i più blasonati, capisce bene di aver peccato: troppo romanticismo, troppo incanto. In una parola, troppa ingenuità.
Rudy Baylor avrebbe voluto essere colui che poteva portare più clienti al suddetto studio. Invece, finisce per scontrarsi con un collega più anziano nel giorno dell'esordio, i suoi sogni impacchettati come fossero cosa di poco conto. Rudy deve trovare altro: un altro impiego, un'altra strada. E finisce per trovarla accanto a Bruiser Stone, qui donna, ben lontana dall'essere una professionista integerrima. Qui, i percorsi divergono.
The Rainmaker, versione serie televisiva, si discosta da The Rainmaker versione carta o versione film. Cambia la trama, non, però, la sostanza. Quel che lo show, in dieci episodi, vuole cercare di raccontare quanto complessa possa essere l'applicazione nel mondo reale di categorie di pensiero apprese in astratto. I confini sono labili, ciascuno disposto ad estenderli così da inglobarvi il proprio interesse personale. Quel che dovrebbe essere scontato e oggettivo, la definizione di giusto o sbagliato, sfuma. E non vi è più certezza. Nemmeno quella basilare del singolo, che credeva di aver capito quanto meno se stesso. Rudy Baylor, all'interno di questa serie, a mezza via tra giallo e legal drama, deve, dunque, fare quel che ha fatto il suo predecessore: smettere ogni sua certezza e camminare al di fuori della propria zona di comfort, alla ricerca perpetua di un compromesso che non gli tolga il sonno.
Continua a leggereRiduci
Ursula von der Leyen (Ansa)
Mentre l’Europa è strangolata da una crisi industriale senza precedenti, la Commissione europea offre alla casa automobilistica tedesca una tregua dalle misure anti-sovvenzioni. Questo armistizio, richiesto da VW Anhui, che produce il modello Cupra in Cina, rappresenta la chiusura del cerchio della de-industrializzazione europea. Attualmente, la VW paga un dazio anti-sovvenzione del 20,7 per cento sui modelli Cupra fabbricati in Cina, che si aggiunge alla tariffa base del 10 per cento. L’offerta di VW, avanzata attraverso la sua sussidiaria Seat/Cupra, propone, in alternativa al dazio, una quota di importazione annuale e un prezzo minimo di importazione, meccanismi che, se accettati da Bruxelles, esenterebbero il colosso tedesco dal pagare i dazi. Non si tratta di una congiuntura, ma di un disegno premeditato. Pochi giorni fa, la stessa Volkswagen ha annunciato come un trionfo di essere in grado di produrre veicoli elettrici interamente sviluppati e realizzati in Cina per la metà del costo rispetto alla produzione in Europa, grazie alle efficienze della catena di approvvigionamento, all’acquisto di batterie e ai costi del lavoro notevolmente inferiori. Per dare un’idea della voragine competitiva, secondo una analisi Reuters del 2024 un operaio VW tedesco costa in media 59 euro l’ora, contro i soli 3 dollari l’ora in Cina. L’intera base produttiva europea è già in ginocchio. La pressione dei sindacati e dei politici tedeschi per produrre veicoli elettrici in patria, nel tentativo di tutelare i posti di lavoro, si è trasformata in un calice avvelenato, secondo una azzeccata espressione dell’analista Justin Cox.
I dati sono impietosi: l’utilizzo medio della capacità produttiva nelle fabbriche di veicoli leggeri in Europa è sceso al 60% nel 2023, ma nei paesi ad alto costo (Germania, Francia, Italia e Regno Unito) è crollato al 54%. Una capacità di utilizzo inferiore al 70% è considerata il minimo per la redditività.
Il risultato? Centinaia di migliaia di posti di lavoro che rischiano di scomparire in breve tempo. Volkswagen, che ha investito miliardi in Cina nel tentativo di rimanere competitiva su quel mercato, sta tagliando drasticamente l’occupazione in patria. L’accordo con i sindacati prevede la soppressione di 35.000 posti di lavoro entro il 2030 in Germania. Il marchio VW sta già riducendo la capacità produttiva in Germania del 40%, chiudendo linee per 734.000 veicoli. Persino stabilimenti storici come quello di Osnabrück rischiano la chiusura entro il 2027.
Anziché imporre una protezione doganale forte contro la concorrenza cinese, l’Ue si siede al tavolo per negoziare esenzioni personalizzate per le sue stesse aziende che delocalizzano in Oriente.
Questa politica di suicidio economico ha molto padri, tra cui le case automobilistiche tedesche. Mercedes e Bmw, insieme a VW, fecero pressioni a suo tempo contro l’imposizione di dazi Ue più elevati, temendo che una guerra commerciale potesse danneggiare le loro vendite in Cina, il mercato più grande del mondo e cruciale per i loro profitti. L’Associazione dell’industria automobilistica tedesca (Vda) ha definito i dazi «un errore» e ha sostenuto una soluzione negoziata con Pechino.
La disastrosa svolta all’elettrico imposta da Bruxelles si avvia a essere attenuata con l’apertura (forse) alle immatricolazioni di motori a combustione e ibridi anche dopo il 2035, ma ha creato l’instabilità perfetta per l’ingresso trionfale della Cina nel settore. I produttori europei, combattendo con veicoli elettrici ad alto costo che non vendono come previsto (l’Ev più economico di VW, l’ID.3, costa oltre 36.000 euro), hanno perso quote di mercato e hanno dovuto ridimensionare obiettivi, profitti e occupazione in Europa. A tal riguardo, ieri il premier Giorgia Meloni, insieme ai leader di Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria e Ungheria, in una lettera ai vertici Ue, ha esortato l’Unione ad abbandonare, una volta per tutte, il dogmatismo ideologico che ha messo in ginocchio interi settori produttivi, senza peraltro apportare benefici tangibili in termini di emissioni globali». Nel testo, si chiede di mantenere anche dopo il 2035 le ibride e di riconoscere i biocarburanti come carburanti a emissioni zero.
L’Ue, che sempre pretende un primato morale, ha in realtà creato le condizioni perfette per svuotare il continente di produzione industriale. Accettare esenzioni dai dazi sull’import dalle aziende che hanno traslocato in Cina è la beatificazione della delocalizzazione. L’Europa si avvia a diventare uno showroom per prodotti asiatici, con le sue fabbriche ridotte a ruderi. Paradossalmente, diverse case automobilistiche cinesi stanno delocalizzando in Europa, dove progettano di assemblare i veicoli e venderli localmente, aggirando così i dazi europei. La Great Wall Motors progetta di aprire stabilimenti in Spagna e Ungheria per assemblare i veicoli. Anche considerando i più alti costi del lavoro europei (16 euro in Ungheria, dato Reuters), i cinesi pensano di riuscire ad essere più competitivi dei concorrenti locali. Per convenienza, i marchi europei vanno in Cina e quelli cinesi vengono in Europa, insomma. A perderci sono i lavoratori europei.
Continua a leggereRiduci