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2022-08-01
Chi spinge le ragazze all’anoressia
iStock
Un buco nero, da cui nessuna stella può tornare a risplendere. Assume questa oscurità il male e il dolore di giovani adolescenti anoressiche che messaggiano su Whatsapp, parlando della propria «ana», l’anoressia. Sono chat intime, in cui ognuna è libera di esprimere se stessa senza il malaugurato giudizio dell’adulto di turno o degli amici preoccupati. Chat che lette con l’occhio del profano assomigliano solo a un mostro che avvelena ragazzine fragili. Il fenomeno è quello dei gruppi pro ana, luoghi virtuali dove ragazzi con disturbi dell’alimentazione si danno appuntamento quotidianamente per scrivere il proprio diario alimentare e spronarsi a non mangiare, cercando di raggiuciò che tanto bramano: le ossa.
Approdano in Italia all’inizio degli anni 2000 e si espandono con il boom dei blog. Attorno ai siti personali di tante ragazzine anoressiche si cominciano a creare piccole comunità unite dall’anoressia e dal desiderio di raggiungere la perfezione. Nei blog si scrive tutto ciò che possa aiutare a finalizzare l’obiettivo. Partono tutti rigorosamente con una lettera ad ana, l’anoressia nervosa, che all’interno dei blog viene personificata e, spesso, anche adorata. «Permettetemi di presentarmi. I medici mi chiamano Anoressia nervosa, tu puoi chiamarmi Ana», così comincia. «Diventeremo amiche, ne sono sicura. […] Ti porterò a mangiare sempre meno e a fare sempre più esercizio. Devi accettarlo, non puoi sfidarmi. Sto iniziando a entrare in te. Non ti lascerò più. Sono con te quando ti svegli al mattino e quando corri alla bilancia. Dipendi dalle sue cifre. Pregherai di pesare meno di ieri, della notte scorsa, di poche ore fa. Guardati allo specchio! Strappa via quel grasso schifoso! Sorridi solo quando vedrai spuntare le ossa».
L’altro elemento formale e fondamentale presente nei siti è dato dai «comandamenti pro ana», nei quali si legge tra gli altri: «Compra dei vestiti, tagliati i capelli, prendi lassativi, fai di tutto per sembrare più magra». Oppure: «Essere magra e non mangiare sono simbolo di vera forza di volontà e successo».
L’admin del sito racconta giornalmente cosa mangia e cosa fa, confessando i pensieri e aspettando i messaggi di risposta dei lettori. Questo uno dei post su un blog ancora aperto, ma a oggi inutilizzato: «Sono tornata da scuola poco fa e avevo una voglia matta di divorare qualcosa. Non era fame, solo una stupida debolezza, quella vocina nella testa che ti dice: “Ma sì, dai, tanto domani recuperi”. Avevo pure aperto la credenza e allungato il braccio ma all’ultimo secondo mi sono fermata e mi sono detta ad alta voce: “No, no e ancora no!”. Ho chiuso la credenza, aperto l’altra, quella dove ci sono piatti e bicchieri, mi sono presa il bicchierone grande e mi sono bevuta un bel po’ di acqua. Per poco non andava a monte tutto. Ma sono riuscita a controllarmi. Il resto della giornata dovrebbe essere tutta in discesa, il momento più pericoloso è passato ma meglio restare in guardia».
Come ogni fenomeno del Web, quello dei gruppi pro ana è molto dinamico. Cambia in base all’evoluzione di Internet, delle applicazioni e delle mode. Passati di moda i blog, i gruppi pro ana non si sono estinti, sono solo migrati su altre piattaforme, mutando forma e diventando molto più difficili da controllare. Hanno conquistato i social (Instagram, Tiktok) e le applicazioni di messaggistica (Whatsapp, Telegram, Kik). Le nuove realtà in cui sono approdati si prestano alla scrittura, ma molto di più alla fotografia. Per cui i social in particolar modo si sono riempiti di foto e video motivazionali, con hashtag come #thinspiration con in mostra costole, clavicole sporgenti, girovita stretto e soprattutto il «thigh gap», lo spazio che separa le cosce. Instagram e Tik Tok sono stati molto netti con questi tipi di contenuti. Per la stragrande maggioranza sono stati rimossi e se si effettua una ricerca con parole chiave della filosofia pro ana compare un numero di assistenza per chi soffre di disturbi del comportamento alimentare.
Le piattaforme di messaggistica, invece, riuniscono in gruppi chiusi i partecipanti e per entrare è necessario una sorta di colloquio con l’admin del gruppo. La Verità è entrata in possesso di una chat di questo genere: la pubblichiamo in queste pagine. Per le autorità è più difficile controllare le attività sui gruppi per problemi di privacy e per il fatto che non esiste una legislazione precisa sul fenomeno. Sulle app di messaggistica c’è spazio sia per foto quotidiane di schiene scheletriche, per incitarsi vicendevolmente, sia per la trascrizione minuziosa di ogni caloria ingerita nell’arco della giornata. «Martedì 4 febbraio, colazione: caffè 0 kcal, 1 biscotto 38 kcal; pranzo: 1 fetta biscottata integrale 34 kcal, 40 grammi fesa di tacchino 43 kcal; merenda: caffè 0 kcal, 1 biscotto 38 kcal; cena: yogurt 30 kcal, insalata 50 grammi 10 kcal; attività fisica: 510 kcal bruciate». Questa sorta di diario alimentare viene aggiornato incessantemente e in maniera ossessiva, ma il gruppo non si ferma qui: servono anche consigli per mantenere la forma desiderata. In primis, vengono elargiti consigli per dimagrire: bevi un bicchiere d’acqua ogni ora (riempie e depura), se sei tentato dal cibo conta fino a 100 e aspetta 20 minuti, mangia molto lentamente… Poi è necessario nascondere ana ai familiari e ai conoscenti; perciò, «non lasciare che le persone notino come sono larghi i tuoi vestiti»; «non parlare mai del tuo peso con nessuno»; «comportati come se tu non sapessi assolutamente niente di diete e peso»; «di’ che sei stato invitato fuori a cena, poi vai a fare una passeggiata».
In Italia i ragazzi con disturbi alimentari sono circa 3 milioni e gli adolescenti in media passano almeno 2,5 ore al cellulare. Il rischio di incappare o ricercare, già consapevoli delle proprie fragilità, contenuti pro ana è alto. Per quanto cerchino di nutrirsi solo del vuoto, sembra di scorgere in questi ragazzi una straripante domanda di pienezza, un anelito da cui escono però distrutti. «Una totalità di cose, una montagna di regali, tutta l’abbondanza possibile dell’avere non fanno l’amore. L’accumulazione e la disponibilità delle merci non sono sufficienti a turare la mancanza a essere del soggetto. Anzi, quando questa illusione viene perseguita secondo una strategia organizzata, essa rafforza, oltre al consumo, proprio il rifiuto del consumo. Che cosa sono in effetti le opere dell’uomo se non sono sostenute dalla fede nell’altro, dall’amore dell’altro?». Così scrive Massimo Recalcati nel saggio sull’anoressia e la bulimia L’ultima cena. Ma chi può fare breccia nei cuori affaticati di questi adolescenti?
«Malattie aggravate dalla pandemia. Pedofili in agguato»
«È un fenomeno che potrebbe legarsi anche alla pedopornografia». Così racconta Cristina Bonucchi, direttore tecnico superiore psicologo della polizia di Stato. «I predatori cercano vittime e se la vittima è più fragile sarà più facile indurla ad accondiscendere a qualsiasi tipo di richiesta».
Quanto è esteso il fenomeno dei gruppi pro ana in Italia e su che piattaforme sono presenti? Qualche anno fa erano presenti i blog, ora?
«Quello che abbiamo rilevato è una progressiva migrazione. Sappiamo che è una caratteristica propria di internet. Le persone negli anni cambiano i servizi che preferiscono. Dieci anni fa i social non erano importanti come oggi. Nel tempo la sensibilità sia dei social sia degli spazi online si è modificata. Ci sono stati vari casi in cui il ruolo dei social è diventato importante per i ragazzi per peggiorare, con consigli su come nascondere digiuni e abbuffate o come dimagrire. Il fenomeno è soprattutto legato a chi è nella patologia. Attualmente il fenomeno si è spostato all’interno di gruppi e su tutti quei circuiti nei quali anche la scelta manageriale del servizio è quella di mantenere la riservatezza di chi li utilizza, perciò la dimensione è complessa».
Su Instagram, Facebook, Twitter, Tiktok, le piattaforme sono state molto decise nel rimuovere questi contenuti.
«Non solo. Oggi, in una ricerca tematica con parole chiave che richiamano ad anoressia e bulimia, questi social propongono anche strumenti di supporto. Ma il fenomeno ora comprende gruppi Whatsapp e Telegram, su cui è più difficile la sorveglianza, perché bisogna entrare in merito ai contenuti e a ciò che si dicono le persone, e sappiamo che questo è il massimo livello di privacy. Sarebbe necessaria un’analisi testuale che però potrebbe non andare a buon fine per gli slang e le abbreviazioni utilizzate, che il sistema potrebbe non individuare. È necessario che chi è intorno a ragazzi e ragazze fragili includa gli aspetti online tra quelli che in qualche modo vengono guidati e sorvegliati».
Agiscono sul dark Web o si entra per conoscenza nei gruppi?
«La parte dark io la escluderei, perché parliamo di adolescenti e giovani adulti. C’è sicuramente un passaparola e si parte sempre da quei blog che sono rimasti in piedi dove nel tempo è stata aggiunta l’indicazione di scrivere un messaggio a un certo numero di cellulare per partecipare alle discussioni. Quindi la migrazione è partita dai blog e si è spostata sulla messaggistica, magari con l’indicazione di un numero e da lì a cascata qualcuno ti aggiunge…».
Con il Covid questo fenomeno è cresciuto?
«Leggendo ricerche e interviste fatte da centri specializzati sembrerebbe che ci sia un abbassamento dell’età media della patologia; quindi, si parla sempre più di preadolescenti. In generale quello che abbiamo rilevato come polizia postale è un riversarsi di minori, di fasce di età sempre più basse su Internet, in conseguenza chiaramente della didattica a distanza, del Covid, delle restrizioni, del lockdown… E questo è un processo irreversibile».
Il fenomeno pro ana si può legare alla pedopornografia?
«Potrebbe, non possiamo escluderlo. I predatori cercano vittime e se la vittima è più fragile sarà più facile indurla ad accondiscendere a qualsiasi tipo di richiesta. Il cuore dell’adescamento è questa forma di costruzione di un legame pseudo affettivo per indurre il minore a qualsiasi tipo di richiesta, le leve che possono usare sono le più svariate e tra queste ci può anche essere quella di proporsi con un coach pro anoressia. Non è però così ricorrente, però è un elemento e un rischio in cui si può incorrere. L’aspetto online, per chi soffre di disturbi alimentari, è necessario che venga incluso nella sorveglianza e nell’attenzione che si presta perché possono incorrere in ragazzi come loro che li aiutano e danno suggerimenti in questo percorso di malattia».
Avete dati su quanti sono i gruppi in Italia?
«No, negli anni abbiamo ricevuto le segnalazioni, che erano più frequenti quando il fenomeno era presente sui blog, però è chiaro che è qualche cosa in cui non vi è possibilità di fare sotto copertura. Non c’è il reato di istigazione all’anoressia e alla bulimia; quindi, si deve guardare caso per caso. Resta fondamentale un lavoro per sensibilizzare i giovani e le famiglie perché comprendano quale rischio di amplificazione il Web possa avere in tutte le situazioni di fragilità adolescenziale».
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Il Web sta trasformando un disagio personale in sindrome collettiva: siti e blog incoraggiano le adolescenti con disturbi alimentari, spiegano come resistere senza mangiare e svelano i trucchi per nascondere i sintomi a genitori e amiche.La poliziotta Cristina Bonucchi: «L’isolamento ha abbassato l’età. E i predatori cercano vittime fragili che cedono alle richieste più facilmente».Lo speciale contiene due articoliUn buco nero, da cui nessuna stella può tornare a risplendere. Assume questa oscurità il male e il dolore di giovani adolescenti anoressiche che messaggiano su Whatsapp, parlando della propria «ana», l’anoressia. Sono chat intime, in cui ognuna è libera di esprimere se stessa senza il malaugurato giudizio dell’adulto di turno o degli amici preoccupati. Chat che lette con l’occhio del profano assomigliano solo a un mostro che avvelena ragazzine fragili. Il fenomeno è quello dei gruppi pro ana, luoghi virtuali dove ragazzi con disturbi dell’alimentazione si danno appuntamento quotidianamente per scrivere il proprio diario alimentare e spronarsi a non mangiare, cercando di raggiuciò che tanto bramano: le ossa.Approdano in Italia all’inizio degli anni 2000 e si espandono con il boom dei blog. Attorno ai siti personali di tante ragazzine anoressiche si cominciano a creare piccole comunità unite dall’anoressia e dal desiderio di raggiungere la perfezione. Nei blog si scrive tutto ciò che possa aiutare a finalizzare l’obiettivo. Partono tutti rigorosamente con una lettera ad ana, l’anoressia nervosa, che all’interno dei blog viene personificata e, spesso, anche adorata. «Permettetemi di presentarmi. I medici mi chiamano Anoressia nervosa, tu puoi chiamarmi Ana», così comincia. «Diventeremo amiche, ne sono sicura. […] Ti porterò a mangiare sempre meno e a fare sempre più esercizio. Devi accettarlo, non puoi sfidarmi. Sto iniziando a entrare in te. Non ti lascerò più. Sono con te quando ti svegli al mattino e quando corri alla bilancia. Dipendi dalle sue cifre. Pregherai di pesare meno di ieri, della notte scorsa, di poche ore fa. Guardati allo specchio! Strappa via quel grasso schifoso! Sorridi solo quando vedrai spuntare le ossa».L’altro elemento formale e fondamentale presente nei siti è dato dai «comandamenti pro ana», nei quali si legge tra gli altri: «Compra dei vestiti, tagliati i capelli, prendi lassativi, fai di tutto per sembrare più magra». Oppure: «Essere magra e non mangiare sono simbolo di vera forza di volontà e successo».L’admin del sito racconta giornalmente cosa mangia e cosa fa, confessando i pensieri e aspettando i messaggi di risposta dei lettori. Questo uno dei post su un blog ancora aperto, ma a oggi inutilizzato: «Sono tornata da scuola poco fa e avevo una voglia matta di divorare qualcosa. Non era fame, solo una stupida debolezza, quella vocina nella testa che ti dice: “Ma sì, dai, tanto domani recuperi”. Avevo pure aperto la credenza e allungato il braccio ma all’ultimo secondo mi sono fermata e mi sono detta ad alta voce: “No, no e ancora no!”. Ho chiuso la credenza, aperto l’altra, quella dove ci sono piatti e bicchieri, mi sono presa il bicchierone grande e mi sono bevuta un bel po’ di acqua. Per poco non andava a monte tutto. Ma sono riuscita a controllarmi. Il resto della giornata dovrebbe essere tutta in discesa, il momento più pericoloso è passato ma meglio restare in guardia».Come ogni fenomeno del Web, quello dei gruppi pro ana è molto dinamico. Cambia in base all’evoluzione di Internet, delle applicazioni e delle mode. Passati di moda i blog, i gruppi pro ana non si sono estinti, sono solo migrati su altre piattaforme, mutando forma e diventando molto più difficili da controllare. Hanno conquistato i social (Instagram, Tiktok) e le applicazioni di messaggistica (Whatsapp, Telegram, Kik). Le nuove realtà in cui sono approdati si prestano alla scrittura, ma molto di più alla fotografia. Per cui i social in particolar modo si sono riempiti di foto e video motivazionali, con hashtag come #thinspiration con in mostra costole, clavicole sporgenti, girovita stretto e soprattutto il «thigh gap», lo spazio che separa le cosce. Instagram e Tik Tok sono stati molto netti con questi tipi di contenuti. Per la stragrande maggioranza sono stati rimossi e se si effettua una ricerca con parole chiave della filosofia pro ana compare un numero di assistenza per chi soffre di disturbi del comportamento alimentare.Le piattaforme di messaggistica, invece, riuniscono in gruppi chiusi i partecipanti e per entrare è necessario una sorta di colloquio con l’admin del gruppo. La Verità è entrata in possesso di una chat di questo genere: la pubblichiamo in queste pagine. Per le autorità è più difficile controllare le attività sui gruppi per problemi di privacy e per il fatto che non esiste una legislazione precisa sul fenomeno. Sulle app di messaggistica c’è spazio sia per foto quotidiane di schiene scheletriche, per incitarsi vicendevolmente, sia per la trascrizione minuziosa di ogni caloria ingerita nell’arco della giornata. «Martedì 4 febbraio, colazione: caffè 0 kcal, 1 biscotto 38 kcal; pranzo: 1 fetta biscottata integrale 34 kcal, 40 grammi fesa di tacchino 43 kcal; merenda: caffè 0 kcal, 1 biscotto 38 kcal; cena: yogurt 30 kcal, insalata 50 grammi 10 kcal; attività fisica: 510 kcal bruciate». Questa sorta di diario alimentare viene aggiornato incessantemente e in maniera ossessiva, ma il gruppo non si ferma qui: servono anche consigli per mantenere la forma desiderata. In primis, vengono elargiti consigli per dimagrire: bevi un bicchiere d’acqua ogni ora (riempie e depura), se sei tentato dal cibo conta fino a 100 e aspetta 20 minuti, mangia molto lentamente… Poi è necessario nascondere ana ai familiari e ai conoscenti; perciò, «non lasciare che le persone notino come sono larghi i tuoi vestiti»; «non parlare mai del tuo peso con nessuno»; «comportati come se tu non sapessi assolutamente niente di diete e peso»; «di’ che sei stato invitato fuori a cena, poi vai a fare una passeggiata».In Italia i ragazzi con disturbi alimentari sono circa 3 milioni e gli adolescenti in media passano almeno 2,5 ore al cellulare. Il rischio di incappare o ricercare, già consapevoli delle proprie fragilità, contenuti pro ana è alto. Per quanto cerchino di nutrirsi solo del vuoto, sembra di scorgere in questi ragazzi una straripante domanda di pienezza, un anelito da cui escono però distrutti. «Una totalità di cose, una montagna di regali, tutta l’abbondanza possibile dell’avere non fanno l’amore. L’accumulazione e la disponibilità delle merci non sono sufficienti a turare la mancanza a essere del soggetto. Anzi, quando questa illusione viene perseguita secondo una strategia organizzata, essa rafforza, oltre al consumo, proprio il rifiuto del consumo. Che cosa sono in effetti le opere dell’uomo se non sono sostenute dalla fede nell’altro, dall’amore dell’altro?». Così scrive Massimo Recalcati nel saggio sull’anoressia e la bulimia L’ultima cena. Ma chi può fare breccia nei cuori affaticati di questi adolescenti?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/chi-spinge-le-ragazze-allanoressia-2657781455.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="malattie-aggravate-dalla-pandemia-pedofili-in-agguato" data-post-id="2657781455" data-published-at="1659257792" data-use-pagination="False"> «Malattie aggravate dalla pandemia. Pedofili in agguato» «È un fenomeno che potrebbe legarsi anche alla pedopornografia». Così racconta Cristina Bonucchi, direttore tecnico superiore psicologo della polizia di Stato. «I predatori cercano vittime e se la vittima è più fragile sarà più facile indurla ad accondiscendere a qualsiasi tipo di richiesta». Quanto è esteso il fenomeno dei gruppi pro ana in Italia e su che piattaforme sono presenti? Qualche anno fa erano presenti i blog, ora? «Quello che abbiamo rilevato è una progressiva migrazione. Sappiamo che è una caratteristica propria di internet. Le persone negli anni cambiano i servizi che preferiscono. Dieci anni fa i social non erano importanti come oggi. Nel tempo la sensibilità sia dei social sia degli spazi online si è modificata. Ci sono stati vari casi in cui il ruolo dei social è diventato importante per i ragazzi per peggiorare, con consigli su come nascondere digiuni e abbuffate o come dimagrire. Il fenomeno è soprattutto legato a chi è nella patologia. Attualmente il fenomeno si è spostato all’interno di gruppi e su tutti quei circuiti nei quali anche la scelta manageriale del servizio è quella di mantenere la riservatezza di chi li utilizza, perciò la dimensione è complessa». Su Instagram, Facebook, Twitter, Tiktok, le piattaforme sono state molto decise nel rimuovere questi contenuti. «Non solo. Oggi, in una ricerca tematica con parole chiave che richiamano ad anoressia e bulimia, questi social propongono anche strumenti di supporto. Ma il fenomeno ora comprende gruppi Whatsapp e Telegram, su cui è più difficile la sorveglianza, perché bisogna entrare in merito ai contenuti e a ciò che si dicono le persone, e sappiamo che questo è il massimo livello di privacy. Sarebbe necessaria un’analisi testuale che però potrebbe non andare a buon fine per gli slang e le abbreviazioni utilizzate, che il sistema potrebbe non individuare. È necessario che chi è intorno a ragazzi e ragazze fragili includa gli aspetti online tra quelli che in qualche modo vengono guidati e sorvegliati». Agiscono sul dark Web o si entra per conoscenza nei gruppi? «La parte dark io la escluderei, perché parliamo di adolescenti e giovani adulti. C’è sicuramente un passaparola e si parte sempre da quei blog che sono rimasti in piedi dove nel tempo è stata aggiunta l’indicazione di scrivere un messaggio a un certo numero di cellulare per partecipare alle discussioni. Quindi la migrazione è partita dai blog e si è spostata sulla messaggistica, magari con l’indicazione di un numero e da lì a cascata qualcuno ti aggiunge…». Con il Covid questo fenomeno è cresciuto? «Leggendo ricerche e interviste fatte da centri specializzati sembrerebbe che ci sia un abbassamento dell’età media della patologia; quindi, si parla sempre più di preadolescenti. In generale quello che abbiamo rilevato come polizia postale è un riversarsi di minori, di fasce di età sempre più basse su Internet, in conseguenza chiaramente della didattica a distanza, del Covid, delle restrizioni, del lockdown… E questo è un processo irreversibile». Il fenomeno pro ana si può legare alla pedopornografia? «Potrebbe, non possiamo escluderlo. I predatori cercano vittime e se la vittima è più fragile sarà più facile indurla ad accondiscendere a qualsiasi tipo di richiesta. Il cuore dell’adescamento è questa forma di costruzione di un legame pseudo affettivo per indurre il minore a qualsiasi tipo di richiesta, le leve che possono usare sono le più svariate e tra queste ci può anche essere quella di proporsi con un coach pro anoressia. Non è però così ricorrente, però è un elemento e un rischio in cui si può incorrere. L’aspetto online, per chi soffre di disturbi alimentari, è necessario che venga incluso nella sorveglianza e nell’attenzione che si presta perché possono incorrere in ragazzi come loro che li aiutano e danno suggerimenti in questo percorso di malattia». Avete dati su quanti sono i gruppi in Italia? «No, negli anni abbiamo ricevuto le segnalazioni, che erano più frequenti quando il fenomeno era presente sui blog, però è chiaro che è qualche cosa in cui non vi è possibilità di fare sotto copertura. Non c’è il reato di istigazione all’anoressia e alla bulimia; quindi, si deve guardare caso per caso. Resta fondamentale un lavoro per sensibilizzare i giovani e le famiglie perché comprendano quale rischio di amplificazione il Web possa avere in tutte le situazioni di fragilità adolescenziale».
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
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Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
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