2024-05-20
«Chi si spaccia per censurato vuol imporre il pensiero unico»
Il critico d’arte Vittorio Sgarbi: «A me è stato impedito di parlare di Michelangelo al Salone del Libro perché corro alle Europee. Proporrò il latino e la Magna Grecia patrimoni Unesco».Viene da dire: Vittorio Sgarbi, basta la parola! Trentadue anni dopo essere diventato sindaco di San Severino Marche e deputato del Partito liberale italiano – furono quelle le sue prime prove elettorali – Vittorio Sgarbi da Ferrara, da dodici giorni settantaduenne, ma con un portamento ancora da studente in filosofia, accetta l’ennesima sfida della sua lunga e prolifica militanza politica. Di sé pur essendo stato ed essendo quasi tutto – da sindaco ad assessore, da curatore di mostre a docente universitario, da giornalista a conduttore televisivo – ama ribadire: sono un critico d’arte. Corre da indipendente nelle liste di Fratelli d’Italia nella circoscrizione meridionale, e con il Sud ha un legame speciale. Da sindaco di Arpino, lì dove il frusinate ha confidenza con la grande Storia, ha per l’Europa una sfida di altissimo profilo. Del resto se si regge la città che ha generato Marco Tullio Cicerone, e che si dice fondata da Saturno, non si può che puntare alla purezza e al primato del latino. Se eletto tornerà all’Europarlamento dove è già stato a seguito delle elezioni del 1999: nel Nord-Est raccolse centomila voti sotto le insegne di Foza Italia.Scusi Sgarbi ma lei non si è stancato di essere un candidato perenne? Qual è il senso di questa corsa all’Europa? «La ragione prima è: difendere la cultura. Ho sempre ritenuto che l’Europa si costruisce a partire dalla cultura. E l’incidente – chiamiamolo così – del Salone del Libro mi ha confermato la necessità, l’urgenza di questa scelta. A Torino non mi hanno fatto presentare il mio libro su Michelangelo (Michelangelo: rumore e paura, La nave di Teseo editore, ndr) perché sono candidato nella lista di Fratelli d’Italia per il meridione. Mi pare che a Torino siano andati Mimmo Lucano, che è candidato con Verdi e Sinistra, e Zerocalcare a perorare la causa di Ilaria Salis, anche lei candidata con la sinistra. Per 36 anni ho fatto la lectio magistralis al Salone del Libro e perché sono candidato al Parlamento europeo non mi fanno parlare? Non mi fanno parlare del mio Michelangelo perché sono vittima della par condicio».Beh è in ottima compagnia: con Giorgia Meloni ed Elly Schlein stoppate alla vigilia del dibattito televisivo… «La par condicio è il frutto delle idee di un presidente penoso che la fece in odio a Silvio Berlusconi. Ciò che hanno fatto impedendo il dibattito da Bruno Vespa è inaudito. È l’orrore dell’antitrust presieduto da questo Roberto Rustichelli che ha detto che non potevo fare una lezione su Dürer ed essere pagato. Ma quello è il mio lavoro, è il motivo per cui la mia competenza e la mia conoscenza diventano azione politica. Secondo l’Antitrust, che mi ha indotto a dimettermi da sottosegretario, io posso fare solo il critico d’arte. Mi era già capitato nel ’90 con Mara Carfagna di sentirmi rimproverare la mia competenza. Ma io sono l’unico rappresentante della cultura italiana in Parlamento e nel governo, io sono l’emblema dell’arte italiana. Dovevo esser pagato per esserci nel Parlamento, perché in forza dell’arte sono il più politico dei politici. Gli altri sono dei fantasmi, anche se nella lista di Fratelli d’Italia ci sono dei bravi candidati».La sua candidatura a Strasburgo è un risarcimento per lo «sgarbo» dell’Antitrust?«No, ne ho discusso a lungo con Giorgia Meloni - la più generosa e democratica dei leader - della mia candidatura, e abbiamo convenuto che c’era la necessità che io fossi il rappresentante della cultura italiana al Parlamento europeo».Lei però non viene dalla cultura di Fratelli d’Italia…«Le Europee aumentano il peso dei grandi partiti. Così è stato per la Dc, poi per Forza Italia, per Renzi, per Salvini, per i 5 stelle. Metà degli italiani si muove dalla Dc e ora approda a Fratelli d’Italia; è l’Italia dei conservatori e oggi quel partito ha creato l’area dei moderati che va da Fitto, un ex democristiano, a me che sono radicale. Il Rinascimento italiano si rappresenta in quell’area di conservatori che sta in Fratelli d’Italia come in un campo largo dove trova posto l’Italia libera e libertaria che porta avanti le idee della cultura. Giorgia Meloni in maniera intelligente e con la massima tolleranza sente l’indispensabilità di costruire una classe dirigente attorno a lei. Io sono l’emblema della prima Repubblica che è sopravvissuta. Ero in Parlamento con Craxi e Andreotti, c’erano tutte quelle energie che un tempo erano emblemi di una cultura politica come Ortensio Zecchino, figure che sono state educate nei valori della conoscenza e della democrazia, altroché dittatura. A quel mondo lì fa riferimento oggi Giorgia Meloni».Dunque sono strumentali le accuse di censura, di autoritarismo?«La dittatura è il tentativo di impedire la pluralità delle idee. Giuseppe Conte, un personaggetto di periferia, vuole imporre il silenzio. Per lui è una vittoria il far tacere due donne, l’impedire il dialogo tra Meloni e Schlein, quando per l’elettore è fondamentale invece avere il massimo di consapevolezza attraverso il confronto delle idee. Ha ragione Bruno Vespa a denunciare la par condicio. Conte è un burattino che si è convinto di poter manovrare l’informazione con l’estensione del concetto grottesco e poliziesco della par condicio. È il tentativo d’imporre il pensiero unico impedendo perfino alla maggioranza di parlare. Il silenzio invocato da questo burattino è la logica conseguenza di una legge fatta da un cretino contro Berlusconi, ma rivela un profilo fascista nel momento in cui s’invoca il silenzio, ma si chiede la libertà d’espressione per Antonio Scurati e tutti quelli che fingono di essere stati censurati per imporre il pensiero unico».Siamo a uno, nessuno, centomila Scurati? «Scurati se avesse letto il suo monologo nella trasmissione di Serena Bortone si sarebbe rivolto al massimo a 500.000 persone. Così ha avuto modo di farsi ascoltare da 30 milioni di persone. Ci sono oggi almeno quattro editori televisivi. Urbano Cairo, uomo di destra, fa una tv di sinistra e dovrebbe dimostrare di essere almeno un po’ meno di parte. Rete 4 si è presa Bianca Berlinguer, sul 9 dove imperano i comici alla Crozza ci sono finiti tutti, non vedo né un’egemonia né una censura. Oltretutto i presunti censurati vanno a guadagnare molto di più. La censura non c’è, tranne nel caso di Giuseppe Conte che ha contestato quella presunta verso Scurati, ma poi invoca il silenzio attorno a Meloni e Schlein proprio sulla Rai».Sgarbi, lei è di Ferrara e chissà quante volte è passato accanto al giardino dei Finzi-Contini: avverte un antisemitismo montante? E la preoccupa?«Mi preoccupa perché la Brigata ebraica bloccata e contestata per il 25 aprile è un segnale orrendo. Loro erano antifascisti ben prima che nascesse lo Stato d’Israele! Io ce l’ho con il governo di Netanyahu, ma detto questo se tu contesti una brigata di antifascisti nata quando non c’era lo Stato d’Israele, quella contestazione diventa antisemitismo e nazismo. Nel momento in cui tu blocchi dei partigiani e la loro memoria stai dando ragione a Hitler. Dobbiamo continuare a onorare gli ebrei e lo Stato che è l’unico riferimento di un popolo disperso va difeso. Ricordo che Moni Ovadia fu costretto a rassegnare le dimissioni dal teatro di Ferrara dove io l’avevo indicato. Lui era frastornato dal sangue del 7 ottobre e la sua posizione era francamente difficilmente difendibile, ma oggi dopo otto mesi quella posizione è quasi perfino condivisa da Sergio Mattarella. Lo sa bene il mondo ebraico milanese: c’è una parte di loro che attaccano Netanyahu, che vorrebbero la distruzione dello Stato d’Israele, anche gli Usa delegittimano il governo israeliano. Ma bisogna stare attenti: se non si consente che gli ebrei abbiano un loro Stato questo diventa antisemitismo».E delle proteste pro Pal nelle università che pensa? «Non possiamo pretendere che il movimento degli studenti sia dalla parte giusta della storia. Loro interpretano una parte di valori di libertà fumosamente nobili. Lo studente è un ignorante, l’ignoranza è la sua risorsa, è il ricettacolo dei luoghi comuni. Dico che se io fossi rettore chiuderei le aule che sono il luogo dello studio e dunque della ragione. Le manifestazioni sono la parte irragionevole e dunque si fanno fuori».Che ne pensa del liceo del made in Italy?«Penso che il made in Italy sia un’espressione orribile e che il liceo dell’Italia c’è già: è il liceo classico. L’Italia con la sua cultura è il fondamento dell’Europa. Quando ero a Strasburgo volevano cacciare la Grecia dall’Europa, ma se cacci la Grecia neghi l’Europa. In questa assenza totale di valori culturali l’Italia deve essere protagonista. È qui che si fonda il pensiero europeo. C’è una sottovalutazione enorme del valore dell’Italia perché tutto è asservito all’economia. Che roba sono la Germania, la Francia, la Spagna senza l’Italia? L’Italia non è Lampedusa, è Paestum».È questo che farà in Europa?«Vado a proteggere la cultura italiana in Europa; chiederò un ministero europeo della cultura italiana. E poi ho due candidature per l’Unesco. La prima: il latino patrimonio dell’umanità attraverso la valorizzazione delle città che hanno dato i natali a Catullo, a Ovidio, a Tito Livio, a Giovenale, a Plauto. Io sono sindaco di Arpino, lì è nato Cicerone e con Sirmione, Sulmona, Sarsina e le altre città dobbiamo puntare a fare del latino il patrimonio dell’umanità».E la seconda?«Candidare la Magna Grecia a patrimonio dell’umanità: Calabria, Basilicata, Campania e Puglia. Sono la culla della nostra civiltà, il Meridione è la culla della nostra civiltà».E la Sicilia?«Ah, ma allora sei una capra! La Sicilia pur greca non fa parte della Magna Grecia! Anche se è di valore assoluto».In ultimo: perché dovrebbero votare Sgarbi?«Perché dovrebbero votare qualcun altro se possono votare Sgarbi? Se voti Sgarbi lo fai perché sai chi è. I voti a me sono consapevoli e non clientelari. Gli altri sono candidati senza volto come quelli di Giuseppe Conte. Io ho un volto e sarò ultravotato».
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)