2021-03-24
Rsa, sentenza choc per gli operatori. Chi rifiuta il vaccino rischia il posto
Stefano Guidi/Getty Images
A Belluno il giudice respinge il ricorso del personale sospeso, anche se non c'è alcuna legge sull'obbligo. Nuovo caso in Puglia.Messi in ferie forzate e senza stipendio perché non volevano vaccinarsi, per il giudice la decisione del datore di lavoro era giusta. Due infermieri e otto operatori sociosanitari di Rsa del Bellunese, che avevano rifiutato di sottoporsi alla vaccinazione con Pfizer lo scorso febbraio, e che per questo erano stati sospesi, si sono visti rigettare il ricorso per essere reintegrati. Secondo il giudice di Belluno, Anna Travia, era di fondamentale importanza evitare «la permanenza degli operatori non vaccinati nel luogo di lavoro», ovvero le due case di riposo, la Gaggia Lante e la Sedico servizi. Le ragioni per cui sono contrari ai farmaci anti Covid, avanzate dai sanitari No vax, sono state ritenute «insussistenti», perché «è ampiamente nota l'efficacia del vaccino nell'impedire l'evoluzione negativa della patologia causata dal virus, come si evince dal drastico calo dei decessi fra le categorie che hanno potuto usufruire del vaccino, quali il personale sanitario, gli ospiti delle Rsa e i cittadini di Israele dove il vaccino è stato somministrato a milioni di individui», ha dichiarato il giudice del lavoro. Una sentenza clamorosa, considerato che il dibattito sull'esistenza o meno di un obbligo di vaccinazione nel rapporto di lavoro non ha trovato ancora soluzione nel nostro Paese, nemmeno per chi esercita la professione medica o infermieristica o lavora nelle Residenze per anziani. Manca una legge al riguardo, perciò resta valido quanto dispone il secondo comma dell'articolo 32 della Costituzione: «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge». Il giudice del lavoro di Belluno ha invece osservato che è «incontestato che i ricorrenti sono impiegati in mansioni a contatto con persone che accedono al loro luogo di lavoro e che è evidente il rischio di essere contagiati», per questo i direttori delle due Rsa hanno fatto bene a sospenderli e a metterli in ferie forzate senza stipendio, per «impossibilità di svolgere la mansione lavorativa prevista» senza essersi vaccinati. I dieci sanitari hanno argomentato che non si fidano dei vaccini, che ci sarebbe stata una violazione del Principio di Norimberga, riferita alla sperimentazione sull'uomo, e che il vaccino Pfizer «è stato approvato da Ema con riserva», e «non può essere somministrato alle donne in gravidanza e in fase di allattamento», ha cercato di sostenere il loro legale, l'avvocato Andrea Colle, come riporta Il Gazzettino. Tutte ragioni che in aula sono state smontate da Luigi Pais dei Mori, infermiere forense, chiamato per una consulenza tecnica. Dei Mori, che è presidente dell'Ordine degli infermieri di Belluno ed è stato scelto dalla Fondazione Cortina 2021 per occuparsi della gestione dei casi positivi che eventualmente emergeranno, a febbraio così aveva commentato la decisione di altri due operatori di una Rsa di Agordo che avevano detto di non volersi vaccinare contro il coronavirus: «L'infermiere agisce sempre alla luce della scienza. Se l'evidenza scientifica dice che il vaccino è l'unica arma e che è sicura, non c'è motivazione scientifica per dire di no». Il giudice bellunese ha accolto le tesi di dei Mori e dell'avvocato Innocenzo Megali, che assisteva le Rsa, e ha affermato che la permanenza di sanitari non vaccinati in una Rsa comporterebbe per il datore di lavoro la violazione dell'articolo 2087 del codice civile, che gli impone di adottare tutte le misure atte a salvaguardare chi presta la propria attività lavorativa alle sue dipendenze. «È un segnale che ci incoraggia nel nostro obiettivo di ottenere una completa copertura vaccinale per i residenti e tutto il personale di assistenza», è stato il commento di Paolo Santesso, amministratore unico di Sersa, Servizi sociali assistenziali Srl di Belluno, soddisfatto per una sentenza che di fatto autorizzerà ogni Rsa a sospendere i dipendenti che non vogliono vaccinarsi. Insomma, a 20 giorni di distanza dalla decisione dell'Inail di risarcire anche gli operatori sanitari che rifiutano di sottoporsi al vaccino, ma poi contraggono il Covid-19 sul luogo di lavoro, perché sempre di infortunio si tratta, una sentenza riconosce l'obbligo di mettere in ferie senza stipendio chi non vuole il vaccino. Anche in Puglia, l'Asl di Brindisi ha comunicato di aver messo in ferie forzate 22 operatori sociosanitari, tra i quali figurano anche tre medici, che non avevano voluto vaccinarsi. Il direttore dell'ospedale Perrino ha mandato una lettera ai primari, invitandoli a decidere per trasferimenti o ferie se il personale non osserva la legge regionale, che ha inserito il vaccino anti Covid tra quelli a cui gli operatori sanitari devono sottoporsi se vogliono continuare a lavorare nei reparti a rischio. Una ventina di operatori sospesi, in piena emergenza, sono anche un grosso problema per una struttura ospedaliera. È vero che nel Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro del 2008 si legge che «ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro», ma in assenza di una norma che preveda un obbligo di vaccinazione, continueranno a verificarsi rifiuti da parte dei lavoratori e non solo per problematiche di natura fisica.
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