2021-07-16
Chi non ha il green pass finisce in libertà vigilata
(Stefano Guidi/Getty Images)
Si litiga sulle modalità, ma è certo che il governo renderà obbligatorio il passaporto vaccinale per molte attività. L'appuntamento è già stato fissato: il green pass «all'italiana» dovrebbe vedere la luce all'inizio della prossima settimana. O almeno questa è l'intenzione del governo, che ha posto il tema nell'agenda della cabina di regia convocata tra lunedì e martedì per decidere come mettere una pezza alla diffusione delle varianti. I contorni del lasciapassare non sono ancora chiari, ma continuano a dividere la maggioranza, con il Movimento 5 stelle che lo chiede solo per grandi eventi e discoteche, tenendo fuori bar e ristoranti: «Introdurre il green pass per accedervi significherebbe limitare una ripresa faticosa, dopo mesi di sacrifici», hanno scritto in una nota. Tra i punti di caduta a cui l'esecutivo starebbe pensando c'è l'estensione dell'obbligatorietà per i viaggi di lunga percorrenza e la possibilità di riservare l'utilizzo della certificazione solo dopo la seconda dose del vaccino. Oltre alle occasioni in cui non è possibile evitare assembramenti. Secondo fonti di governo, tra i ministri si è fatta largo l'idea che l'utilizzo diffuso del pass eviterebbe un ricorso a misure più restrittive. E se il ministro per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini, assicura che «verrà trovata una posizione unitaria», Matteo Salvini è più cauto: «Ne parleremo se ce ne sarà la necessità», si è spinto ieri. «Se oggi non piove, perché devo andare in giro con la mantella e gli stivali di gomma? Bisogna essere preparati e sul piano vaccinale si sta correndo». Sul fronte dell'opposizione, si parla di metodi liberticidi: «Mentre in Italia si guarda a Macron come modello», scrive Giorgia Meloni, «la Germania dice no al green pass come requisito per partecipare alla vita sociale: la coercizione non è la via per guadagnare la fiducia dei cittadini». Il rebus è così complicato che anche le Regioni faticano a trovare un punto d'incontro, persino al loro interno: basti pensare a quanto succede in Lombardia, con la vice presidente Letizia Moratti che apre alla possibilità, definendo il green pass uno «strumento utile a garantire la sicurezza dei cittadini», e il suo presidente, Attilio Fontana, che bolla la discussione come «fuori luogo», dal momento che «i numeri non sono tali da giustificare una iniziativa in tal senso». Contrario anche l'assessore alla Sanità dell'Umbria, Luca Coletto, che parla di «terrorismo insensato», mentre quello del Lazio, Alessio D'Amato, auspica l'introduzione del green pass per «mantenere aperte le attività, anziché andare verso interventi di chiusure generalizzate». Con i due terzi dei casi concentrati nell'area metropolitana di Roma, si parla già di una possibile zona gialla ad agosto nella Capitale e nel Lazio in generale. Il sospetto è che alla Pisana e in altre Regioni d'Italia siano disposti a «ingoiare» il green pass in cambio di una revisione dei parametri per la definizione dei colori. Fin qui, le parole. Poi ci sono i problemi pratici che rendono l'estensione del pass una soluzione poco praticabile, almeno nel breve termine. Innanzitutto, c'è da fare i conti con la non gratuità dei tamponi in tutte le Regioni, con il rischio di generare una effetto di discriminazione tra i cittadini. Tanto è vero che anche il costituzionalista Michele Ainis si è messo di traverso: «Sarebbe assurdo e incostituzionale imporre un obbligo che non si può rispettare», ha spiegato. «Se sostituisco il vaccino con il tampone per ottenere il certificato, allora dovrebbe essere gratuito come il vaccino». La bocciatura di Ainis fa il paio con quella arrivata l'altro ieri dalla vice Garante della privacy, la costituzionalista Ginevra Cerrina Feroni, secondo cui «gli effetti del green pass alla francese sui diritti e sulle libertà dei cittadini sarebbero gravissimi». Fonti del Garante, interpellate dalla Verità, confermano alcuni dubbi, come peraltro già era emerso nei documenti ufficiali presentati dall'Authority, che specificavano come solo i pubblici ufficiali fossero autorizzati al controllo della carta verde. Innanzitutto, infatti, c'è il tema delle verifiche: a chi dovrà essere esibito il lasciapassare? Anche secondo una nota del ministero della Salute, le certificazioni possono essere mostrate in via esclusiva solo alle «forze di polizia, al personale della polizia municipale munito della qualifica di agente di pubblica sicurezza e al personale delle forze armate di cui si avvalga eventualmente il prefetto». Eppure, tra i commercianti inizia a farsi largo il timore che, oltre agli investimenti richiesti loro per il contenimento del contagio, ora possa arrivare anche la beffa di dover aggiungere altro personale per i controlli. «Siamo preoccupati perché bisogna capire qual è il ruolo richiesto agli imprenditori in questa situazione: se verranno chiamati a fare altri investimenti per controllare il green pass ci saranno delle difficoltà», ha ammonito Maria Luisa Coppa, presidente di Confcommercio Piemonte. E poi restano i rilievi del Garante per la privacy, Pasquale Stanzione, sulle norme che hanno introdotto il green pass, le cui carenze aprirebbero a un'esposizione eccessiva dei dati personali dei cittadini. «Ai fini della legittimità del trattamento è indispensabile che la previsione normativa ne circoscriva, in maniera sufficientemente determinata, l'estensione, introducendo garanzie adeguate all'impatto del trattamento sui diritti e le libertà dei cittadini», ha detto Stanzione nel corso di un'audizione alla Camera dei deputati. Intanto le isole italiane si blindano: la Sicilia dispone test obbligatori per chi arriva da Spagna, Portogallo e Malta, la Sardegna prepara un'ordinanza analoga. Insomma, i nodi da sciogliere sono ancora tanti, e la fretta con cui si pensa di procedere stride con una situazione sanitaria, specie negli ospedali, ancora ampiamente sotto controllo. È lo stesso Istituto superiore di sanità a metterlo nero su bianco in una degli ultimi scenari elaborati sull'andamento del contagio: «Nella peggiore delle ipotesi», scrivono, «al 30 agosto potremmo ritrovarci con 800-1.000 persone in rianimazione», cioè un quarto dei pazienti ricoverati la scorsa primavera. Nella migliore delle ipotesi, invece, i letti occupati sarebbero poco più di quelli attuali, cioè non più di 200. Non proprio la «catastrofe assoluta» vaticinata dall'Organizzazione mondiale della sanità se le restrizioni sanitarie verranno revocate troppo rapidamente.
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