2019-08-22
«Chi ha voluto questa crisi la pagherà cara»
Il Blog stellato attacca ancora la Lega, mentre il vicepremier tace e i suoi mandano messaggi di fedeltà: «Noi siamo un monolite». Ma una lettera chiede di completare le restituzioni degli stipendi «in vista di elezioni». Segno che l'accordo con il Pd non è certo?Primo giorno di consultazioni al Quirinale. Per il M5s ieri, una giornata di silenzio, o quasi. Luigi Di Maio, infatti, ha riunito insieme a Francesco D'Uva e Stefano Patuanelli tutti i capigruppo delle commissioni parlamentari per recepire le critiche di chi gli ha richiesto maggiore collegialità nelle decisioni. «La strategia di Di Maio ha fallito», ha attaccato la senatrice Elena Fattori, mai tenera con il leader dopo le sconfitte elettorali, «Non ha più la forza di qualche mese fa. Spero si limiti nelle sue esternazioni. C'è un gruppo parlamentare che sta lavorando e ragionando. Il capo politico dovrebbe cominciare a portare la voce dei gruppi. C'è stata troppa personalizzazione». A fine riunione i capigruppo di Camera e Senato hanno diffuso una nota: «Il Movimento è unito e compatto intorno al capo politico Luigi Di Maio. Siamo un monolite. E adesso siamo concentrati sulle consultazioni». Ma qualche grillino si lascia sfuggire che continuano le telefonate con la Lega e con il Pd, a sottolineare che comunque il M5s è il primo partito in Parlamento con una sua maggioranza relativa che non può essere sottovalutata. Oggi i pentastellati saranno gli ultimi a salire al Colle e soltanto dopo l'incontro con il presidente «comunicheranno le loro valutazioni» pur ribadendo che si affideranno «alla volontà del presidente Sergio Mattarella che segnerà la strada da seguire dopo che Matteo Salvini ha aperto un'assurda crisi di governo in pieno agosto». E sul Blog delle Stelle ieri l'attacco a Salvini è stato ancora più forte, con un articolo dal titolo: «Chi ha aperto questa crisi ne pagherà le conseguenze». Il post recita: «È stata fatta una ricognizione di tutte le proposte che si stavano per approvare prima della follia di Salvini di far saltare il governo. È incredibile quanta gente stesse per avere dei diritti che ora, ancora una volta, rimarranno lettera morta. [...] Chi ha aperto questa crisi buttando tutto all'aria pagherà un caro prezzo, ne siamo certi!».Ieri, subito dopo la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, c'è stato il faccia a faccia tra Mattarella e il presidente della Camera Roberto Fico, il pentastellato che in molti hanno indicato come possibile premier del governo giallorosso perché gradito al Colle. Già lo scorso anno fu investito di un mandato esplorativo per verificare la possibilità di un accordo M5s-Pd. Ma se i dem preferirebbero un premier «amico», come Raffaele Cantone, dentro al M5s per molti sarebbe la sconfessione della «perla», come è stato definito da Di Maio, Giuseppe Conte. Intanto ieri il segretario Nicola Zingaretti ha dettato la linea del Pd in cinque punti. Il governo giallorosso dovrà essere «di svolta, di legislatura, altrimenti è meglio andare alle urne». L'unico a non rispettare la consegna del silenzio è stato Stefano Buffagni che proprio sui cinque punti del Pd ha detto alla Maratona Mentana: «Sono annunci, vanno declinati. Bisogna capire se Zingaretti è in grado di proporre a Mattarella una visione sostenibile o è in balia di Matteo Renzi». Aggiungendo: «La nostra linea si dirà al presidente, non è compito mio intavolare trattative. Io sono sempre stato scettico per gli accordi, non mi fido di nessuno a maggior ragione di Renzi». Ma se, come dice un grillino che vuole rimanere anonimo, la piattaforma di Zingaretti «è il segnale che vogliono fare il governo con noi», ci sono il diktat della rottura con il precedente governo e la fretta che sta imponendo Mattarella, che oggi vorrebbe il nome dell'eventuale premier, a complicare le cose. «Di Maio è il capo indiscusso del M5s, non si può pretendere che stia fuori e la nostra compattezza lo rafforza anche agli occhi del Colle», sottolinea Buffagni. Ma sarà difficile anche far accettare un Conte bis al Pd (Zingaretti ha già detto no), anche se l'avvocato degli italiani con il suo discorso da dimissionario si è accreditato come il nemico di Salvini. Pure in questo caso, però, bisognerà vedere cosa ne pensa Mattarella. Certo, ribadisce Buffagni, «non ho paura di andare al voto, ma ho paura di essere tacciato per uno che non ha fatto molto o non si è preso la responsabilità di fare di tutto per il Paese». E se con il Pd ormai il M5s sembra pronto a governare, pur escludendo i renziani, su una maggioranza «allargata» Buffagni non si scandalizza: «Una maggioranza anche con Fi? Mai dire mai, ma Fi per noi è insostenibile. Queste scelte le farà Di Maio che ha tutto il nostro sostegno». Intanto i vertici del Movimento bussano a denaro. Ieri è stata inviata una mail ai parlamentari molto perentoria: «Ultimare restituzioni in vista di eventuali elezioni». In sostanza un sollecito per i parlamentari «morosi» a ultimare le restituzioni, anche in vista di un ritorno alle urne. La scadenza per completare i versamenti era fissata, come ricorda la missiva, al 31 luglio: «Ti preghiamo pertanto di provvedere al completamento dei mesi indicati entro il 2 settembre in vista di eventuali elezioni e dei relativi controlli da farsi per le candidature». Un segno chiarissimo: l'accordo con il Pd non è certo e il voto non è escluso.
Getty Images
Le manifestazioni guidate dalla Generazione Z contro corruzione e nepotismo hanno provocato almeno 23 morti e centinaia di feriti. In fiamme edifici istituzionali, ministri dimissionari e coprifuoco imposto dall’esercito mentre la crisi politica si aggrava.
La Procura di Torino indaga su un presunto sistema di frode fiscale basato su appalti fittizi e somministrazione irregolare di manodopera. Nove persone e dieci società coinvolte, beni sequestrati e amministrazione giudiziaria di una società con 500 dipendenti.