2021-05-27
Cgil sfrattata dal ministero. Ma ora comincia la guerra sul decreto Semplificazioni
Andrea Orlando (Getty Images)
Con modi sornioni, nel Sostegni bis Mario Draghi ha arginato i diktat della Confederazione, egemone nel dicastero del Lavoro. Sfida analoga a quella su nomine e riforme del Pnrr.Al minuto 15 del video che raccoglie la conferenza stampa successiva al Consiglio dei ministri sul decreto Sostegni bis, si può vedere Andrea Orlando mentre spiega le novità sui licenziamenti. Senza troppi dettagli, rivendica però l'estensione del divieto al 28 agosto. Certo, a fronte di ulteriori incentivi, sembra passare la linea della Cgil e del ministero fino a poco tempo fa guidato da Nunzia Catalfo. Il premier Mario Draghi assiste impassibile e tace. Non annuisce e non nega nulla. L'indomani, dalle colonne del quotidiano di Confindustria, si leva l'attacco a Orlando, che subito dopo riceve il sostegno del Pd, Leu, 5 stelle e ovviamente dei sindacati. Quello di Maurizio Landini in testa. Draghi tace per diverse ore. Poi Palazzo Chigi fa uscire una nota dalla quale si evince un ridimensionamento dell'intervento a matrice dem. Sembra di capire che ci sarà un punto di caduta. Martedì pomeriggio una riunione, alle 21 il testo del Sostegni bis viene bollinato e arriva poco dopo al Colle e, nella notte, in Gazzetta. Accelerazione che serve a stoppare tutte le polemiche. Basta però prendere il testo definitivo per capire che il punto di caduta non è per nulla frutto di una media aritmetica. La proroga del divieto di licenziamento salta. Nessun riferimento al 28 agosto. Solo a maggiori incentivi per spingere le grandi aziende a scelte alternative ai licenziamenti. Giusto così si ripristina il mercato nella speranza che seguano a breve miglioramenti sulle politiche attive. Lavoratori disoccupati sono un danno per la società, ma se le aziende non si ristrutturano non potranno mai tornare ad assumere. La mossa di Draghi ha comunque una doppia valenza politica. Non serve solo a ridimensionare Orlando e l'ala più a sinistra del Pd. Ma anche a dare un segnale al ministero del Lavoro, che negli ultimi anni ha subito una cigiellizzazione fuori da ogni logica. Il sindacato di sinistra è diventato punto di riferimento e ispiratore di scelte strutturali. Quasi a rendere il ministero non più un luogo terzo ma spesso parte in causa. Non ci riferiamo solo a come si sia mostrato sensibile ai diktat della Cgil sulla grande questione dei contratti per i rider. Ma anche alle figure dirigenziali presenti a Palazzo Balestra. Con la Catalfo, il responsabile della segreteria tecnica è diventato Michele Forlivesi, allievo della professoressa Patrizia Tullini, nominata dall'esecutivo gialloblù nel cda Inps e spesso relatrice a eventi della Cgil su argomenti non certo neutri, come il salario minimo. Meno allineato alle tesi della Cgil è Michele Tangorra, segretario generale, ma pur sempre d'area sinistra, che ha visto di buon occhio l'incarico di Agnese De Luca in qualità di dg degli ammortizzatori sociali, anch'essa considerata simpatizzante del sindacato guidato da Landini. A riaffacciarsi nel 2020 al ministero, proveniente dall'Inps ,c'è Angelo Marano, direttore generale dell'Inclusione, ai tempi legatissimo al ministro Paolo Ferrero, poi diventato segretario di Rifondazione comunista. L'arrivo di Orlando ha portato cambiamenti minimi. Nulla che lasci intendere la volontà di smarcarsi culturalmente dalla Cgil. La batosta arrivata dalla scelta di Draghi in materia di Sostegni bis cambia l'orientamento. Cambia il peso degli industriali nelle scelte strategiche. E certo non è per merito di Confindustria ma del premier che ha applicato un metodo tipico dei tempi della Bce. Stesso metodo che si appresta a utilizzare per l'altra grana targata maggioranza: l'approvazione del decreto Semplificazioni. La riforma, secondo l'agenda cristallizzata nel Pnrr, si sarebbe dovuto approvare entro lunedì mattina. I lavori slitteranno di una settimana, per consentire al premier di ultimare le telefonate di sondaggio. Nel frattempo, Draghi lascerà che le tensioni facciano il loro corso per poi palesare la scelta all'ultimo minuto, dopo averla condivisa con il minor numero possibile di interlocutori. Un po' quello che è avvenuto sui licenziamenti e pure sulle nomine delle partecipate pubbliche. Ieri sera si è tenuta l'assemblea di Ferrovie dello Stato. Due mesetti fa Draghi ha avviato un giro di telefonate e contestualmente il lavoro degli head hunter. La scelta è però arrivata per iscritto e solo nel momento in cui il rappresentante del Tesoro si è palesato all'appuntamento per l'approvazione del bilancio. Il criterio è stato quello della discontinuità. Gianfranco Battisti sostituito da Luigi Ferraris e alla presidenza è andata Nicoletta Giadrossi, già nel cda di Fincantieri. Ieri mattina si è tenuta una riunione al Mef per discutere dei vertici di Cdp. Le fondazioni avevano chiesto di lasciare il presidente Massimo Tononi al suo posto. Il nome dell'amministratore delegato (Dario Scannapieco) sarà ufficiale stamattina, quando, alle 9.30, il Tesoro darà il via all'assemblea di Cdp.